Sull’avocado

Mia cara Berenice,

ieri, dopo aver visto a Trastevere “Millennium Mambo” (Taiwan-Francia, 2001), ho acquistato in offerta dell’avocado a cubetti.

La moda dell’avocado, imperante negli Stati Uniti, non ha ancora preso particolarmente piede in Italia. A Monti c’è un ottimo avocado bar, con piccoli innesti di cucina italiana, come l’uso della burrata. Il menù, ovviamente, ruota intorno all’avocado toast, il più noto piatto a base di avocado, declinato in innumerevoli varianti, la più classica delle quali è l’avocado toast con salmone. Per citare il sito ufficiale della Negroni, “non dovrete fare altro che tostare il pane, spalmare sulla sua superficie uno strato di formaggio e alcune fette di avocado, infine decorate con il salmone affumicato”.

Poco presente, l’avocado non ha ancora assunto in Italia una coloritura politica come nei Paesi anglosassoni, dove è considerato un piatto da liberal e in particolare da snowflake (letteralmente “fiocchi di neve”), categoria che interseca le nostre dei “giovani senza volta di lavorare” e dei “radical chic”. L’immobiliarista australiano Tim Gurner, nel 2017, si è attirato addosso una tempesta virtuale per aver dichiarato: “Quando stavo cercando di comprare la mia prima casa, non compravo purè di avocado a diciannove dollari e quattro caffè a quattro dollari l’uno. In questo momento storico, le aspettative dei giovani sono molto, molto alte”.

La fortuna dell’avocado è dovuta alla sua collocazione fra i cosiddetti “supercibi” estremamente salutari. Il Centro per le Malattie dell’Apparato Digerente del Policlinico Gemelli e dell’Università Cattolica del Sacro Cuore mi informa che il frutto è soprannominato “oro verde” ed è coltivato prevalentemente in Centroamerica – da qui, probabilmente, la fortuna negli Stati Uniti. Pur restando nella mia percezione un prodotto di nicchia, sta sbarcando anche in Italia, tanto da essere inserito nel paniere dei beni di consumo utilizzato dall’Istituto Nazionale di Statistica per il calcolo dell’inflazione. La Dott.ssa Emanuela Rinninella del Gemelli spiega che l’avocado è un frutto atipico, con basso indice glicemico ed elevato contenuto calorico; all’interno di una dieta sana, riduce i fattori di rischio cardiovascolari e metabolici.

Attenzione quindi, mia cara: è calorico.

Calorico.

Stan

La serva padrona

Mia cara Berenice,

l’inverno ha congelato in parte non solo i combattimenti in Ucraina, ma anche il relativo dibattito in Italia. Non è necessariamente un male, data la qualità del prelodato dibattito, ridotto a fuoco incrociato di accuse di sudditanza verso gli Stati Uniti, la NATO o la Russia. Il Cremlino, ovviamente, soffia sul fuoco, dipingendo un’Unione Europea ridotta a governo sovranazionale fantoccio della Casa Bianca.

In realtà Washington e Bruxelles, pur essendo allineate sulla questione ucraina, litigano, eccome.

Quest’estate, il Presidente degli Stati Uniti ha promulgato la Legge Federale per il Contrasto all’Inflazione. Ad onta del nome, si tratta di una sorta di equivalente americano del Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza europeo, con massicci sussidi pubblici per la transizione verde.

Bruxelles dovrebbe essere contenta, dunque… no, perché, ad avviso della Commissione, i sussidi di cui beneficeranno le imprese americane saranno troppo generosi, consentendo una concorrenza sleale ai danni delle imprese europee.

Le Istituzioni europee non hanno ancora reagito ufficialmente, ma pare che la Commissione intenda allentare notevolmente le regole sugli aiuti di Stato, consentendo agli Stati membri con disponibilità di bilancio di sostenere in modo più robusto le loro imprese.

Per molti è una mossa azzardata che rischia di frammentare il Mercato Interno, ma dimostra che le acque dell’Atlantico non sono sempre e necessariamente tranquille.

Si era chiusa solo l’anno scorso, dopo essersi trascinata per quasi un ventennio anche nei tribunali dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, la più nota controversia sui sussidi alle compagnie aeree, che aveva innescato anche l’applicazione di sanzioni da entrambe le parti.

Certo, è significativo che le principali dispute tra Stati Uniti ed Europa siano in ambito economico e commerciale, dove appunto l’Unione Europea è titolare di poteri più significativi. I singoli Stati membri, evidentemente, non hanno la forza per contrapporsi al gigante americano, dal che si dovrebbe trarre qualche lezione. In ambito penale, ad esempio, il Belgio ha dovuto annacquare un’ambiziosa legge sulla giurisdizione universale sui crimini di diritto internazionale che rischiava di portare alla sbarra militari o politici americani. Analogamente, senza spostarsi dal Benelux, fatica a decollare il Tribunale Penale Internazionale de L’Aja, sostenuto dall’Unione Europea, ma avversato dagli Stati Uniti: segno che anche una posizione unitaria non è sufficiente, se non è sorretta da una corrispondente integrazione in materia di politica estera e di difesa.

Un saluto.

Stan

Patriot

Mia cara Berenice,

in questi giorni, i missili antimissile di fabbricazione statunitense Patriot sono i pedoni su una scacchiera. Patriot americani da schierare a Kiev, Patriot tedeschi schierati in Polonia da trasferire in Ucraina… forse, o forse no.

Un sistema d’arma che ha retto bene il corso del tempo, tanto da richiamare alla memoria le vecchie guerre dell’Occidente e della NATO. Fu ai tempi della guerra del Kosovo, credo, che venne pubblicata una vignetta del notissimo caricaturista Forattini. Ritraeva un politico della Prima Repubblica, forse Andreotti in persona, in elmetto e mimetica. Interrogato da un giornalista su come l’Italia si sarebbe difesa da eventuali attacchi della Serbia, rispondeva convinto: “Con i nostri Patriot!”

La tematica della difesa dai proiettili aerei ci riporta anche al ruolo nella guerra in Ucraina di Israele, lo Stato che possiede probabilmente il più avanzato sistema di difesa al mondo, la famosa Cupola di Ferro che ha neutralizzato quasi completamente gli attacchi di Hamas dalla Striscia di Gaza. Inizialmente, Israele ha tentato, senza dubbio con la mediazione americana, di accreditarsi come mediatore, facendo leva sui rapporti costruiti con la Russia durante la guerra in Siria.

Si è poi ritirato in seconda linea, per una serie di fattori facili da intuire. La militanza nel campo occidentale. L’instaurarsi dell’Asse Mosca-Teheran. L’indebolimento della Russia anche in Siria, evidenziato dalla recente offensiva turca contro il Kurdistan.

Nel frattempo, sembra che la Russia abbia bombardato Kiev con missili nucleari su cui erano state montate testate convenzionali: una minaccia o semplicemente stanno finendo i normali missili da crociera?

A proposito di scorte, l’Italia viene citata spesso come uno dei Paesi NATO ad averne ancora di capienti. Li abbiamo, “i nostri Patriot”?

Secondo il sito istituzionale dell’Esercito Italiano, schieriamo tre sistemi di artiglieria contraerea: l’italo-francese SAMP/T, l’autarchico Skyguard-Aspide e il celeberrimo portatile Stinger. Nonostante l’usuale diligenza dei militari nell’aggiornare i siti, non mi aspetto naturalmente che il quadro sia completo, se non altro per ragioni classificatorie o per l’esistenza di Armi diverse dall’Esercito, come l’Aeronautica e la Marina. L’unica certezza è che, anche nel battezzare i sistemi d’arma, l’italiano rende molto di più dell’inglese.

Un sibilante saluto.

Stan

Una storia di marineria

Mia cara Berenice,

durante un’esercitazione NATO nell’Atlantico settentrionale, la portaerei Giuseppe Garibaldi della Marina Militare italiana venne affiancata da un magnifico veliero battente bandiera americana.

Stupita da tanta bellezza, la portaerei segnalò: “Chi siete?”

Il veliero lampeggiò: “La USS Constitution, della Marina degli Stati Uniti”.

Si trattava, in effetti, di una nave militare americana risalente al XVIII secolo, tuttora in servizio attivo.

La Garibaldi rispose, entusiasta: “Siete la nave più bella del mondo!”

Non è una storia meravigliosa?

Un commosso saluto.

Stan

Sulla giurisdizione penale sui militari americani di stanza in Italia

Mia cara Berenice,

nella notte tra sabato 20 e domenica 21 agosto, una soldatessa americana di stanza nella base di Aviano, nell’Italia nordorientale, ha investito e ucciso un quindicenne del posto. Risultata positiva al test alcolemico, la militare è indagata dalle Autorità italiane per omicidio stradale e si trova agli arresti nel suo alloggio nella base.

Ora la Procura locale, la famiglia della vittima e l’opinione pubblica si chiedono se la presunta responsabile verrà processata in Italia o negli Stati Uniti. La memoria di molti, probabilmente, va al famigerato caso del Cermis, quando un aereo dei marine decollato sempre da Aviano, volando a quota troppo bassa, tranciò il cavo di una funivia uccidendo venti persone di varie nazionalità. Processato da una Corte Marziale americana in Carolina del Nord, l’equipaggio venne clamorosamente assolto, salvo subire in seguito sanzioni penali e amministrative per capi d’accusa minori.

La materia è regolata dall’Accordo sullo Stato delle Forze (Status of Force Agreement – SOFA) della NATO, stipulato a Londra nel 1951.

Tendenzialmente, in base all’articolo 3 la giurisdizione è italiana, in quanto la soldatessa non ha commesso il reato nell’esercizio delle sue funzioni o ledendo esclusivamente beni giuridici di pertinenza americana.

Ci sono, però, due importanti caveat.

Sempre in base all’articolo 3, gli Stati Uniti hanno diritto di chiedere all’Italia di rinunciare all’esercizio della sua giurisdizione per motivi di “particolare importanza”; l’Italia non è tenuta ad accogliere la richiesta, ma deve “valutarla in modo benevolo”. Nella prassi, le Autorità americane presentano tale richiesta al Ministero della Giustizia italiano. Non è chiaro se quest’ultimo sia tenuto a motivare la sua decisione e se quest’ultima sia sindacabile.

Inoltre, in base all’articolo 5, gli Stati Uniti non sono tenuti a consegnare la soldatessa all’Italia finché quest’ultima non sia stata, appunto dall’Italia, incriminata (“charged” nel testo inglese, “imputato formalmente” nel testo della legge di ratifica italiana). Trasposto nell’ordinamento italiano, il concetto anglosassone di incriminazione corrisponde probabilmente al rinvio a giudizio, che richiede la chiusura delle indagini preliminari (complicate in questo caso dall’elemento internazionale) e generalmente un’udienza preliminare: tempi lunghi, insomma.

In un momento storico in cui la Russia accusa l’Europa di essere una colonia americana, il Ministro della Giustizia che verrà nominato dopo le elezioni potrebbe anche respingere la richiesta americana di rinuncia all’esercizio della giurisdizione. Le pressioni di Washington, tuttavia, potrebbero essere forti, perché per l’omicidio stradale l’articolo 589-bis del Codice Penale prevede, se il guidatore era in stato di ebbrezza alcolica, la pena della reclusione da otto a dodici anni.

Dall’altra parte, questa bizzarra fattispecie introdotta nel 2016 potrebbe essere un asso nella manica della Procura, qualora il Ministero della Giustizia decidesse di rinunciare all’esercizio della giurisdizione. L’omicidio stradale è configurato e articolato in una casistica piuttosto insolita che potrebbe farlo ritenere non coincidente all’homicide, murder o manslaughter americano. Ebbene, in base all’articolo 2 del SOFA, se il reato è previsto dalla legge italiana, ma non da quella americana, sussiste la giurisdizione esclusiva italiana, senza apparente possibilità di rinuncia da parte del Ministero della Giustizia, prevista solo per la distinta ipotesi di giurisdizione concorrente, ma primariamente italiana (“primary right to exercise jurisdiction”).

Staremo a vedere.

Un saluto.

Stan

Lo Stretto di Formosa

Mia cara Berenice,

mentre i nostri occhi sono puntati sulle steppe e i campi di grano dell’Ucraina, sullo Stretto di Formosa comincia a prendere forma, a delinearsi nella nebbia di guerra quella che potrebbe essere la futura battaglia per Taiwan.

Niente sbarco cinese in grande stile che rischierebbe di trasformarsi in un carnaio. Piuttosto un blocco aeronavale incruento, giuridicamente nebuloso e favorito dalla geografia. Certo, le incertezze restano molte. Fin dove sarebbero disposti a spingersi gli Stati Uniti per rompere il blocco? E quanto a lungo potrebbe resistere l’opulenta, organizzatissima, ipertecnologica Taiwan?

Due giorni fa, il New York Times ha dedicato all’argomento un articolo di David E. Sanger e Amy Qin, dando voce a numerosi esperti. Il quadro tratteggiato è piuttosto chiaro. La Cina, a seguito del notevole rafforzamento dell’Esercito Popolare di Liberazione degli ultimi decenni, ha già le capacità militari per sottoporre Taiwan a un blocco totale; viceversa, è molto dubbio che protrarre a lungo un simile assedio sia economicamente sostenibile.

In ultima analisi, e come in tutte le guerre e i conflitti, sarà l’economia ad assegnare la palma del vincitore. Sotto questo profilo, al momento né l’Occidente né il Dragone sono in piena salute. Sulle prospettive a lungo termine di uno scontro, ovviamente, è difficilissimo fare previsioni; sono però possibili, almeno, alcune considerazioni.

  1. Alla radice dell’appoggio piuttosto tiepido della Cina alla Russia nella crisi ucraina, la maggior parte degli osservatori vede proprio la riluttanza di Pechino a subire ulteriori sanzioni economiche, oltre a quelle daziarie applicate dall’Amministrazione Trump e confermate da quella attuale.
  2. Secondo la banca dati OEC, la Cina assorbe il 9,1 per cento delle esportazioni americane, gli Stati Uniti il 16,5 delle esportazioni cinesi; se agli Stati Uniti aggiungiamo alcuni dei loro maggiori alleati, come Giappone, Corea del Sud, Canada, Germania, Gran Bretagna, Paesi Bassi, Italia, Polonia, Spagna e Australia, la percentuale schizza al 43,52 per cento. Certo, i beni a basso costo cinesi sono preziosi per le economie avanzate, ma si possono produrre in molti altri Paesi in via di sviluppo.
  3. L’abilità confuciana del regime autoritario e statalista cinese di gestire con efficienza l’economia sembra mostrare la corda, con lo smantellamento dell’autonomia di Hong Kong, la politica COVID zero, la campagna contro miliardari e grandi imprese, gli scricchiolii sul fronte immobiliare e del debito pubblico.

Un salso saluto.

Stan

La vendetta dei complottisti

Mia cara Berenice,

a essere sincero, non mi dispiace così tanto che padre Uwe Eglau ti abbia esorcizzato, male non ti farà… e nemmeno a me.

Del resto, non c’era nessun bisogno di dirgli che ti sei vaccinata, e addirittura con quattro dosi grazie agli agganci di tua madre all’Ambasciata di Russia!

Le posizioni del buon prelato ti erano note. Non me ne sarei attese altre, del resto, da un fanatico pre-conciliare che ti costringe a confessarti in latino.

Oltretutto, sarà esasperato dal rigido obbligo vaccinale austriaco, proprio mentre nel resto del mondo gli antivaccinisti si stanno prendendo qualche piccola soddisfazione.

No, non mi riferisco tanto alla tirata del vostro medico, secondo cui la pandemia starebbe finendo “da sola”.

Innanzitutto, non sappiamo ancora se sia vero, anche se lo speriamo tutti ardentemente.

In secondo luogo, non sarebbe una gran notizia. Le pandemie sono sempre finite “da sole”, in epoche in cui non esistevano né medicinali né vaccini, mentre in compenso si dava la caccia a streghe e untori. Il punto è quanti morti e quanta devastazione si lasciano alle spalle, prima di finire “da sole”. Quindi, vedete di cambiare quel ciarlatano: un confessore reazionario è innocuo e anzi naturale, un medico incapace molto meno. Il fatto che sia Conte Paladino non renderà più efficaci le sue discutibili terapie.

Comunque, pensavo piuttosto agli Stati Uniti, vero regno degli antivaccinisti, dove le compagnie aeree hanno chiesto alle Autorità federali di bloccare l’attivazione del 5G da parte delle compagnie telefoniche, per timore che esso interferisse con la strumentazione degli aerei. Pare peraltro che si sia già trovata una soluzione.

Quindi, se l’allentamento delle restrizioni proseguirà, potremo farci quel famoso viaggio dai van Houten negli Hamptons… sempre che abbandonino la loro pretesa di farmi giocare a squash a Chelmsford.

Un fermo saluto.

Stan

Riunione del Politburo

Mia cara Berenice,

non ho mai visto la serie “L’uomo nell’alto castello”, pur avendo letto e apprezzato il romando di Philip K. Dick da cui è tratta. Tuttavia, grazie agli spezzoni di YouTube, so che prevede scene in cui i nazisti si riuniscono e pianificano di muovere guerra al Giappone o alla Costa Occidentale dei disciolti Stati Uniti.

Personalmente, mi preoccupa l’eventualità di una riunione del Politburo – o della Commissione Militare Centrale – cinese, in cui un generale, un ministro o un apparatčik potrebbero relazionare, pressappoco, nei termini seguenti.

“Compagni, come probabilmente già saprete, gli Stati Uniti d’America non hanno ancora proclamato il loro nuovo Presidente. Il Capo dello Stato uscente, del resto, non sembra intenzionato a riconoscere il risultato delle elezioni e potrebbe scatenare una lunga battaglia legale. Incidentemente, è riuscito in extremis a nominare alla Corte Suprema una giudice repubblicana, che potrebbe essere l’ago della bilancia.”

“Nel frattempo, la pandemia rimane completamente fuori controllo in tutto il Paese, così come nell’intera Europa occidentale. Compagni! È giunto il momento di vendicare le umiliazioni che l’Occidente imperialista ha inflitto alla nostra Madrepatria nel diciannovesimo e ventesimo secolo!”

Ovviamente, seguirebbero dei dettagli tecnici che io non posso conoscere, ma in una mia precedente, come spero ricorderai, avevo già tratteggiato lo scenario di una riconquista cinese di Formosa.

Probabilmente non si arriverà a questo, ma certo stiamo sventolando, davanti alle froge del toro cinese, uno spagnolesco drappo rosso.

Un pensoso saluto.

Stan

La Legge sull’Insurrezione del 1807

Mia cara Berenice,

no, non mi risultano manifestazioni a Roma per il caso Floyd. Anzi, per la tua gioia, oggi sono passato per Piazza del Popolo e c’era la destra a sventolare tricolori e, per qualche oscuro motivo, bandiere del Giappone. Prevedono di proclamare qualche Imperatore Dio? Non ne ho idea, la mia unica priorità era inerpicarmi sul Pincio.

Spero che il tuo sit in di protesta davanti all’Opera di Stato sia stato produttivo e, soprattutto, all’insegna del distanziamento.

Affinché tu non mi accusi di crassa indifferenza, ti informo che ho letto da cima a fondo la Legge sull’Insurrezione del 1807 che il Presidente Trump intenderebbe invocare per schierare le truppe federali – d’altronde è molto breve.

Accludo di seguito un sunto della mia ricognizione che ti permetterà di fare una bellissima figura con le tue amiche viennesi.

A quanto pare, è una vera tradizione applicare la Legge in occasione di sommosse razziali, del resto comuni negli Stati Uniti, ma questo vetusto provvedimento ha avuto anche impieghi che il tuo Kreisauer Kreis apprezzerebbe. La Legge è stata usata dal Presidente Grant contro il Ku Klux Klan, nonché dei Presidenti Eisenhower e Kennedy per imporre la desegregazione delle scuole negli Stati del Sud.

Attualmente, essa è codificata nei paragrafi 331 e seguenti del Codice Federale.

Il paragrafo 332 attribuisce al Presidente degli Stati Uniti il potere di utilizzare le Forze Armate federali e la Guardia Nazionale in caso di “ostruzioni illecite, collusioni, adunate o ribellioni contro l’autorità federale” tali da “rendere impossibile far rispettare le leggi federali in uno Stato con i mezzi ordinari dei procedimenti giudiziari”.

Il paragrafo 333 precisa che le interferenze con l’attività federale possono essere di due tipi:

a) violazione di diritti costituzioni unita all’inerzia, anche incolpevole, dello Stato;

b) impedimento od ostruzione all’esecuzione delle leggi federali da parte del potere esecutivo o giudiziario.

Abbiamo dunque una fattispecie, quella sub a), estremamente precisa che sembra scritta proprio per determinati Stati del Sud – e probabilmente andò proprio così: non sono riuscito a ricostruire in modo analitico le modifiche subite dalla Legge del 1807, ma mi risulta che fu emendata prima e dopo la Guerra di Secessione.

Segue una seconda fattispecie più generica, sub b), che funge da clausola di chiusura.

È curioso come gli atti normativi anglosassoni oscillino fra l’essere incredibilmente analitici e il riassumersi in una manciata di clausole generali. Di certo, la Corte Suprema avrà qui ampio spazio di manovra.

“Teneva in mano una supplica, e pareva che dicesse: vedremo”.

Un cancelleresco saluto.

Stan