Mia cara Berenice,
trascorso ormai il Lunedì dell’Angelo, per qualche ragione, il supplemento del Sole 24 Ore continua a uscire di martedì, per cui oggi sono passato dall’edicolante oltre la strada che è stato così gentile da mettermelo da parte.
“Me ne hanno mandato solo uno,” ha spiegato… e ci credo: “La scuola cattolica”, di Edoardo Albinati, è un autentico mattone. Un vero affare, oggettivamente, per meno di quindici euro, quotidiano compreso.
Completata la transazione, ho proseguito per poi svoltare bruscamente, a novanta gradi, in direzione del negozio di casalinghi, dove speravo di acquistare una macchinetta per tagliarmi i capelli. Non c’era, arriva domani, si è scusato il titolare, dopo essersi tirato su la mascherina. Altri pochi metri, ultima tappa dal bangla, dove…
Non saltarmi addosso, Berenice. “Bangla” non è un epiteto offensivo né razzista, e sono in grado di provarlo per tabulas. Si intitola proprio così, infatti, il film di Phaim Bhuiyan (Italia, 2019), dedicato appunto alla condizione dei giovani stranieri nell’Urbe.
E dunque, come urlerebbe il romanissimo attore Mario Brega: “E che, è razzismo questo, Bereni’?! Questo me lo chiami razzismo, Bereni’?!”
Poiché ti vedo ancor più furiosa che pria, mi vedo costretto a sottolineare come i bangla, ossia i minimarket/negozi etnici gestiti da stranieri, abbiano sempre avuto in me uno strenuo difensore.
Aperti ventiquattro ore su ventiquattro, in pochi metri quadri sono in grado di farti spuntare qualunque articolo tu desideri, come quei prestigiatori che fanno comparire il fiore nel pugno chiuso. Alcuni hanno anche frutta e verdura fresca, o latticini.
Dal punto di vista pratico, sono terribilmente comodi.
Dal punto di vista estetico, mi affascina questa loro atmosfera di extraterritorialità, di stato indipendente diffuso. Indipendente nell’accezione caldeggiata dai sovranisti, ossia in grado di sfidare perfino le ferree leggi del mercato. Perché stanno aperti tutta la notte? Qual è la loro convenienza? Non importa, lo fanno e basta.
Eppure – o vergogna, o paradosso – proprio i sovranisti tentarono, tempo fa, di metterli all’indice, ravvisando proprio in queste romantiche aperture notturne un indizio di attività criminali – o poliziesca aridità!
Normalmente evito di parlare di politica o, quantomeno, di parlarne per stereotipi; ma, in quell’occasione, dissi chiaro e tondo che, con chiunque sfiorasse i bangla, io avevo un problema.
Lo vedo, sei corrucciata. Credi che io difenda il mio sfizio di comprare una tavoletta di cioccolato al latte a mezzanotte, piuttosto che la nobile causa dei diritti.
D’altronde, lo sai: con me ti devi accontentare.
Un saluto all’orientale, come quelli che dovremo adottare in regime di distanziamento.
Stan