Mia cara Berenice,
su una cosa devo dare ragione a tua madre, sono un tipo prevedibile.
Eccomi, di nuovo, sulla lounge di Termini, di nuovo con un libro – almeno in senso lato – sulla Seconda Guerra Mondiale: stavolta, la biografia di Hitler di Antonio Spinosa, continuazione ideale di “M” di Scurati, quest’ultimo ancora orfano di un sequel che ci conduca all’happy ending del ’45.
È curioso quale fascino continui a esercitare l’ultimo grande conflitto.
Sarà che è stata, appunto, l’ultima guerra convenzionale di quelle dimensioni.
Sarà la facilità nel distinguere i buoni dai cattivi, almeno sul fronte occidentale.
Certo i nazisti, con il loro Wagner, le loro scemenze esoteriche, la loro Thule, le loro uniformi nere con la testa di morto e il piede caprino di Himmler, fecero davvero di tutto per diventare degli antagonisti da operetta, degni dei peggiori film di James Bond.
Competizioni sportive a parte, ci sono solo due modi per tenere sveglio mio padre davanti alla TV, a qualunque ora: un western o un film sulla Seconda Guerra Mondiale.
Spero di non aver toccato un tasto troppo dolente per voi austriaci, afflitti a tal riguardo da una crisi di identità – Germania o Austria? Vincitori o vinti? – ben degna delle riflessioni viennesi di Freud.
Tale crisi, oltretutto, estende inevitabilmente le sue propaggini fino ai sudtirolesi, austriaci con il cuore, italiani con il portafogli.
Dopo questa sfilza di carinerie, è con particolare piacere che ti saluto.
Stan