Un avvertimento dallo Sri Lanka

Mia cara Berenice,

come affermava il Grande Timoniere, la rivoluzione non sarà un ballo di gala, ma in Sri Lanka si è risolta in un bagno in piscina nella residenza presidenziale.

Niente spargimento di sangue, in un Paese da poco uscito dalla sanguinosissima guerra civile contro la minoranza tamil: una buona notizia, ma anche l’immagine di un Paese esausto e sfibrato, privo perfino della forza per combattere. Secondo la BBC, nell’ex Ceylon l’inflazione supera il cinquanta per cento, mancano la corrente elettrica e la benzina (perfino per il trasporto pubblico e medico), le scuole sono chiuse. Secondo il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite, più di un abitante su cinque è affetto da insicurezza alimentare e bisognoso di assistenza umanitaria.

L’ex colonia britannica è stata condotta sull’orlo del baratro dalla famiglia Rajapaksa che, dopo aver frequentato il pubblico foro per due secoli, si è impadronita del Paese governandolo come un feudo personale.

Grattando sotto la superficie, peraltro, si scopre un quadro che non è composto esclusivamente dal nepotismo, l’incompetenza e la corruzione naturali in un simile regime. Nello stendere il cahier de doléances contro la Dinastia, molti riservano un posto di rilievo ai massicci investimenti infrastrutturali, quelli che in Europa sono stati definiti “debito buono”, fino a diventare oggi l’ossatura del Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza varato dall’Unione Europea (Recovery).

Progetti costosissimi che, dopo la vittoria del Governo nella lunga guerra civile, dovevano trasformare lo Sri Lanka nella “nuova Singapore”, mentre non hanno generato i ritorni sperati e dato il colpo di grazia alle dissestate finanze pubbliche.

Certo, ci sono circostanze particolari.

I progetti non avrebbero avuto una pianificazione e valutazione d’impatto adeguate, anche per ragioni politiche e familistiche – ma non rischia di accadere lo stesso anche con il Recovery, imbastito e avviato così a rotta di collo?

Puntavano principalmente sul traffico marittimo di merci e subito dopo è venuta la pandemia – che però ha inciso soprattutto sul traffico di persone.

Sono stati finanziati dalla Cina con contratti capestro che hanno consentito a Pechino di impadronirsi delle infrastrutture mediante concessioni coloniali novantanovennali – ma avrebbe dovuto comunque esserci una ricaduta positiva sull’economia generale.

Insomma, sarà il mio inveterato scetticismo sul Recovery, ma le notizie che giungono da Colombo non mi rassicurano.

Un balneare saluto.

Stan

Europa e guerra, Europa in guerra, Europa di guerra

Mia cara Berenice,

non mi aspettavo tanto entusiasmo, da parte tua, per il riarmo della Germania: hai già dimenticato Sadova e la perdita del Lombardo-Veneto?

Oltretutto, in ambito militare l’Europa non spende così poco, piuttosto spende male. Poco fa, l’Alto Rappresentante Josep Borrell notava che le spese militari europee sono quasi l’equivalente di quelle cinesi e il quadruplo di quelle russe.

Da una parte, la Cina dichiara, secondo le stime, la metà di quanto spende. Dall’altra, immagino che Borrell non tenesse conto della Gran Bretagna, le cui forze armate non sono affatto disprezzabili.

Come mai una cleptocrazia come la Russia spende un quarto di noi e può permettersi interventi in Siria e Ucraina, mentre noi non oseremmo invadere il Bhutan? C’è il terror belli di cui l’Europa è imbevuta dopo due Guerre Mondiali, certo; ma ci sono anche, banalmente, duplicazioni e inefficienze, come dimostrato dal tentato intervento anglo-francese in Libia.

Inoltre, come diceva il mio vecchio amico G., grande esperto di guerra sottomarina, è inutile integrare le forze armate europee, finché non esiste una vera politica estera e di difesa comune, sottratta al diritto di veto di ciascuno Stato membro.

Tuttavia, l’infame guerra in Ucraina un impatto positivo l’ha avuto. Approfittando dello sconvolgimento portato dal conflitto, il senatore Giovanni Pittella, detto Gianni, già Vice-Presidente Vicario e capogruppo socialdemocratico al Parlamento Europeo, ha osato rompere un vero e proprio tabù. Nel corso di un’audizione davanti alla Commissione Finanze della sua Camera, Pittella ha ammesso che sul PNRR bisogna “avere il coraggio di guardare la realtà. Il termine ultimo del 2026 perché la spesa debba essere certificata è oggi irrealistico”. Naturalmente, Pittella ne incolpa soprattutto la guerra, ma ha l’onestà di accennare anche alle criticità amministrative, soprattutto nei Comuni.

Insomma, viene finalmente certificato l’ovvio. Perché costringere l’Italia, che fatica a spendere i fondi europei ordinari in un settennio, a impiegare una somma enormemente più elevata in un quinquennio? Nella peggiore delle ipotesi, sarà un plateale fallimento, non solo per l’Italia, ma anche per le Istituzioni europee e il processo di integrazione. Nella migliore, avremo una spesa di pessima qualità, forse ancora più deleteria.

Un profetico saluto.

Stan

PNRR

Mia cara Berenice,

sono lieto che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza austriaco intenda finanziare la tua Rete per la Sensibilizzazione all’Interconfessionalismo: mi pare un’ottima iniziativa che si colloca pienamente nel solco delle tradizioni imperiali austro-ungariche.

A me, viceversa, il Piano italiano suscita soprattutto apprensione.

Esso vale settecentocinquanta miliardi di euro – dato tratto dal Piano stesso, licenziato dal Governo e approvato dalla Commissione.

Il Piano dura da qui al 2026. Quindi, considerando che il 2021 è ormai agli sgoccioli, di fatto cinque anni.

Ordinariamente, l’Italia fatica a spendere poco meno di trentaquattro miliardi di euro di Fondi Strutturali e di Investimento europei in sette anni.

Si rafforzerà la macchina amministrativa, dirai tu.

Speriamolo.

Finora, è stato bandito un concorso per cinquecento assunzioni a tempo determinato. Si tratta, è vero, di una goccia in un mare di concorsi alluvionali e frettolosi, quasi si fossero spalancate la cateratte del cielo dopo anni di blocco delle assunzioni; queste ulteriori risorse, tuttavia, non lavoreranno sul PNRR, se non in casi singoli ed eccezionali.

È stata altresì istituita una banca data di curriculum, pomposamente ribattezzata “il LinkedIn della Pubblica Amministrazione”; mi sono iscritto io stesso, ma non è affatto chiaro in che modo verrà usata.

La consolidata prassi relativa ai Fondi SIE prevede che l’Amministrazione, per colmare i suoi deficit, si faccia supportare da società esterne, spesso grosse società di revisione, il cui compenso può essere pagato utilizzando i Fondi stessi. Questa possibilità, per il PNRR, non è prevista. Da un lato, è lodevole cercare di emancipare la macchina statale dalle costose e ingombranti consulenze esterne; dall’altro, non basta cancellare queste ultime con un tratto di penna, senza prevedere sistemi alternativi di potenziamento che non si vedono all’orizzonte.

Uno scaramantico saluto.

Stan

Buongiorno, Recovery

Mia cara Berenice,

“Buongiorno Italia gli spaghetti al dente / E Mario Draghi come Presidente / Il Recovery sempre nella mano destra / E Rutte affacciato alla finestra”.

Venerdì il Consiglio dei Ministri si è riunito e ha approvato quello che l’Ufficio Stampa della Presidenza del Consiglio ha ribattezzato “Decreto Semplificazioni”.

Il provvedimento consta di due parti, una in cui si delinea il sistema nazionale di gestione del Fondo, una seconda in cui, appunto in previsione dell’erogazione del Fondo, vengono disposte le famose semplificazioni.

Premetto di non aver letto il testo, ma di basare le mie considerazioni sul comunicato stampa della Presidenza che, comunque, dovrebbe dare del Decreto l’esposizione più agiografica possibile.

Il Recovery verrà gestito da un Cabina di Regia, affiancata da una Segreteria Tecnica, una Unità per la Razionalizzazione e il Miglioramento dell’Efficacia della Regolamentazione, un Tavolo Permanente e un Servizio Permanente; quest’ultimo, istituito presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, si occuperà del monitoraggio e della rendicontazione.

Ora, chiunque lavori nella Pubblica Amministrazione o la conosca anche sommariamente sa benissimo che Cabina di Regia, Segreteria Tecnica e Tavolo Permanente sono l’equivalente italico del Locomotor Mortis nell’universo di Harry Potter: formule magiche in grado di congelare tutto ciò che toccano, come nel castello della Bella Addormentata.

Quanto alle semplificazioni, viene gradatamente e parzialmente liberalizzato il subappalto. In compenso, si impongono alle imprese adempimenti e oneri ulteriori, fra cui spicca un “rapporto sulla situazione del personale in relazione all’inclusione delle donne nell’attività lavorativa”.

Insomma, se il buongiorno si vede dal mattino…,k

Un intirizzito saluto.

Stan