La prima laurea

Mia cara Berenice,

sarebbe troppo lungo spiegarti i tortuosi percorsi mentali che mi hanno ispirato questo racconto.

Un saluto.

Stan

LA PRIMA LAUREA

Dopo anni passati in una delle città più violente d’Italia, dopo anni di istruttorie in materia di terrorismo, io non avevo mai sentito un colpo di pistola: ci può credere, signorina? Il fatto è che abitavo in un quartiere benedetto, in una villetta con giardino ereditata dai miei genitori, sul Colle Atro, proprio sotto il Castello Podestarile. Lì la sera, avvolto nel silenzio della campagna, potevi illuderti che tutto il resto non esisteva… ma era solo un’illusione, appunto.

Il Capo dell’Ufficio Scorte mi aveva avvertito, che quell’abitazione isolata, dietro la sua apparenza bucolica, era una jattura, un’esca per i fanatici, eppure non vi avrei rinunciato per nulla al mondo. Se ci tornai dopo? No, ovviamente, Ada non volle… per i bambini, sa.

Spuntarono dal nulla, dal buio del giardino, dal frinire dei grilli… era estate. Comparve Frau, nel vano della porta finestra… sì, sono sicuro che era Frau, passamontagna o no… un dito sulle labbra ricoperte di lana e la pistola in mano. Pregai che Ada non urlasse: ci riuscì, probabilmente per i bambini, addormentati al piano di sopra. Alzammo le mani all’unisono.

Dietro a Frau apparve la Alunni, anche lei col passamontagna e un rotolo di nastro isolante in mano. Legò Ada alla poltrona, bendò e imbavagliò me. Mi fecero alzare e sentii che mi spingevano attraverso il giardino, mi sollevavano e mi gettavano al di là del muro. I cocci di bottiglia mi squarciarono i vestiti e mi ferirono il ventre, qui. Per il dolore e per il volo mi veniva da vomitare, pensai che, se vomitavo con il bavaglio addosso, sarei morto soffocato.

Dall’altra parte del muro, mi afferrarono al volo e vi ammanettarono dietro la schiena. Mi trascinarono lungo il pendio e attraverso il bosco. Non era facile, in quelle condizioni. Caddi e sbattei contro i tronchi più e più volte. Quando arrivammo al furgone, ero in pessime condizioni e mezzo svenuto, alla prigione del popolo per prima cosa la Alunni mi medicò e io sorrisi.

Lei mi chiese: “Ti fa ridere?”

Io risposi: “Rido perché siete comunisti, ma le iniezioni le fanno fare a te, come in una famiglia di borghesucci qualunque”.

No, no, nessun coraggio. Li conoscevo, li conoscevo come le mie tasche. Rigidi, ligi alle regole. Incapaci di torcermi un capello per una battuta. Infatti, già la mattina dopo cominciò il processo proletario, davanti alla loro troika staliniana.

Frau, la Alunni e un tipo basso e tarchiato, che non saprei identificare perché verbalizzava e basta, non apriva mai bocca… probabilmente era il sardo, non ricordo come si chiamasse. Oh, è sarda anche lei? Mi scusi, sa, non volevo indulgere a stereotipi… lei non è certo bassa o tarchiata, del resto, lei è alta e affusolata.

Comunque, chiesi loro quali erano i capi d’imputazione. Mi risposero che il popolo, in quanto dittatore, non è vincolato ad alcuna legge.

“Va bene,” risposi, “allora di che parliamo?”

“Parlaci del tuo servizio per lo Stato Imperialista delle Multinazionali!” Risposero.

E io: “Va bene”.

Per celia, cominciai dal mio assistentato alla Cattedra di Filosofia. Deve sapere che io ho due lauree, Giurisprudenza e Filosofia. Mentre studiavo Giurisprudenza, ero assistente di Filosofia. Pensavo mi avrebbero interrotto bruscamente e ingiunto di passare direttamente al mio ingresso nei ruoli della Magistratura, invece, al contrario: la Alunni pareva un cane davanti cui fosse stato sventolato un osso.

Mi interrogò minutamente sul programma di filosofia che seguivamo, sulle tesi che assegnavamo gli studenti, tentava di convincermi che spiegando… che so… Platone o Heidegger o perfino Croce, in realtà stavamo indottrinando i giovani all’imborghesimento e alla sudditanza allo Stato Imperialista Eccetera Eccetera. Ero convintissimo che fosse laureata in Filosofia, ma poi mi dissero che aveva studiato non so cosa alla Scuola Nazionale di Cinema.

Comunque, andammo avanti con questa menata finché non arrivarono i militari… sì, militari, i reparti speciali della polizia e dei carabinieri non c’erano ancora. Frau, ovviamente, si fece prendere vivo… probabilmente li abbracciò anche… non ne poteva più della cosiddetta istruttoria della Alunni, si vedeva benissimo, per quanto portasse il passamontagna. Il sardo? No, lui scriveva e basta. Frau ora lavora in RAI, a proposito, siamo rimasti in contatto… se avesse bisogno di qualche entratura… lei è ancora pubblicista, no?

L’unica a farsi ammazzare, alla fine, fu la Alunni. Stava in cucina – che ironia, di nuovo – e tentò di lanciare un coltello ai soldati. Si può essere più cretini? La inchiodarono lì dove stava e, prima di morire, ebbe il tempo di urlare perché l’acqua bollente le si rovesciò addosso. I soldati volevano portarmi via subito, ma io ero attirato da quel cadavere come una falena dalla lampada. La concretezza di quel cadavere, di quel corpo… mi sembrava, un… un paradosso incarnato, un monumento folle, una statua classica mutilata.

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