Mia cara Berenice,
puoi ben immaginare come sia stato, oggi, il picnic organizzato da G.: nazionalità diverse intorno al telo, discorsi alati e cibo kosher. Insomma, un misto tra il Palazzo di Vetro e l’Aeropago.
Eppure, come al termine dell’assedio di Gerusalemme, quel sanctasanctorum è stato violato dalla virilità più cruda e brutale.
Un bambino, lungo il ruscello, vuole richiamare l’attenzione del compagnuccio. “Come si chiama,” mormora tra sé e sé, prima di prorompere in un sonoro: “Maschio! No, non tu, quello con i pantaloni blu!”
A poca distanza un gruppo di giovini, seduti in cerchio, improvvisa versi rap, prima in italiano, poi in spagnolo, finché il crescendo esplode in una pirotecnica bestemmia.
Il virus, rude e deciso più della variante Delta, contagia anche me. La sera, tornato a casa, acquisto un cocco e lo violo, senza tanti preliminari, con cacciavite e martello.
Alla fine del pasto, sul piatto sono accumulate scorze di cocomero, frammenti di guscio, bucce di banana. Accanto, a mo’ di posate, scalpello e cacciavite. Una scena degna di un film con Bud Spencer e Terence Hill.
Uno sganassone.
Stan