Fiori nel deserto

Mia cara Berenice,

ieri una pioggia battente cadeva su Roma, nel primo giorno della vittoria della destra.

Oggi splende il sole ed è accaduto qualcosa di ancora più straordinario.

Ieri sera, un’agenzia di traduzione ceca per cui lavoro mi ha notificato che un grosso progetto dato in appalto da Google, a cui partecipo ormai da anni, sarebbe stato chiuso per disposizione del committente.

Come compensazione, mi veniva offerto un altro progetto, sempre per il gigante americano. Per aderire all’offerta, dovevo accedere al portale commerciale (business) aziendale, inserire un codice, aggiornare i miei dati personali e commerciali, superare un test.

Ebbene, tutto ciò ha funzionato. Certo, ho dovuto rigenerare la password per il portale aziendale, ma era il minimo sindacale. A proposito, ora che ci penso, stamane ho partecipato a una riunione sindacale in modalità ibrida e anche lì tutto è filato liscio: niente problemi con i microfoni casalinghi o direzionali, niente ritorni d’audio, niente connessioni traballanti, nulla.

Insomma, niente panico, anzi: ottimismo e, per restare nell’ambito della politica vintage, sole che ride.

Sarebbe molto più grave se, improvvisamente, gli autobus dell’ATAC arrivassero in orario, un evento che segnerebbe non il mero ritorno di un regime fascista, ma più probabilmente uno strappo nel tessuto stesso dell’Universo.

Un tranquillizzante saluto.

Stan

Affluenza

Mia cara Berenice,

come già ti ho scritto, oggi si vota in Italia per le elezioni politiche. È prevista una affluenza marcatamente bassa, eppure il mio seggio era così affollato che le code davanti alle varie Sezioni si intersecavano stringendo un nodo di Gordio. Una suora scendeva le scale, il documento di identità e la tessera elettorale in un bustone ocra del Comune. Un’anziana signora, spossata dai gradini, faceva una sosta sul pianerottolo, sostenuta dal figlio. All’ingresso della mia Sezione, si ironizzava sui seggi e le liste ancora segregate per sesso, che finivano per favorire i più sparuti votanti maschi. Insomma, un quadro pittoresco e paesano che sembrava spazzare via, almeno fuggevolmente, le inquietudini allarmiste dei commentatori.

Va peraltro detto che le urne sono aperte solo oggi e soprattutto che in Italia, quando si parla di bassa affluenza, si parte comunque da una base molto alta.

Anche se la destra parte con i favori del pronostico, il risultato ha dei margini di incertezza. Non verranno diffusi proiezioni o exit poll fino alla chiusura delle urne, stasera alle 23.

Roma vota dopo una vigilia temporalesca, trascorsa dalle Autorità all’affannosa ricerca di scrutatori. Anche su questo incarico che si mormora essere ben pagato si sono abbattute, evidentemente, le Grandi Dimissioni. Pensa se la giornata fosse meno fresca e invitasse a un’ultima puntata al mare…

Un civico saluto.

Stan

Fog of war

Mia cara Berenice,

lamentarsi della politica è uno sport nazionale a tutte le latitudini, ma è la prima volta che, per quanto mi sforzi, continuo a dimenticarmi delle elezioni previste per il giorno dopo; è come se, nella mia mente, una nebbia circondasse questa informazione.

Pur lavorando in centro storico e frequentandolo spesso, non mi sono accorto dei comizi in Piazza del Popolo, nemmeno di riflesso per la presenza delle Forze dell’Ordine o il traffico.

Pochissimi manifesti, nessun volantino nelle cassette delle lettere. Oggi hanno suonato al citofono, pensavo fosse qualche attivista, era la Polizia Municipale che avvertiva di sgomberare le auto dalla strada, prima dei lavori di asfaltatura.

Nessuna manifestazione pacifista, blande le proteste per l’aumento delle bollette.

Nessuna traccia dei sondaggi clandestini che solitamente ravvivavano la Rete con pittoresche allegorie di corse ippiche o conclavi ecclesiastici.

A Palazzo Chigi, il prossimo Presidente del Consiglio ci arriverà strisciando nei tunnel e nelle fogne, come una pattuglia avanzata del Vietcong.

Un silenzioso saluto nell’umida notte indocinese.

Stan

Esche e trappole

Mia cara Berenice,

quando ti svegli ogni mattina con il Demonio che ti alita sulle finestre, diventa normale acquisire un certo interesse per le previsioni meteorologiche. Gli algoritmi si adeguano e ti propongono diversi siti specializzati, spesso con titoli a caratteri di scatola che promettono clamorosi abbattimenti delle temperature, piogge temporali e grandine, la rovina di Ferragosto, etc.; aperto l’articolo, scopri che non si prevede nulla del genere, ma un costante permanere del caldo a tempo indeterminato – fossero così stabili i contratti di lavoro, la piaga del precariato sarebbe sradicata.

Click bait, esca per clic, è la locazione anglosassone che viene in considerazione. Un sottogenere del click bait è la thirst trap, la trappola per la foia, basata sugli ammiccamenti sessuali: ad esempio, al titolo “Caldo da record” viene abbinata la foto di una ragazza in bikini sdraiata in spiaggia, strategicamente inquadrata.

Del click bait imperversa anche la variante politica, ossia il promettere rivelazioni clamorose, repentini rovesciamenti di fronte, tempeste di stracci ai vertici del Governo o dei partiti. Ad esempio, “Parla la gola profonda di Palazzo Chigi – Il Governo è condannato”; aperto l’articolo, si scopre che un anonimo funzionario del Ministero dell’Agricoltura ha espresso timori su una possibile procedura d’infrazione della Commissione Europea in materia di allevamenti di conigli.

Sarebbe facile concluderne che bisognerebbe rendere il pubblico più consapevole. Viceversa, bisogna sperare che non lo diventi mai, altrimenti rischierebbe, come nella favola di Pierino e il lupo, di non credere più ad allarmi veramente fondati… e forse è in parte quanto sta succedendo con i vari negazionismi.

Un composto saluto.

Stan

Sulla politica del Mondo Magico

Mia cara Berenice,

ieri Reggio Calabria era flagellata da un tempo freddo e piovoso fuori stagione, per cui, consumato il parco desco pasquale, siamo andati al cinema.

Davano l’ultimo capitolo della saga degli Animali Fantastici (non ho modo di annotare gli estremi precisi) e la visione è stata, oltre che piacevole, chiarificatrice dell’assetto politico del Mondo Magico.

Come già si evinceva dai film di Harry Potter, le comunità di maghi sono organizzate su base nazionale: ogni Stato ha il suo Ministero della Magia, l’equivalente del nostro Governo – probabilmente perché, in inglese, “Ministry” significa sia “Ministero”, sia “Governo”.

I vari Ministeri nazionali sembrano organizzati in modo piuttosto omogeneo, tanto da avere tutti un Ufficio Auror.

A livello mondiale, formano una Confederazione nel cui ambito i maghi di tutto il mondo eleggono direttamente un Capo. Le elezioni sono organizzate e supervisionate da un Ministro della Magia nazionale, probabilmente a rotazione.

Se è avanzato dal punto di vista dell’integrazione internazionale/sovranazionale, il Mondo Magico sembra piuttosto arretrato sul versante dei diritti civili. Già nella saga di Harry Potter avevamo visto processi sommari e carceri decisamente inospitali.

Ne “I segreti di Silente”, osserviamo un personaggio arrestato senza mandato e senza udienza di convalida, ma soprattutto appeso a testa in giù in un carcere sotterraneo i cui inquilini sono sistematicamente decimati, in modo apparentemente casuale, da un mostro abominevole.

Quasi quasi, è preferibile il mondo babbano… quantomeno se si vive nello Stato giusto.

Viva gli sporchi mezzosangue, viva Hermione Granger!

Stan

Sulla costituzione dell’Arabia Saudita

Mia cara,

non credo sia così strano che la tua amica dell’Accademia delle Belle Arti si chiami Principessa Saud. A quanto ho capito, la Famiglia Reale saudita è praticamente un’etnia, con decine di migliaia di membri e di Principi.

Per quanto riguarda la vostra appassionata disputa sui diritti della donna nel Regno, ti consiglierei di non alzare troppo la voce con Sua Altezza: il caso Khashoggi che tu stessa hai citato, dopotutto, dimostra che il Governo saudita non ha troppe remore a usare la mano pesante fuori dai suoi confini.

Certo che hai ragione tu sulle presunte riforme annunciate o attuate nel Regno.

In uno Stato dall’ordinamento fluido come l’Arabia Saudita, è difficile distinguere le politiche pubbliche dal capriccio momentaneo del Sovrano o di chi manovra dietro le quinte del trono, così come, nella Germania nazista retta dal Führerprinzip, la parola di Hitler o di un suo manutengolo poteva essere interpretata e trasmessa come legge dello Stato.

Volendo essere formalisti, l’Arabia Saudita non ha nemmeno una costituzione, ma solo una Legge Fondamentale di Governo, promulgata per Regio Decreto nel 1992.

Volendo essere ancora più formalisti, l’articolo 1 della Legge designa quale Costituzione il Corano e la Sunna, ossia le norme emanate da Maometto anche per facta concludentia. Corano e Sunna, come sai, sono soggetti a diverse ricognizioni e interpretazioni, nessuna delle quali autoritative, a differenza di quanto avviene per determinati atti del Pontefice o dei Concili Ecumenici nel Cattolicesimo.

L’articolo 45 della Legge disciplina le autorità religiose, ma senza renderle partecipi del potere legislativo, esecutivo o giudiziario e menzionando solo le fatwa, i responsi dei giuristi islamici tradizionalmente considerati non vincolanti. Il potere giudiziario è riservato a giudici nominati dal Re e soggetti solo alla legge islamica, nonché alle norme emanate dal Re stesso. Non consta che abbiano il potere di dichiarare nulle, annullare o disapplicare le leggi regie, nemmeno per contrasto con il diritto islamico.

Il potere legislativo è disciplinato in modo stringato, vago e nebuloso. Dal raffronto della Legge sul Consiglio Consultivo del 1992 e della Legge sul Consiglio dei Ministri del 1993, si evince che sostanzialmente il Re legifera per decreto.

A tutto questo, aggiungi che le regole per la successione al trono non sono affatto chiare. La corona spetta alla famiglia Saud che però, come abbiamo detto, è vastissima. Il trono non si eredita automaticamente secondo il vincolo di sangue, come accade nella maggior parte delle monarchie, ma la linea di successione viene determinata in concili familiari sui quali la Legge Fondamentale serba il silenzio più completo, così come sul criptico obbligo di “consultazione” (shura) del Sovrano, di cui il Consiglio Consultivo è espressione principale, ma non esclusiva. Secondo la BBC, un regio decreto del 2007 avrebbe istituito un ulteriore Consiglio (denominato “di Fedeltà”) per prevenire incertezze, intrighi e lotte di successione. Obiettivo mancato, se è vero che, tra il 2017 e il 2020, ci sarebbero state delle vere e proprie purghe all’interno della Famiglia Reale, con numerosi arresti eccellenti e qualche morte sospetta.

In un simile contesto, se da un lato si può dire con certezza che l’Arabia Saudita è uno Stato non democratico e ultraconservatore, dall’altro è assolutamente impossibile stabilire se le timide riforme liberali citate dalla tua amica siano sincere o anche solo coerenti con l’indirizzo politico generale.

Di certo, si tratta di un’organizzazione statuale del tutto magmatica e imprevedibile, la cui esistenza e sovranità su deserti impregnati di petrolio e sui luoghi più sacri dell’Islam costituisce senza dubbio un enorme grattacapo per le diplomazie straniere.

Un saluto a braccia allargate.

Stan

Spes

Mia cara Berenice,

eravamo quattro amici al bar. Solo che non eravamo in quattro ed eravamo in una casa privata, a tarda serata, seduti davanti ad avanzi di fregola e di torta, a bucce di mandarini e di frutta secca.

Complice la presenza di un presidente di seggio, parlavamo con enfasi insolita e febbrile di politica e del ballottaggio per cui si sono aperte le urne oggi. Dei candidati di seconda linea schierati dai partiti principali, del fatto che uno dei due fosse un ex Ministro dell’Economia, e allora, se è considerato una seconda scelta per il Campidoglio, chi ci mandano a via XX Settembre? Nessuno stupore che, nel rispondere alle interrogazioni parlamentari, balbettasse e cadesse in errori marchiani.

Parlavamo del rapporto tra Sindaco e burocrazia, tra ordinaria e straordinaria amministrazione, tra Stato e Comune, tra Comune e Municipi.

Si facevano previsioni sull’affluenza e sul risultato.

Insomma, c’è ancora speranza.

Stan

Chi disprezza compra

Mia cara Berenice,

stamattina un quotidiano locale ironizza sulla pletora di candidati alle prossime elezioni comunali, alcuni dei quali talmente sconosciuti che la Redazione non è riuscita a rintracciarli.

Ah, la politica! Essa è simile alla ragazza bella e sofisticata di un paesino. A parole tutti la disprezzano, segretamente le donne la invidiano, gli uomini la desiderano.

Il travet che, in ufficio coi colleghi, se ne dice disgustato, la sera ingurgita, dopo la cena predisposta dalla moglie, una tribuna politica dopo l’altra, mentre la poveretta si rifugia in camera a guardare la replica di una fiction con Gabriel Garko.

Il campagnolo più indurito e chiuso accetta un posto in lista per il Consiglio Comunale, perché il gettone di presenza sarà miserrimo, ma c’è pur sempre il prestigio… e poi, non si sa mai… da cosa nasce cosa… magari quella vertenza col Consorzio Idrico Obbligatorio si appiana.

L’imprenditore, dalle colonne della stampa locale, lancia strali contro l’ingerenza tentacolare dello Stato nell’economia, ma saluta bonariamente gli uscieri del Governatorato mentre va dal Direttore Generale a sollecitare appalti, concessioni, contributi, magari perfino dazi.

Naturalmente, vale anche l’opposto. Il sindacalista chiede al Governo “Piani Industriali”, ma poi, come un antico magistrato del Parlamento di Parigi, non tollera che entrino in vigore nuove norme di diritto del lavoro senza averle negoziate.

Ricordo poi la mesta intervista rilasciata, dopo la pensione, dall’ultimo politico comunista italiano di un certo rilievo, che si stupiva dolorosamente per lo scandalo suscitato dalla sua abituale frequentazione dei salotti buoni romani.

Un po’ come tua madre che, dopo una vita di fanatica militanza cattolica, comincia ora a prendere le distanze da una Santa Sede da lei percepita come troppo progressista.

Un disinteressato saluto.

Stan

Centralismo democratico

Mia cara Berenice,

come ti preannunciavo, oggi A. ha voluto offrire il pranzo per il suo compleanno: primi romani a Trastevere, dolci siciliani a poca distanza.

Consumato il pasto tutt’altro che leggero, io e un altro commensale, entrambi residenti a Monteverde, ci siamo trovati d’accordo nel tornare a casa a piedi per il mio risaputo itinerario Gianicolo-Villa Pamphili.

Extremo tempore, giunti ormai al bistrot, siamo stati intercettati con un colpo di freno da un ragazzo in bicicletta, impegnato nella propaganda elettorale per le primarie del Partito Democratico.

“Noi sosteniamo Gualtieri come candidato Sindaco e Tizio, un ragazzo molto giovane e bravo, giornalista, come consigliere del XII Municipio”.

Almeno, aveva parlato chiaro. All’Università, le propagandiste di Comunione e Liberazione ti fermavano nei corridoi per “spiegarti come votare” alle elezioni degli organi accademici: “Ad esempio, puoi mettere la croce sulla lista Alfa e indicare come preferenza Caio”.

Dopo esserci intrattenuti sui rispettivi trascorsi professionali nelle Venezie (essendo del PD, aveva ovviamente lavorato nella startup di un incubatore d’impresa), ci siamo congedati, non prima di aver ricevuto biglietti da visita e volantini.

“Ma scusa,” ha borbottato il mio accompagnatore, “il candidato Sindaco del PD non è già Gualtieri? Allora perché ci chiedono di votarlo alle primarie?”

“Il PD,” l’ho catechizzato, “è l’erede del PCI. Nei Partiti Comunisti comanda il Segretario Generale, ma poi ci sono procedure, Comitati e Sottocomitati”.

Un po’ come nelle associazioni e comitati benefici presieduti da tua madre.

Un rituale saluto.

Stan

Bureau de vote

Mia cara Berenice,

è piuttosto confortante vedere i francesi in coda per le elezioni amministrative, anche a Parigi.

Quanta astinenza poteva tollerare ancora una città rimasta senza sindaco fino al 1977?

Quanta astinenza dalla politica poteva tollerare ancora quello che è forse il Paese più politicizzato del mondo, nel bene e nel male?

La Francia ci ha dato la Rivoluzione, la codificazione, il semipresidenzialismo (semi-présidentialisme).

Dall’altra parte, ha faticato a trovare unità e coesione nazionale anche nei frangenti più drammatici.

Parafrasando lo Scalfari de “Il divo” (Italia-Francia, 2008), mi chiedo infatti: “È un caso che la Rivoluzione Francese, nata come faro di speranza per l’umanità intera, come precipitato dei più alti ideali filosofici, si sia coagulata in un grumo di sangue? È un caso che Napoleone sia stato così disinvoltamente messo da parte dai suoi connazionali dopo la prima sconfitta e abbia ottenuto un sostegno fragile, di cartapesta durante i Cento Giorni? È un caso che la disfatta di Sedan abbia dimostrato, oltre alla superiorità militare prussiana e germanica, le fragilissime fondamenta politiche del Secondo Impero? È un caso che l’analoga, celeberrima sconfitta del 1940 abbia fatto seguito a un periodo di violentissima frammentazione politica? È un caso che le sconfitte d’Indocina e d’Algeria siano maturate in un clima analogo e abbiano portato la metropoli sull’orlo del putsch militare?”

Forse sì. Dopotutto, ne “Il divo”, Scalfari viene soavemente tacitato da Andreotti.

Consentimi comunque di crogiolarmi al suono musicale di locuzioni come “Bureau de vote” e “Mairie de Paris”.

Un salut cordial.

Stan