Mia cara Berenice,
ti ringrazio per il tuo accorato biglietto, ma non è il caso di compiangere l’Italia. Essa è, rimane e resterà sempre, anche e soprattutto in questo frangente, la terra del lusso.
No, non mi riferisco alla manifattura di pregio, alle concerie di pelli, all’alta moda, alle Ferrari o alle Lamborghini, a mille altre cose che potrei menzionare.
Altri sono i nostri lussi.
Possiamo combattere due Guerre d’Indipendenza chiamando in aiuto la Francia e la Prussia. Certo, anche la Grecia usufruì di assistenza europea contro l’Impero Ottomano, ma non in modo altrettanto ufficiale, diretto, massiccio o decisivo.
Possiamo cambiare schieramento prima, durante e dopo una Guerra Mondiale.
Possiamo diventare una maionese impazzita di criminalità organizzata, servizi segreti italiani e stranieri regolari e deviati, estremisti di estrema destra e di estrema sinistra e sopravvivere.
Possiamo far cadere un Governo nel pieno della seconda ondata pandemica e – si spera – sopravvivere.
“Mentre andavo nelle Ardenne,” recita una memorabile battuta di “Die Hard – Duri a morire” (USA, 1995), “vidi un uomo e sette donne, ogni donna ha sette sacche, ogni sacca sette gatte, ogni gatta sette figli; gattini gatte sacche donne, quanti andavano nelle Ardenne?”
Quante vite ancora per questo gatto?
Quante volte ancora potremo sfidare la sorte?
Ha un fondamento la nostra convinzione che, siccome siamo ancora in piedi, ce la caveremo sempre?
Anche nel 476, quando venne deposto Romolo Augustolo, erano tutti convinti che l’Impero Romano sarebbe durato in eterno; invece era già finito da chissà quanto.
Ave atque vale.
Stan