Mia cara Berenice,
ancora buona Natale.
Si festeggia anche in Ucraina, dove la neve cade frammista a bombe russe.
Anche in Ucraina, dove fino all’anno scorso si festeggiava in gennaio, secondo il calendario ortodosso. Il Patriarcato di Kiev, ormai scismatico rispetto a quello di Mosca, ha ordinato che la Messa natalizia si celebri oggi, salvo ripeterla – almeno per un periodo transitorio – in gennaio, secondo la tradizione.
Senza voler scadere nel tifo da stadio da salotto televisivo, l’impressione è che la cosiddetta “operazione militare speciale” abbia spezzato il delicatissimo equilibrio che teneva sospeso tra Occidente e Oriente un Paese dilaniato da forti pulsioni filorusse e altrettanto potenti forze antirusse.
Tra le prime, possiamo citare le seguenti.
La lingua. Oltre un ucraino su tre ha come prima il russo o è bilingue, ma quasi tutti comunque parlano il russo.
La storia. La Rus’ di Kiev può essere considerata il primo embrione, quantomeno ideale, dello Stato russo. L’Ucraina, inoltre, faceva parte dell’Impero Russo e dell’Unione Sovietica.
I cosacchi. Non erano solo ucraini, né sempre così disciplinati, né gli unici a servire sotto le armi zariste, ma erano considerati la spada russa per antonomasia.
Le forze antirusse sono altrettanto forti e tendenzialmente più recenti, pur avendo solide radici storiche.
Al primo posto, infatti, troviamo di nuovo i cosacchi. Non sempre, come ho detto, furono così incondizionatamente fedeli allo Zar, erano piuttosto truppe riottose che si tolleravano per il loro grande potenziale combattivo, un po’ come certi eroi d’azione delle pellicole americane. Se il loro rapporto con l’Imperatore fu altalenante, di certo odiavano il Partito Comunista. Durante la Guerra Civile Russa, si schierarono con la fazione bianca. Durante la Seconda Guerra Mondiale, ebbero legami con l’Asse, così come un parte dei vertici politici e intellettuali ucraini – un elemento su cui è imperniata la propaganda russa contemporanea. La croce equilatera bianca dei cosacchi è recentemente ricomparsa sui mezzi delle Forze Armate ucraine.
Questo ci porta all’Holomodor, la carestia creata a tavolino dai pianificatori comunisti per domare l’Ucraina negli anni ’30, ormai diffusamente riconosciuta come crimine di genocidio.
Ultimo ma non ultimo, abbiamo il legame storico con la Polonia, bastione cattolico e anticomunista – di nuovo, non a caso, la propaganda russa fa riferimento anche a un presunto cattolicesimo ucraino. Basti dire che una delle canzoni diventate simbolo della resistenza all’Armata russa, “Hej Sokoly”, è comune a Ucraina e Polonia.
Riassumendo, temo che la mossa scomposta di Putin abbia definitivamente reciso il cordone ombelicale russo-ucraino, basato su componenti organiche ormai risalenti, non scevre di ambiguità e sbilanciate in favore della Russia, scatenando un guerriero delle steppe fortemente antirusso e dall’antichissima, temuta tradizione militare.
Da una parte, è una buona notizia. Difficilmente l’Ucraina potrà mai essere soggiogata. Troverà sempre una sponda nell’Europa dell’Est antirussa (Polonia e Repubbliche baltiche), ma soprattutto continuerebbe a resistere – certo, con maggiore fatica e probabilmente con mezzi meno convenzionali – anche in caso di attenuazione degli aiuti occidentali. Dopotutto, la prima e più decisiva fase della guerra, la battaglia di Kiev, ci racconta la storia di una difesa organizzata più con determinazione e capacità di improvvisare che con dovizia di mezzi, combinando strumenti informatici, propaganda, resistenza spontanea e droni turchi non certo classificati come armi di punta. La famosa interminabile colonna corazzata russa verso la capitale sarebbe stata neutralizzata dall’unità di ricognizione aerea Aerorozvidka, un gruppo di informatici che tallonava i carri armati su quad acquistati mediante crowdfunding. Leggende della propaganda? Può darsi. Eppure in effetti, in quelle prime settimane, nessuno credeva nella possibilità di salvare Kiev, tanto che al Governo ucraino era stata offerta l’estrazione su mezzi americani.
La cattiva notizia è che la pace è molto, molto lontana, come ha evidenziato recentissimamente uno degli osservatori più qualificati, il Governo turco. Il Cremlino lamenta il fatto che l’Ucraina sarebbe eterodiretta dall’Occidente, ma, paradossalmente, solo una forte pressione euroamericana potrebbe convincere Kiev ad accontentarsi di qualcosa di meno della piena vittoria.
Un saluto.
Stan
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