Mia cara Berenice,
tornare a casa è rassicurante, ma non del tutto, soprattutto dopo un’assenza protratta. Appunto dopo una sequela di ritorni avventurosi a Roma, un mio amico ha scherzato che la mia abitazione usa farmi pagare gli abbandoni, come un cagnolo che sfoghi l’ansia da separazione in dispetti.
Ieri, come appunto ti scrissi, me n’ero andato lasciandomi alle spalle la casa senza acqua. Un articolo di giornale da un lato mi aveva rivelato trattarsi di manutenzione programmata, dall’altro, con i toni allarmistici tipici della stampa dei giorni nostri, invitava l’utenza a fare “grosse scorte”.
Per giunta, arrivato in ufficio, mi ero accorto di non avere al polso l’orologio che la famiglia mi aveva regalato per i quarant’anni? Me l’avevamo forse rubato sul tram? Per quanto i borsaioli abbiamo mano leggera e chirurgica, mi pareva impossibile. Non solo il tram era mezzo vuoto, non solo erano saliti i controllori, ma il polso era coperto dalla giacca e dal giaccone. Pure, era strano l’avessi semplicemente dimenticato a casa… come mai non l’avevo preso dal comodino, insieme al fazzoletto e al cellulare?
Tornato a casa, la sera, un colpetto al rubinetto della cucina mi ha notificato il ripristino del servizio idrico. Quanto all’orologio, mi faceva l’occhiolino, ironico e sensuale, dai cuscini del divano, dove riposava dalla sera precedente, in cui mi ero gettato lungo disteso, stanco dopo un fine settimana di escursioni.
Tutto è bene quel che finisce bene.
Stan