Mia cara Berenice,
troppe volte e troppo a lungo, oramai, mi sono dilungato sul jackpot inverno-Natale-ATAC.
Non posso quindi dirti che stamattina pioveva a dirotto e ancora piove.
Non posso raccontarti che, ieri, lungo Viale di Trastevere il traffico era talmente immobile che i passeggeri dell’autobus si sono ammutinati, costringendo l’autista a farli scendere lungo la strada.
Non posso aggiungere che, oggi, tutte le classi prime di una scuola elementare sono salite già a Monteverde, restando a bordo fino al capolinea.
Ti intratterrò, quindi, su un argomento ugualmente noioso: il Decreto-Legge. Antico compagno di strada delle Istituzioni italiane, ce lo sta mostrando sotto una nuova luce l’imminente scadenza del 31 dicembre 2022, resa più cogente dall’avvio del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il PNRR si distingue dalle tradizionali Programmazioni dei Fondi Strutturali e di Investimento Europei (Fondi SIE), oltre che per la minor durata e la maggior dote finanziaria, in quanto prevede come obiettivi non solo la chiusura di progetti e il raggiungimento di tetti di spesa, ma anche il varo di riforme.
Che ci vuole, dirai tu. Alla fin fine, la riforma è un pezzo di carta, da far firmare al Presidente della Repubblica, controfirmare dal Presidente del Consiglio e dai Ministri, vistare dal Guardasigilli e pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale. Lo credevo anch’io… e invece no. A quanto pare, esistono dossier legislativi scottanti, come la Legge sulla Concorrenza. In ogni caso, anche su questo fronte si registrerebbero difficoltà e la Commissione Europea avrebbe già avvertito il Governo che un Decreto-Legge non vale a far raggiungere un obiettivo di riforma, a meno che non sia convertito in Legge dal Parlamento entro il 31 dicembre.
Ai sensi del terzo comma dell’articolo 77 della Costituzione, infatti, i Decreti-Legge “perdono efficacia sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione”. Naturalmente, in sede di conversione, le Camere possono modificare le norme del Decreto.
L’ennesimo colpo di scena sfoderato, ormai in pieno terzo millennio, da un atto normativo più antico dell’Italia stessa. Il Decreto-Legge nasce, infatti, nel Piemonte-Sardegna, dove nel 1848 Re Carlo Alberto di Savoia fu costretto a concedere lo Statuto.
Lo Statuto, detto appunto Albertino, non fa menzione del potere del Re o del Governo di legiferare per decreto. Viene invece affermato con forza il potere legislativo condiviso dal Re e dalle Camere: queste ultime approvano le Leggi, il Sovrano le promulga. Una volta firmata dal Re, la Legge è suprema: anche quando violasse lo Statuto, non c’è giudice che abbia il potere di dichiararla nulla, annullarla o disapplicarla. Un potere legislativo forte che, oltre a essere conforme alle tradizionali teorie della separazione dei poteri, nelle intenzioni doveva andare a beneficio soprattutto del Parlamento e, specificamente, della Camera dei Deputati elettiva.
Paradossalmente, proprio questo potere legislativo forte della Camera finì per favorire la nascita spontanea dei Decreti-Legge. La Legge, infatti, non aveva limiti, nemmeno di efficacia nel tempo. Si affermò quindi la prassi per cui il Governo legiferava per decreto e il Parlamento, con Legge, ratificava retroattivamente.
Dopo l’ascesa al potere del fascismo, il Governo Mussolini ne approfittò per far approvare, nel 1926, la Legge “Sulla facoltà del potere esecutivo di emanare norme giuridiche”. I Decreti-Legge emanati dal Governo restavano così in vigore per ben due anni; spirato tale termine senza essere stati convertiti in Legge, cessavano semplicemente di avere effetto.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, nella stesura dell’attuale Costituzione repubblicana, si preferì codificare l’istituto del Decreto-Legge, per timore che risorgesse per prassi spontanea, così come dal nulla era comparso dopo l’entrata in vigore dello Statuto Albertino. Il Decreto-Legge conserva così i nominali presupposti di necessità e urgenza, ma soprattutto deve essere convertito in Legge entro sessanta giorni, pena la perdita d’efficacia retroattiva. Anche così, e nonostante gli sforzi di Presidenza della Repubblica e Corte Costituzionale di reprimere almeno gli abusi più clamorosi, l’utilizzo del Decreto-Legge rimane patologico. Secondo la banca dati ufficiale Normattiva, dal 1946 a oggi ne sono stati emanati più di 3.500, e potrebbero essere sfuggiti alla ricerca alcuni Decreti-Legge emanati con denominazione diversa.
Un esausto saluto.
Stan