Suonatori di strada

Mia cara Berenice,

il sole è appena calato sulla panchina del parco davanti casa, così come sta finendo il libro su Giovanni delle Bande Nere. All’estremità opposta del parco, un sassofonista suona… cosa? Non lo so. Bene? Male? Lo ignoro beatamente. Come sai, ho l’orecchio di una tegola.

Se non altro, questo mi rende di bocca buona e poco incline al melodramma. Al liceo, la preferenza per gli Oasis piuttosto che per i Blur poteva attirarti il più feroce disprezzo intellettuale e umano. Io, ignorando tutto del Brit Pop, beneficiavo di uno status neutrale simile a quello della Svizzera.

Oggi, sulla riva del laghetto dell’EUR, si avvertiva nella mia cerchia una percettibile, diffusa insofferenza per un suonatore il cui repertorio era rigidamente dedicato a Ligabue.

L’occasione mi ha indotto a raccontare ai miei sodali di quella volta in cui, in Piazza di Santa Maria in Trastevere, un esasperato farmacista offrì cinquanta euro a un musicista purché si allontanasse dal suo negozio. Non escludo che la strategia dell’artista fosse ben calcolata, magari aveva come riferimento culturale la pirandelliana patente di jettatore.

Un saluto per due euro.

Stan