Mia cara Berenice,
pur avendo trovato nelle Venezie, come ti scrissi nella mia ultima, una situazione non propriamente idilliaca, non fremevo come al solito di nostalgia per Roma.
Non ti sarà difficile immaginare lo stato miserevole in cui hanno gettato la Città Eterna il lavoro agile e la mancanza quasi assoluta di turismo (certo, l’Urbe ha visto ben di peggio). Aggiungici il caldo che è quasi un secondo confinamento (sperando non arrivi il terzo per la stagione autunno-inverno) e il quadro è completo, con tutte le fattezze de “L’urlo” di Munch.
Il viaggio sembrava darmi ragione. All’andata, le hostess avevano servito i rinfreschi – accuratamente sigillati – tre volte, al ritorno zero: più che aderenza alle linee guida del Ministero dei Trasporti, mi pare luna, pura e semplice.
Invece, arrivato a Termini in serata, ha constatato con meraviglia che non faceva particolarmente caldo. La notte, infatti, ho potuto dormire con l’aria condizionata spenta e gli scuri accostati, ma non prima di gustare una discreta piadina romagnola in un locale nuovo di zecca, aperto a un tiro di sasso da casa mia. Da qui al fine settimana, inoltre, sarò parte attiva in una serie di eventi culturali, a riprova che in questa estate disegnata con la china non c’è posto solo per la movida.
Ultimo ma non ultimo, ho un progetto di cui ancora non ti parlo per scaramanzia.
Teniamo incrociate le dita.
Un caro saluto.
Stan