Mia cara Berenice,
ieri, in tram, ho dato una mano a un gruppo di pellegrini che, parroco in testa, dovevano scendere al San Camillo. Venivano prevedibilmente da San Pietro, dove si erano tenute ben dieci canonizzazioni.
Le procedure per attribuire lo status di venerabile, beato e santo sono contenute non nel Codice di Diritto Canonico, ma nella Costituzione Apostolica “Divinus perfectionis magister”, promulgata da Papa Giovanni Paolo II il 25 gennaio 1983.
L’istruttoria spetta al Vescovo diocesano o altra Autorità ecclesiastica equiparata. Essa comprende in prima battuta un esame delle pubblicazioni del candidato, ma anche di scritti inediti come lettere e diari.
Solo se si conclude con successo questa fase per tabulas, si procede all’interrogatorio dei testimoni.
Una separata istruttoria, nel frattempo, dovrà stabilire se vi siano miracoli attribuibili al candidato.
Chiuse le due istruttorie, gli atti vanno trasmessi alla Sacra Congregazione per le Cause dei Santi.
Verificata la regolarità formale degli atti trasmessi dal Vescovo, si affida la causa a un Relatore che “aiutato da un Cooperatore esterno, farà la «Positio super virtutibus vel super martyrio», secondo le regole della critica agiografica”.
Una volta Redatta, la Positio viene esaminata da appositi esperti (Consultori) in storia e in teologia.
Come nella prima fase, una separata istruttoria affidata a esperti medico-scientifici e poi teologici ha luogo sui miracoli.
I due fascicoli vengono poi sottoposti alla Congregazione che esprime un parere da presentare al Papa, “al quale solo compete il diritto di decretare il culto pubblico ecclesiastico del Servo Di Dio”.
Le norme integrative e attuative della Costituzione Apostolica sono state emanate con Nota della Sacra Congregazione.
Innanzitutto, “per iniziare una Causa occorre che passino almeno 5 anni dalla morte del candidato”. Com’è noto, Papa Benedetto XVI ha ritenuto di dispensare dall’osservanza di questo termine il processo di santificazione di Papa Giovanni Paolo II.
Il Vescovo competente è quello della Diocesi in cui è morto il candidato, che agisce su istanza di un Postulatore designato da un gruppo promotore: può trattarsi di una Diocesi, una Parrocchia, un Ordine religioso, un’associazione, etc.
Il Vescovo, previo nulla osta della Santa Sede, costituisce un Tribunale Diocesano. Per il solo fatto di essere sub judice, il candidato acquisisce il titolo di Servo di Dio.
Se il giudizio del Tribunale Diocesano, della Sacra Congregazione e del Papa sono favorevoli, il Servo di Dio diventa venerabile, cioè può essergli tributato il culto.
Affinché il venerabile diventi beato, serve un miracolo avvenuto per intercessione del venerabile dopo la sua morte oppure la morte stessa avvenuta in odium fidei, ossia il martirio.
Per la santificazione occorre un ulteriore miracolo successivo alla beatificazione.
Non servono dunque tre miracoli come talvolta si dice, ma soltanto due, anzi uno solo per i martiri.
Il Papa può peraltro sempre attribuire la santità anche fuori dai presupposti sopra descritti. È anzi prassi farlo per i beati o santi adorati come tali da lungo tempo (procedura per equipollenza).
Nel 2017, infine, con motu proprio Papa Francesco ha equiparato al martirio “l’offerta della vita”, ossia l'”offerta libera e volontaria della vita ed eroica accettazione propter caritatem di una morte certa e a breve termine”.
Ave atque vale.
Stan