Mia cara Berenice,
fai male a deridere lo sforzo, meritorio e anzi tardivo, della Principessa Festetics per aggiornare le regole del galateo al nuovo passatempo del padel. Io appoggio quell’arzilla vegliarda e anzi sto stendendo a mio volta un galateo per l’interazione con il dipendente pubblico – temo peraltro non esportabile in Austria, in quanto risentirà delle specificità culturali e ambientali italiche.
Intendo esordire con un tono conciliante, mostrandomi benevolo sulle trite battute sulla timbratura del cartellino, l’assenteismo, i ritmi ieratici e le pause caffè.
Fatta questa premessa e captatio benevolentiae, metterò in guardia dal chiedere favori al dipendente pubblico per incardinare o agevolare qualche pratica. Non solo perché, nella vaga e sfumata fisionomia del diritto italiano – un punto, l’incertezza ordinamentale, su cui tornerò tra breve – tutto è potenziale reato o illecito deontologico o disciplinare; ma soprattutto in quanto, nella generalità dei casi, il funzionario non può fare nulla.
Innanzitutto, la pratica potrebbe non essere di competenza della sua Amministrazione di appartenenza: e ve ne sono così tante che la dottrina ha coniato l’altisonante “principio della pluralità degli enti”. Poi, anche all’interno di una stessa Amministrazione, vi sono più uffici, di cui dirigenti e funzionari difendono ferocemente le prerogative, spesso in pessimi rapporti reciproci. Infine, come brillantemente scrisse Leonardo Sciascia, in Italia il vero potere, palese od occulto che sia, semplicemente non è detenuto da nessuno. Se la macchina pubblica o la società civile producono qualcosa, cioè è il risultato di un complesso di circostanze imponderabili e comunque non interpolabili, così come un certo incrocio di correnti atmosferiche crea una tromba d’aria. È peraltro possibile che questa non sia una specificità italica, ma una costante universale, suscettibile addirittura di assurgere a teoria eziologica: la teoria delle concause, che Carlo Emilio Gadda attribuiva al suo commissario Ingravallo.
Disgraziatamente – e lo dico con piena sincerità: al funzionario piacerebbe darsi arie d’importanza e fare un favore a qualcuno – ciò vale anche per l’innocua, asettica, astratta richiesta di un parere sulla normativa o la prassi applicabile. Quest’ultima sarà, nella generalità dei casi, intricata oscura e arbitraria, e il collega dell’ufficio direttamente competente, ove interpellato, non ne saprà di più; anzi, la sua esperienza pratica nell’applicazione della norma aggiungerà ulteriori sfumature di incertezza a una disposizione che, letta sulla Gazzetta Ufficiale o sul corrispondente Albo o Bollettino, pareva quasi chiara.
A questo punto, secondo una consolidata tecnica manageriale, allenterò la tensione e riprenderò i toni concilianti iniziali, precisando che il funzionario sarà lieto di esporre le procedure di concorso e di reclutamento, il contenuto e il funzionamento del suo lavoro, i relativi vantaggi e svantaggi, perfino di far visitare fisicamente l’ufficio, ove possibile.
Per caso conosci qualche casa editrice specializzata o qualcuno all’Accademia Italiana del Galateo di Roma? Pare abbia sedi anche a Milano, Napoli e Firenze.
Un compito inchino.
Stan