Mia cara Berenice,
è giovedì e pertanto, come avrai indovinato, sto guardando “La clinica per rinascere – Obesity center Caserta”, seguito dal suo progenitore americano “Vite al limite”.
Qui in Belgio sono tutti in ottima forma, in effetti è difficile non notare quanto abbiano la mania del cibo salutare – o presunto tale. Ho il sospetto che un giorno aprirò i rubinetti del bagno e vedrò uscire della quinoa.
Sulla stessa falsariga il mio ricordo della vicina Olanda, dove pure si cucina il pannenkoeken, che io credevo l’antenato del pancake americano e invece ne è, a quanto pare, una variante. Andavo appositamente a mangiarlo in un famoso ristorantino di Leiden, su enormi piatti di porcellana dipinti: dolce, salato o in entrambe le varianti. In un’occasione, sfidai eccessivamente la sorte e gli dei, pagandone il fio la notte stessa. Per il tuo stesso bene, non scendo nei particolari. Ti dico solo che le case olandesi sono terribilmente alte e strette, per cui, se si è presa a pigione una stanza nell’abbaino e il bagno è al piano terra, la strada da percorrere è oltremodo lunga e perigliosa. Interminabile.
Spostiamoci però lontano da questi brutti ricordi, oltreoceano, nella terra dei pancake. Un caro amico, arrivato al Governatorato dall’Ambasciata d’Italia a Washington, mi raccontava che moltissimi americani sono costretti, in età relativamente verde, a farsi montare le protesi alle ginocchia, appunto per problemi di peso.
Ricordo come sorrisi a Santa Monica, in California, vedendo sfilare i poliziotti ciclisti, all’epoca ritratti da erculei attori e stupende attrici nella serie televisiva “Pacific Blue”; ebbene, diciamo che le loro controparti reali avevano un assetto… non altrettanto aerodinamico.
Confido, mia cara, nella segretezza della corrispondenza e nella tua innata discrezione, perché di questi tempi è difficile discorrere di pesi e contrappesi costituzionali senza incorrere in accuse di body shaming.
Come si dice “body shaming” in tedesco?
Con il più politicamente corretto dei saluti.
Stan