L’andamento del mercato

Mia cara Berenice,

quando si percorre una tratta in treno, si è costretti a orecchiare i discorsi dei compagni di carrozza. Non nego peraltro che possa essere istruttivo.

Ad esempio, ho scoperto con vivo terrore che un barboncino di pura razza costa tremilacinquecento euro. Dei tre cani posseduti dalla mia famiglia, due ci furono regalati; il terzo lo trovò mio padre abbandonato nel bosco.

Ora che ci penso, una delle poche traduzioni commissionatemi quest’anno fuori dal circuito delle agenzie aveva per oggetto o testo sorgente un libro sulla storia dei samoiedi, fieri cani da slitta resi famosi dalle spedizioni polari prima di essere adottati dall’aristocrazia inglese.

Le sorprese non erano finite. La signora alle mie spalle si è lamentata di aver rovesciato l’insalata di farro che si era preparata. Io ero convinto che simili piatti non esistessero nei tinelli domestici, ma solo nei video delle influencer o nei bar del centro.

A questo punto, mi aspetto di tutto. Magari in Calabria scoprirò che la parmigiana di melanzane è passata di moda e i panini da portare in spiaggia si farciscono con il tofu, tra due gallette di riso.

Un preoccupato saluto.

Stan

Upgrade

Mia cara Berenice,

ieri sera avevo un fastidioso mal di gola, probabilmente dovuto a questa bizzarra primavera marzolina. Facendomene scrupolo, stamattina sono andato a farmi un tampone alla farmacia vicino casa.

A lato dell’esercizio un vialetto, piuttosto ampio per i parametri romani, conduce al cortile sul retro di un palazzo. Là è stato eretto un piccolo prefabbricato con una bucolica finestrella per l’operatrice, mentre lungo i muri sono disposte delle sedie. Rispetto alla mia ultima visita, accanto al casottino era sorta una tenda per le vaccinazioni, ma le novità non finivano qui. Alle spalle della dottoressa si intravedeva una macchina per le analisi dalle linee candide e moderne, ed era possibile scegliere tra tampone ordinario e con lettura della carica virale. Infine, l’esito negativo, anziché essere strillato dalla finestrella, mi è stato recapitato direttamente sul cellulare, sulla stessa app governativa che utilizzo per esibire il certificato vaccinale.

Era come in uno di quei videogiochi di strategia in cui costruisci la caserma dei soldati, per poi aggiungere l’infermeria e, in seguito, i radar sul tetto.

Quale differenza con il 2020! Allora, in Italia non si trovavano nemmeno le mascherine, una sartoria di quartiere si mise a confezionarle e distribuirle. In Belgio, in presenza di sintomi leggeri, non mi fu concesso di sottopormi a tampone. Solo in seguito, l’Esercito montò, nel cuore del Parco del Cinquantenario, un tendone dove era possibile farsi frugare le narici, ma solo esibendo una prescrizione medica o un biglietto aereo di prossima scadenza; in questo secondo caso, bisognava aggiungere un gruzzoletto consistente.

Quanto ai vaccini, stavano terminando l’iter delle sperimentazioni e delle autorizzazioni, concluso il quale venivano perennemente annunciati senza arrivare mai.

Insomma, non saremo gli essere più saggi e pacifici dell’Universo, ma di certo siamo adattabili.

Un proteiforme saluto.

Stan

Inviti

Mia cara Berenice,

non fartene un tale cruccio, se la Principessa di Anhalt-Dessau ha declinato un tuo invito. Tra l’altro, l’impedimento di stare operando come medico militare in Ucraina mi sembra piuttosto inattaccabile e comprovato da innumerevoli foto sul suo profilo Instagram; va bene, magari le pose sono un poco ostentate, la mimetica attillata e le unghie lunghe, ma questo farà pure piacere ai feriti, no?

Del resto, invitare voi ragazze è sempre un affare terribilmente complicato. Proprio stamattina – cessato lo sciopero dei mezzi che mi ha costretto a prendere il taxi ieri – ne discutevano animatamente due adolescenti in tram.

“Probabile che la Ele porti Bea”.

“O che Bea porti Ele”.

“No”.

“No?”

“No”.

“Il problema è che Edo vuole fargli pagare i tredici euro”.

“Se devono pagare i tredici euro, non verranno mai”.

“Eh, però sarebbe giusto”.

“No che non sarebbe giusto, zio! Perché devono pagare il regalo di compleanno a uno che neanche conoscono? Se sono imbucate, sono imbucate”.

“Giusto, però almeno i tre euro”.

“Ok, i tre euro sì”.

Cifre, decimali, complicate operazioni e interi algoritmi si affastellavano nel fumo della mia mente assonnata.

Chissà come è andata a finire. Auguro loro la miglior fortuna. Spero non abbiano scoperto che Ele sta con un commercialista trentacinquenne con studio sulla Collatina, mentre Bea prenderebbe in considerazione solo un vegano crudista con profilo astrale compatibile.

Un saluto.

Stan

Di magro

Mia cara Berenice,

oggi ho pranzato al ristorante siciliano di Piazza San Cosimato: risotto con frutti di mare, orata in crosta, caponata.

Bizzarra contraddizione!

Il pesce è considerato un piatto più pregiato della carne, eppure l’obbligo canonico di mangiare di magro il venerdì ha generato proprio la tradizione di portare in tavola i doni del mare.

“Quando don P. era arciprete del Duomo,” raccontava nonna, “davanti alla chiesa c’era quella famosa pescheria, sotto i portici. Ogni venerdì, vedeva la mogli dei signori entrare, tutte ingioiellate, e scegliere il pesce più pregiato. Ne era disgustato: sarebbe stata penitenza, quella?”

Ricordo bene don P., lo intervistai per preparare l’esame di diritto canonico, dato che era il Presidente del Tribunale Ecclesiastico. Fatico a immaginarlo così fautore della lotta di classe, era noto per essere un prete vecchio stampo, fedele al colletto e alla tonaca quando, ormai, i suoi colleghi di provincia erano da tempo passati a informi maglioni scuri. La casa canonica in cui mi ricevette era un moderno appartamento tirato a lucido, con tanto di perpetuo. Va dunque precisato che, a nonna, le signore ingioiellate non piacevano a prescindere dai racconti di don P. o dalle preferenze culinarie dei loro mariti.

In ogni caso, quella che don P. presuntivamente disapprovava era, all’occorrenza, un’arma potente nelle mani del clero.

In “Don Camillo e l’onorevole Peppone” (Italia, 1955) vediamo il parroco e il sindaco (divenuti rispettivamente monsignore e onorevole) brigare nella notte per far ritrovare anonimamente alle Autorità un carro armato, residuato della Seconda Guerra Mondiale, mai denunciato da una famiglia di contadini.

Nel caos che ne segue, don Camillo fa inavvertitamente irruzione in un’altra casa di campagna, i cui occupanti sono pacificamente intenti a cenare. Per distrarli e non destare sospetti, li apostrofa severamente: “Oggi è venerdì, avete mangiato di magro?”

Del resto, il pesce ha un profondo significato mistico fin dai tempi paleocristiani, quando il suo nome greco ichthys si faceva acronimo di Iesous Christos Theou Yios Soter, Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore.

Ai giorni nostri, invece, come dicevamo, il pesce è simbolo soprattutto di Mammona: dal crudo e il sushi particolarmente di moda oggi, a classici come l’aragosta, il caviale e le ostriche, queste ultime esponenzialmente potenziate, come un Pokémon al massimo livello evolutivo, dal loro potere perlifero.

In “Si vive solo due volte” di Ian Fleming, la Bond girl è appunto la pescatrice di ostriche Kissy Suzuki. Anche in questo caso, di magro c’è davvero poco, se non l’attrice giapponese Mie Hama, che interpretò la pescatrice nell’omonimo film del 1967.

Un salso saluto.

Stan

Lettera profumata al gorgonzola

Mia cara Berenice,

certamente, come ha rimarcato il Prof. Locatelli, la pandemia non è ancora terminata, pur essendoci speranze di una conclusione sanitaria e sintomi ormai evidenti di una fine sociale.

Per quanto mi riguarda, uno degli aspetti più prelibati di questo periodo è il non passare giorno senza che siano smentite le rosee profezie e analisi di coloro secondo cui il Covid, come il Duce, aveva fatto anche cose buone. Tale atteggiamento era particolarmente diffuso durante la prima ondata, ossia proprio quando era particolarmente incomprensibile, in uno scenario apocalittico di camion militari carichi di bare, code davanti ai negozi di alimentari e voci angoscianti – per quanto rivelatesi infondate – di assalti ai supermercati nel Mezzogiorno.

Una a una, queste tesi stanno cadendo, come i nazisti ricercati dal Mossad fin negli angoli più riposti del Sudamerica.

Gli effetti verdi/ecologici della pandemia. I dati hanno ormai dimostrato che i confinamenti hanno limitato solo marginalmente le emissioni. Per contro, l’utilizzo massiccio di mascherine e altri articoli usa e getta ha rievocato il demone della plastica. Come se non bastasse, la lotta al virus e le misure per la ripresa economica che ne seguiranno rischiano di far accantonare i provvedimenti contro il cambiamento climatico.

La riscoperta della famiglia: qualcuno pronosticava addirittura un aumento delle nascite. In realtà, stanno aumentando separazioni e divorzi. Quanto alla natalità, essa è ai minimi storici, destando allarmi perfino negli Stati Uniti.

Il telelavoro, in Italia chiamato pomposamente “lavoro agile”. Quest’ultimo non dispiace nemmeno a me e credo sopravvivrà al virus – anche se con larga prevalenza della modalità ibrida -, ma non certo con gli accenti radicali, bucolici e vagamente millenaristici di alcuni suoi sostenitori. I privilegiati che lavoreranno a tempo pieno in un bungalow alle Maldive saranno pochi e, probabilmente, ci sarebbero stati anche senza l’incomodo e i morti della pandemia. Rinascita del Sud e dei piccoli borghi? Vedremo. Per ora, il mercato immobiliare urbano non ha subito il tracollo dei pronostici; anzi, gli Stati Uniti stanno vivendo l’ennesima bolla immobiliare.

Sono acido? Assolutamente sì. Del resto, nella vita esistono cose come il gorgonzola al cucchiaio: amarognole e venate di muffa, eppure tanto goduriose. Perciò, se la tua ultima lettera era profumata a… come dicevi? Con un’essenza biologica di rose e cardamomo? Ebbene, questa odorosa di gorgonzola.

Buon appetito a me.

Stan