Ninnananna

Mia cara Berenice,

ieri sera sono stato con M. a un concerto jazz e blues dalle sue parti, in una traversa di via della Conciliazione. Prendendo posto, abbiamo notato una ragazza con un passeggino.

“Probabilmente la moglie o la compagna di qualche membro della band… ma come farà il bambino a sopportare il rumore?”

Sì, non ci siamo fatti gli affari nostri, lo ammetto, ma l’interrogativo sorgeva spontaneo. Il locale era piccolo e raccolto; viene usato anche come teatro, perciò l’acustica doveva essere potente. Sul palco, avvolta di luce dorata, incombeva la tacita minaccia di una batteria.

Poco dopo, mentre la presentatrice introduceva il concerto, la ragazza ha estratto il bambino dalla culla e gli ha infilato un paio di grosse cuffie di stoffa su misura e, mentre il padre si esibiva sul palco, il figlio gli ha fatto da contraltare con un impeccabile tacet.

L’episodio mi ha riportato a tanti anni fa, in un fumoso jazz club di C., con D. Altra ragazza ai tavolini, altro passeggino. Se entrarono in azione delle cuffie non lo ricordo, ma la madre si infilò un chiodo, saltò sul palco e si impossessò del microfono, i neri capelli corti, bellissima.

Ninna nanna, ninna o, questo bimbo a chi lo do.

Stan

P.S.: Non mi sono addormentato durante il concerto.

Inviti

Mia cara Berenice,

non fartene un tale cruccio, se la Principessa di Anhalt-Dessau ha declinato un tuo invito. Tra l’altro, l’impedimento di stare operando come medico militare in Ucraina mi sembra piuttosto inattaccabile e comprovato da innumerevoli foto sul suo profilo Instagram; va bene, magari le pose sono un poco ostentate, la mimetica attillata e le unghie lunghe, ma questo farà pure piacere ai feriti, no?

Del resto, invitare voi ragazze è sempre un affare terribilmente complicato. Proprio stamattina – cessato lo sciopero dei mezzi che mi ha costretto a prendere il taxi ieri – ne discutevano animatamente due adolescenti in tram.

“Probabile che la Ele porti Bea”.

“O che Bea porti Ele”.

“No”.

“No?”

“No”.

“Il problema è che Edo vuole fargli pagare i tredici euro”.

“Se devono pagare i tredici euro, non verranno mai”.

“Eh, però sarebbe giusto”.

“No che non sarebbe giusto, zio! Perché devono pagare il regalo di compleanno a uno che neanche conoscono? Se sono imbucate, sono imbucate”.

“Giusto, però almeno i tre euro”.

“Ok, i tre euro sì”.

Cifre, decimali, complicate operazioni e interi algoritmi si affastellavano nel fumo della mia mente assonnata.

Chissà come è andata a finire. Auguro loro la miglior fortuna. Spero non abbiano scoperto che Ele sta con un commercialista trentacinquenne con studio sulla Collatina, mentre Bea prenderebbe in considerazione solo un vegano crudista con profilo astrale compatibile.

Un saluto.

Stan