Vantarsi del vento

Mia cara Berenice,

mentre il Servizio Meteorologico annuncia l’arrivo dell’anticiclone Caronte, mio orgoglio e vanto è il vento secco e fine come un buon vino che ieri batteva Monteverde e Villa Pamphili, così che lo stendersi sul curvo declivio e leggere un libro sull’Imperatore Tiberio era non solo sopportabile, ma gradevolissimo.

In un’epoca in cui l’estate è l’equivalente di un’invasione di draghi e le influencer vendono le loro flatulenze in barattolo, non suona strano vantarsi del vento, una locuzione che anzi ingloba l’accezione negativa, di fatuità che si attribuisce a questo verbo.

Si può perfino immaginare un’immaginaria voce di dizionario.

Vantarsi del vento [gerg.], vantarsi per nulla, inutilmente.

Meglio ancora, di enciclopedia.

Vantarsi del vento [gerg.], vantarsi per nulla, inutilmente. Alturo i Perugo fa risalire l’espressione addirittura a un brano di Curzio Rufo su un ammiraglio persiano che si sarebbe vantato di una vittoria dovuta esclusivamente a favorevoli condizioni meteorologiche; secondo von Sybel, peraltro, l’ammiraglio in realtà avrebbe garantito venti e correnti favorevoli, poi non concretizzatisi. Secondo de Riquer i Morera, in ogni caso, l’episodio bene o mal riportato da Curzio Rufo non avrebbe nulla a che fare con l’espressione, che sarebbe ben più recente e risalirebbe alla Seconda Guerra Mondiale, quando il generale José Millán-Astray, commentando le controffensive russe sul fronte orientale, affermò sprezzantemente che Stalin “si vantava del vento freddo della steppa”. Per García Negro, in realtà, le origini dell’espressione non sono ricostruibili ed essa sarebbe “semplicemente nata ‘a senso’, coadiuvata da una certa naturale orecchiabilità sia fonetica che concettuale”.

Un dotto saluto.

Stan

Vento

Mia cara Berenice,

ti scrivo ancora da quel declivio erboso dal quale non so più staccarmi, reverente pellegrino al sancta sanctorum del nostro ultimo incontro.

Del resto, quand’anche questo dovere religioso non mi vincolasse, debbo dire che qui si sta benissimo. Già ieri soffiava uno zefiro delizioso, trasformatosi oggi in tramontana gagliarda.

O Eolo benedetto, San Giorgio trafittore del drago fiammeggiante dell’estate romana! Sei tu il vero Minosse, col potere di consegnarci al Paradiso o all’Inferno.

Questo lo compresi viaggiando non attraverso i tre regni come Dante, ma più semplicemente a Lampedusa, dove mi avevi invitato L., stazionatovi in qualità di Vice-Comandante di Porto.

I primi tre giorni, lo scoglio era investito da uno scirocco furioso e io temetti seriamente di impazzire. Poi, fortunatamente, il vento mutò in un salvifico maestrale… salvifico per me, ma funesto pei pescatori, ai quali interdiva l’opera quotidiana, e proprio al culmine della stagione turistica.

Mors tua vita mea.

Stan