Il carnevale perduto

Mia cara Berenice,

si avvicina la domenica di settuagesima e, quindi, l’inizio del carnevale. Lo festeggiate, a Vienna? Fatico a immaginarlo e immaginarvi.

Nelle Venezie i festeggiamenti, circoscritti per lo più a sfilate di carri allegorici, tendono a essere piuttosto sottotono, con l’ovvia eccezione di Venezia stessa, dove il celebre carnevale attira una folla tale da indurmi, ai tempi del Governatorato, a barricarmi in ufficio. Ho ancora in mente l’immagine, emblematica, di una ragazza straniera con una gigantesca gonna a campana, incastrata a metà di una calle.

A Roma, la situazione è analoga a quella della Terraferma veneta. Si festeggia, certo, soprattutto a beneficio dei bambini, ma il carnevale non è – mi pare – un evento di particolare richiamo o aggregazione, un elemento identitario.

Eppure, fino al XIX secolo, il carnevale più famoso in Italia e forse al mondo non era affatto quello di Venezia, ma quello di Roma, pittoresco sfondo di alcuni capitoli de “Il conte di Montecristo” di Dumas Padre, ma ritratto da tanti altri illustri visitatori.

Il sito dedicato al turismo dal Comune di Roma lo ribadisce, facendo risalire il carnevale romano addirittura al XII secolo, a meno di non considerarlo addirittura il successore dei Saturnali dell’Antica Roma.

Tuttavia, ecco nel XV secolo ricomparire la Serenissima con un Papa veneziano, Paolo II, la cui firma compare in calce a una Bolla che introduce le forsennate corse lungo la grande arteria ancora oggi denominata via del Corso, quella da me percorsa ogni mattina per andare in ufficio; l’iniziativa pontificia ebbe notevole fortuna e le grandi famiglie aristocratiche si sfidavano facendo gareggiare i loro migliori cavalli berberi.

Il Martedì Grasso si concludeva con la Festa dei Moccoletti, durante la quale si scendeva in strada mascherati con una candela (moccolo), proteggendo spasmodicamente la propria fiammella e cercando di estinguere quella altrui. Il carnevale romano aveva naturalmente le sue maschere, personaggi leggendari come Rugantino e Meo Patacca.

Non dovrebbe stupirti che una simile manifestazione si svolgesse sui sagrati di Santa Madre Chiesa, né che sia stato il severo Governo sabaudo a vietarla. La stessa fine, del resto, fece fare la virtuosa Francia rivoluzionaria al carnevale di Venezia, riesumato dai comitati cittadini solo negli anni ’70. Bizzarro che, con il gran parlare di rilancio di Roma, non si lanci un’iniziativa analoga nella capitale… per la verità, non è il turismo che manca… la pandemia, facendo i debiti scongiuri, sembra davvero alle spalle e la stagione natalizia è stata affollatissima.

Un fischio con la lingua di Menelik.

Stan

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