Mia cara Berenice,
ieri – una bellissima giornata, esente dal tempo da lupi odierno – sono finalmente riuscito a visitare il Mausoleo di Augusto, riaperto al pubblico in attesa che termino i lavori di riqualificazione dell’area.
La riabilitazione sarà lunga, perché la sorte del monumento è stata particolarmente sventurata, fino a guadagnargli il soprannome di “dente cariato di Roma”. A parte i soliti saccheggi di materiali pregiati, il Mausoleo è stato adibito a fortezza, ad auditorium, perfino a pista per le corse delle bufale (sorta di corrida italica) e a cinema. La sua memoria storica fu recuperata dal regime fascista, che progettava di farne un sacrario dedicato ai caduti per la restaurazione dell’Impero, cioè durante la campagna d’Abissinia.
Nonostante tanto accanimento, del Mausoleo sopravvivono la struttura a cerchi concentrici e alcuni elementi di grande pregio, fra i quali tengo a segnalarti una lapide dedicata a Ottavia, sorella dell’Imperatore Augusto. Data in sposa a Marco Antonio per cementare il Triumvirato, fu da questi ripudiata per Cleopatra, regalando a Ottaviano il pretesto perfetto per ottenere dal Senato la messa fuorilegge di Antonio e la dichiarazione di guerra all’Egitto.
Nella fondazione dell’Impero, inteso come fine della Repubblica, Ottavia fa idealmente da contraltare a Giulia, la figlia di Augusto esiliata per adulterio e tradimento. Da queste due figure femminili contrapposte – contrapposte, ovviamente, dalla propaganda imperiale più che dalla realtà – scaturì la pretesa politica moralizzatrice e restauratrice degli antichi valori romani di Augusto.
Del resto, la figura della sorella corre come un filo rosso, intarsiata nel variegato arazzo della storia italica. A prima vista, la sua presenza può sembrare meno appariscente di quella della madre, della moglie, dell’amante, eppure…
In “Cristo si è fermato a Eboli”, Carlo Levi percorre, in compagna della sorella, le strade di un desolato paesino del Mezzogiorno in cui è stato mandato al confino, attirandosi inaspettate lodi dagli abitanti.
“Una moglie è una bella cosa, ma una sorella è molto di più!”
“Frate e sore, core e core!”
Nel linguaggio gergale, quando si vuole insultare gravemente qualcuno colpendolo negli affetti familiari, madre e sorella godono di un’assoluta primazia rispetto alla moglie, penalizzata evidentemente dal mancato legame di sangue. Ad esempio, nel ritorcere un’offesa, si usa esclamare: “Dillo a tua sorella!” Spesso, l’espressione viene contratta in “A tua sorella”, “Tua sorella” o addirittura, attingendo con mirabile sintesi al vernacolo napoletano, “Assoreta”.
Notazione ultima, ma non per importanza. Anna Tatangelo, una nostra famosa cantautrice, è nata a Sora, Comune della Provincia di Frosinone. In un’occasione, un conduttore televisivo l’ha congedata con la discutibile battuta: “Mi saluti ‘a Sora?” Prevedibilmente, la signora Tatangelo ha risposto: “Guarda, non l’avevo mai sentita”.
Un compiaciuto saluto.
Stan