Fiori nel deserto

Mia cara Berenice,

ieri una pioggia battente cadeva su Roma, nel primo giorno della vittoria della destra.

Oggi splende il sole ed è accaduto qualcosa di ancora più straordinario.

Ieri sera, un’agenzia di traduzione ceca per cui lavoro mi ha notificato che un grosso progetto dato in appalto da Google, a cui partecipo ormai da anni, sarebbe stato chiuso per disposizione del committente.

Come compensazione, mi veniva offerto un altro progetto, sempre per il gigante americano. Per aderire all’offerta, dovevo accedere al portale commerciale (business) aziendale, inserire un codice, aggiornare i miei dati personali e commerciali, superare un test.

Ebbene, tutto ciò ha funzionato. Certo, ho dovuto rigenerare la password per il portale aziendale, ma era il minimo sindacale. A proposito, ora che ci penso, stamane ho partecipato a una riunione sindacale in modalità ibrida e anche lì tutto è filato liscio: niente problemi con i microfoni casalinghi o direzionali, niente ritorni d’audio, niente connessioni traballanti, nulla.

Insomma, niente panico, anzi: ottimismo e, per restare nell’ambito della politica vintage, sole che ride.

Sarebbe molto più grave se, improvvisamente, gli autobus dell’ATAC arrivassero in orario, un evento che segnerebbe non il mero ritorno di un regime fascista, ma più probabilmente uno strappo nel tessuto stesso dell’Universo.

Un tranquillizzante saluto.

Stan

Compagno accademico

Mia cara Berenice,

i vaccini più blasonati sono come i Thurn und Taxis: si fanno aspettare, sospirare. Non stupisce, pertanto, che vada diminuendo la schizzinosa diffidenza verso il russo Sputnik V.

Personalmente, ho sempre avuto un debole per la scienza sovietica. Pochi fronzoli. Accademici in camice bianco e funzionari in abito scuro con la spilletta del Partito. Enormi valvole al posto degli scintillanti computer americani. Eppure, risultati.

Il T-34, le Katiuscia, la bomba Zar, lo Sputnik originale, Yuri “Non vedo alcun Dio quassù” Gagarin (frase probabilmente apocrifa, ma poco importa), i Tifone/Akula. Nella Sezione Aviazione del Museo delle Forze Armate c’era uno dei temutissimi elicotteri Hind. Questi ultimi li puoi vedere in azione sui cieli dell’Afghanistan – e imbattersi nei primi missili Stinger – nel film “La guerra di Charlie Wilson” (USA, 2007).

La tecnologia sovietica viene presentata, con accezione negativa e disumanizzante, anche nel celebre “Rocky IV” (USA, 1985). Più recentemente, e sempre in termini poco lusinghieri, nella miniserie “Chernobyl”. Eppure, perfino in quest’ultima l’apparato sovietico conserva una certa, sinistra grandezza, incarnata ancora una volta dai massicci elicotteri schierati per spegnere l’incendio.

Quei tempi sono finiti, ma non del tutto. In ambito informatico, i russi sono tuttora considerati agguerriti e temibili, nonché inclini a sconfinare nel cyberspazio americano. In “Facile preda” (USA, 1995) compare appunto un’unità russa specializzata in tecnologie informatiche. In “Cosacchi e cowboys”, 14° episodio della 2^ stagione di “JAG – Avvocati in divisa”, l’ufficiale di un incrociatore lanciamissili russo ammonisce due osservatori americani: “Il manico può sembrare arrugginito, ma la lama è ancora affilata”. Non si contano, poi, i film di spionaggio o di fantascienza che ruotano intorno ad apocalittiche tecnologie sovietiche o post-sovietiche.

Pojekhali!

Stan

PS: Scusa… ho colpito tua madre lanciando il bicchiere?

Intrigo internazionale

Mia cara Berenice,

temevamo fossero ormai lontani i bei tempi in cui la Cortina di Ferro lambiva Trieste e l’Italia era una fantasmagoria, un arazzo in cui pugnavano, ululando, la Morte, i Servizi Segreti, la Mafia, la Banda della Magliana, i Partiti, i Sindacati e altri demoni.

Invece, dopo i sospetti che hanno inseguito la missione di assistenza russa, ecco che un ufficiale francese viene arrestato, in una nostra base NATO, per spionaggio al soldo di Mosca; forse, trattandosi di un ufficiale, si configura addirittura un’ipotesi di tradimento o alto tradimento.

Debbo sperare che al Viminale non siamo troppo in allerta, perché questa casa è diventata una vera e propria centrale di spionaggio cinese, irta di antenne: computer Huawei acquistato per il lavoro agile, cellulare Huawei caduto sul campo e sostituito da un giovane Xiaomi.

Xiaomi che, apprendo con ingenuo stupore da anziano stasera, è in grado di mimare senza difficoltà il telecomando di TV LG e condizionatore Panasonic, espugnandone le difese in un battito di ciglia.

Insomma, l’Occidente arranca, il Dragone ruggisce, coadiuvato da involontarie quinte colonne come il sottoscritto.

Mi auguro che in Austria vi stiate attrezzando per l’autarchia tecnologica. “Su supplica dell’Istituto Tecnico Imperiale, Sua Maestà ha concesso un brevetto con diritto di privativa…”

Un colonizzato saluto.

Stan

Arti marziali

Mia cara Berenice,

mi sono adattato così tanto alla nuova normalità che ti sto scrivendo dal treno, da dove prevedo anche di prendere parte a una riunione lunedì.

Grazie al distanziamento sociale, ho a mia disposizione due interi sedili. Come sfruttare la forza della pandemia in proprio favore: come N. che, in pieno confinamento, è riuscita a prenotare un tavolo all’Osteria Francescana di Modena.

Tornando al mio ufficio su binari, di fronte a me c’è il portatile, alla mia destra una cartella di documenti e il nuovo cellulare cinese che ho acquistato dopo la dipartita del precedente, proprio durante il campeggio e proprio quando dovevo tenere il fiato sul collo del Ministero perché inviasse un certo documento alla Commissione Europea, in vista della mia lunga trasferta a Bruxelles.

L’impatto con il nuovo dono dell’Imperatore Celeste è stato contrastato. Di primo acchito, la grafica mi pareva piuttosto spartana. Ho però presto notato che la batteria è praticamente inesauribile, credo anzi non si tratti affatto di una batteria, ma di un ordigno sporco da impiegare contro gli Stati Uniti. Anche ora, il nuovo venuto si sta dimostrando eccezionalmente abile nell’afferrare il filo evanescente della wi-fi del treno, gareggiando con successo contro il portatile, peraltro anch’esso cinese.

Più che un ufficio mobile, direi una Chinatown, a questo punto: dovrei solo appendere qualche lanterna e qualche festone.

Dalla retina del sedile vuoto penzola una bottiglietta San Pellegrino da settantacinque centilitri, acquistata in un certo bar molto ben posizionato di Termini. Tengono solo questo formato perché costa di più, ma io volevo appunto una riserva d’acqua più capiente per l’intero viaggio verso le Venezie. Un altro virtuosismo delle arti marziali, dunque: lo chiameremo la mossa del loto.

Senti il gong suonare?

Un ieratico saluto.

Stan

PS: L’Ufficio Clienti del Mercato Centrale di Termini mi ha scritto che finalmente stanno per riaprire, avevo chiesto informazioni in proposito mesi fa. Non è meraviglioso? La lounge è già pienamente operativa, sushi bar compreso.