Gli scienziati del cinema muto

Mia cara Berenice,

la pandemia ha trasformato virologi, epidemiologi e affini in stelle. Negli Stati Uniti abbiamo Anthony Fauci, impegnato in un vorticoso balletto di amore-odio con il Presidente Trump la cui tensione difficilmente potrà essere spezzata da un bacio.

In Italia, Roberto Burioni era già famoso per la sua crociata contro gli antivaccinisti (no vax).

La Francia schiera il pittoresco Didier Raoult, l’eretico della clorochina a cui anche il Presidente Emmanuel Macron ha reso personale omaggio.

Ebbene, il divismo in camice ha origini antiche.

Sir Isaac Newton, sdraiato sotto l’albero con la mela che gli cade in testa, è confitto nell’immaginario collettivo quanto Guglielmo Tell o Robin Hood.

Albert Einstein è praticamente lo scienziato per antonomasia. Io stesso lo ricordo – retaggio di un’adolescenza difficile – deus ex machina nella saga videoludica di Red Alert, in cui è menzionato anche Nikola Tesla.

Quest’ultimo è interpretato nientemeno che da David Bowie nel film “The Prestige” (USA-GB, 2006), di Christopher Nolan, con Christian Bale, Hugh Jackman e Scarlett Johansson. Da lui prende il nome anche il più famoso marchio di auto elettriche.

L’Italia non resta in seconda linea. Così come, a onta del predominio di Hollywood, Fellini resta il regista per eccellenza, abbiamo dato i natali a pesi massimi come Antonio Meucci, Guglielmo Marconi ed Enrico Fermi, solo per citare i nomi che chiunque ha sulla punta della lingua. Si potrebbe risalire perfino a Leonardo da Vinci se, nel suo caso, l’etichetta di scienziato non fosse riduttiva.

Non va dimenticato Ettore Majorana, il giovane fisico scomparso nel nulla nel 1938. Il grande scrittore Leonardo Sciascia dedicò alla vicenda il libro “La scomparsa di Majorana” (Einaudi, Torino, 1975).

Immagini color seppia, atmosfere vittoriane o quantomeno la fotografia, severa e patinata al tempo stesso, degli anni ’30-’40.

Anche i nostri virologi, insomma, non sfuggono alla maledizione che affligge qualunque categoria: i mostri sacri, i monumenti, le leggende. Tuttavia, non bisogna scadere nel passatismo. Così come apprezziamo Scarlett Johansson senza paragonarla continuamente a Marlene Dietrich, così sapremo apprezzare chi ci traghetterà – sperabilmente – fuori dall’epidemia.

Un muto e teatrale saluto.

Stan

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