Il maggio radioso

Mia cara Berenice,

siamo ormai a metà maggio e fa ancora gradevolmente fresco. Al Nord finalmente piove, senza accompagno di vento o tempesta, con gran sollievo degli agricoltori. Non ho ancora fatto il cambio di stagione, se non per i giacconi pesanti, si dorme ancora meravigliosamente con la coperta. Un cielo grigio e una pioggerellina fessa che mi riportano ai bei tempi dell’infanzia, quando in maggio l’estate era ancora un’idea lontanissima.

Ricordo bene il giorno in cui tutto cambiò. Ero al Liceo, in ricreazione, sotto la fila di pilastri di cemento che delimitavano la striscia di cortile non invasa dalle erbacce. Un ragazzo piuttosto modaiolo si lamentava che, a causa del “caldo assurdo”, rischiava di non indossare mai il nuovo giacchino che aveva acquistato. Una ragazza cercava di consolarlo, ipotizzando che potesse sfoggiarlo di sera. Rientrati in aula, il professore di Storia e Filosofia espresse l’auspicio che quell’insolito caldo precoce allentasse la sua presa: “Anche per quelli che devono fare la maturità… con questo caldo…” “Cazzi loro,” sibilò una ragazza fanatica della tintarella.

Un “cazzi loro” che conferma quanto già attestato dalla scienza e dalla cinematografia, ossia che il caldo, in aggiunta ai tanti altri inconvenienti, rende anche aggressivi. Mi chiedo se sia stato assolato quel famoso maggio radioso del 1915, quando qualcuno pensò bene di manifestare per l’entrata in guerra dell’Italia e, proprio quando non serviva, delle manifestazioni di piazza sortirono l’effetto voluto. Sì, doveva fare caldo, davvero caldo, se D’Annunzio a Quarto, a un evento commemorativo della Spedizione dei Mille, poté esibirsi addirittura in una riscrittura blasfema delle Beatitudini: “Beati i misericordiosi, perché avranno da tergere un sangue splendente, da bendare un raggiante dolore. Beati i puri di cuore, beati i ritornanti con le vittorie, perché vedranno il viso novello di Roma, la fronte ricoronata di Dante, la bellezza trionfale d’Italia”.

Uno sconcertato saluto.

Stan