Mia cara Berenice,
dopo averlo letto citare chissà quante volte da Leonardo Sciascia, finalmente mi è capitato tra le mani, a una bancarella di libri usati a un tiro di sasso da Palazzo Chigi: Vitaliano Brancati e il suo “Don Giovanni in Sicilia”, la storia di un giovane della buona borghesia di Catania trascinato dalla moglie nobile a Milano e ivi costretto ad acclimatarsi a clima e usanze nordici.
Edito nel 1941 da Rizzoli, il romanzo conserva un’attualità sconcertante. Dopo il gran parlare di smart working, nomadismo digitale e South working fatto durante la pandemia, il Mezzogiorno continua a riversare le sue migliori e più fresche residue energie al Nord, e di questo esito il capoluogo della Lombardia resta simbolo, oggi come allora.
Ma come, dirai tu, Brancati non è forse famoso per la sua approfondita disamina del rapporto tra uomo e donna, con particolare riferimento al gallismo siculo?
Io, per quanto mi sforzi, non riesco a non dare del romanzo una lettura geografica, come se fosse una mappa: ci vedo il rapporto tra Nord e Sud, tra Sicilia e Continente, tra cultura nordeuropea e mediterranea.
Tuttavia, non solo il titolo parla chiaro, ma è innegabile che l’opera dipinga un trittico pressoché completo della donna dal punto di vista maschile, classificata sbrigativamente in tre categorie semplificatorie: l’oggetto sessuale, l’angelo e la mater familias.
Una catalogazione simile viene esplicitata in “Syrup” (USA, 2013), un film ingiustamente sottovalutato e forse una delle migliori interpretazioni della povera Amber Heard.
In Brancati però, a ben vedere, l’operazione tassonomica assume una coloritura più cupa. La donna, pur cambiando volto, resta sempre e comunque una forza dominante e malevola. L’oggetto sessuale rimane confinato in torturanti, ossessive fantasie che non si concretizzano mai. L’angelo trasforma la vita dello spasimante in un limbo di sospiri, una non vita di fantasma. La mater familias manovra disinvoltamente il marito, rivoltandolo come un guanto, e si concede relazioni extraconiugali sotto il suo naso. Insomma, su tutte e tre le figure aleggia l’ombra noir della femme fatale.
Nell’economia della commedia, l’ossessione di cui sono schiavi i personaggi maschili assume toni esasperati, caricaturali… ma forse anche profetici, nell’epoca di OnlyFans.
Un gratuito saluto.
Stan