Papa non Papa

Mia cara Berenice,

complimenti sinceri all’Argentina. Al di là della naturale antipatia suscitata dalla Francia in ogni persona ragionevole, non è facile riprendersi dal colpo psicologico di un pareggio al 118°.

Congratulazioni anche al Pontefice regnante, già Arcivescovo di Buenos Aires, che ha appena rivelato alla stampa di aver firmato una lettera di dimissioni per l’eventualità di malattia o altro impedimento. La sottoscrizione del documento, consegnato al Cardinal Segretario di Stato, sarebbe ormai prassi costante per i Pontefici appena eletti. Confesso che lo ignoravo, mi era nota solo la lettera firmata da Papa Pio XII nel 1943, dopo l’occupazione tedesca di Roma.

Sarebbe tempo che la Chiesa regolasse espressamente la questione della malattia o impedimento del Pontefice regnante. Attualmente, nessun organo è titolato a dichiarare il Papa incapace di esercitare le sue funzioni e nessun organo è competente a farne le veci – nemmeno, contrariamente a quanto si crede, il Cardinale Camerlengo.

Oltretutto, sarebbe una buona occasione per spazzare via alcune teorie giuridiche brandite dagli ultraconservatori per delegittimare i Pontefici da loro ritenuti progressisti – di solito, tutti quelli postconciliari. Si potrebbe cioè rimarcare, anche prevedendo sanzioni penali in caso di violazione, che nessun organo esterno alla Santa Sede o alla Curia Romana può dichiarare invalida o inefficace l’elezione di un Papa o l’abdicazione di un predecessore, né tantomeno dichiarare decaduto e scomunicato un Pontefice per presunte deviazioni dalla dottrina – possono sembrare tesi fantasiose, ma ti assicuro che sono all’ordine del giorno negli ambienti più reazionari.

Un saluto sedeplenista.

Stan

Illuminazione sulla via di Kiev

Mia cara Berenice,

il Pontefice ha rilasciato a La Civiltà Cattolica, la rivista della Compagnia di Gesù fondata nel 1850, un’intervista balzata agli onori della cronaca soprattutto nella parte dedicata alla guerra in Ucraina.

Dopo aver ammonito che “non ci sono buoni e cattivi metafisici”, il Papa, citando un Capo di Stato straniero anonimo che aveva previsto la guerra, ha ripreso la sua nota frase sull’abbaiare della NATO alle porte della Russia.

Non è su questo, però, che voglio soffermarmi. Fedele alla sua augusta tradizione diplomatica, la Santa Sede sta portando avanti una mediazione che potrebbe rivelarsi di valore, in una controversia non priva di riflessi religiosi. Al fianco del Cremlino c’è – come sempre nella storia – il Patriarcato di Mosca e i nazionalisti russi tacciano l’Ucraina non solo di neonazismo, ma anche di cattolicesimo. Significativamente, la Russia ha accolto con favore i felpati passi della Santa Sede. Quindi, ben vengano gli equilibrismi, tipici del resto dell’ambiente curiale romano.

Quello che più mi ha colpito, forse addirittura spaventato, è come proprio nel pieno del suo sforzo di bilanciamento il Papa abbia pronunciato una frase illuminante ai miei occhi, ma nel senso opposto a quello auspicato da Sua Santità. “Non capiscono,” ha detto il Pontefice, sempre citando l’innominato Capo di Stato straniero, “che i russi sono imperiali”.

È vero, verissimo. Il Presidente russo Putin stesso, in questi giorni, ha rievocato lo Zar Pietro il Grande. Altri commentatori avevano già espresso lo stesso concetto, in modo più articolato del Papa, ma con minore forza di sintesi, la sferzata del lampo che squarcia l’oscurità.

Come può un impero vivere all’interno di un ordine internazionale che, pur nell’effervescente ed effimero frizzare della globalizzazione, resta solidamente imperniato sugli Stati nazionali? Non può o ci riesce a fatica, adottando una pelle ibrida sempre suscettibile di muta, di essere gettata secca e accartocciata a terra.

Un documentaristico saluto.

Stan

La Santa Sede e i media

Mia cara Berenice,

Stalin avrebbe una volta chiesto: “Di quante divisioni dispone il Papa?”

Divisioni, è possibile che non ne abbia addirittura mai avute, immaginando che i vari eserciti pontifici fossero articolati in unità diverse.

Di certo, nella sola Italia, il Papa schiera almeno due grandi emittenti radiofoniche.

Quella ufficiale è la Radio Vaticana, il cui Centro Trasmittente di Santa Maria di Galeria è stato oggetto di uno scrutinio piuttosto malevolo, anche da parte dell’Autorità giudiziaria, per la presunta emissione di onde elettromagnetiche dannose per la salute umana. La Santa Sede, da una parte, ha invocato l’extraterritorialità del Centro, ai sensi di un accordo aggiuntivo ai Patti Lateranensi del 1951; dall’altra, avrebbe più recentemente disattivato gran parte delle “gigantesche antenne”, come riporta il principale quotidiano di Roma.

Nonostante questa indesiderata notorietà, se tu chiedessi all’italiano medio qual è la radio del Papa, ti verrebbe risposto senza esitazione: “Radio Maria”.

Nata da un’umile emittente parrocchiale, Radio Maria è celebre per la sua capacità di raggiungere i più riposti anfratti del territorio nazionale, grazie a una rete capillare di ripetitori che sarebbe superiore perfino a quella della radiotelevisione di Stato.

Indenne da accuse di attentato alla salute pubblica, non è sfuggita a quelle di conservatorismo ultramontano. Nel 2016, la segreteria di Stato vaticana ha preso le distanze dalle affermazioni di padre Giovanni Cavalcoli che, ai microfoni della radio, aveva interpretato un terremoto nell’Italia centrale come la punizione divina per il riconoscimento giuridico delle unioni civili fra persone dello stesso sesso.

Una presenza mediatica travagliata, dunque, e nemmeno così capillare. Per quanto riguarda la carta stampata, al di fuori dell’istituzionale Osservatore Romano non ci sono quotidiani cattolici nazionali di peso, mentre è relativa l’influenza di riviste come Famiglia Cristiana, delle Edizioni San Paolo (meglio note, un tempo, come Edizioni Paoline).

La Santa Sede non ha una propria TV, ma all’interno della TV di Stato italiana esiste un’apposita sezione Vaticano che garantisce la trasmissione della Messa domenicale e dei più importanti eventi religiosi.

Quanto infine ai nuovi media, su Twitter esiste il profilo @Pontifex, lanciato nel dicembre 2012 da Papa Benedetto XVI e piuttosto attivo.

Su Facebook ha un profilo ufficiale Vatican News, “servizio informativo realizzato dai media del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede”, dotato anche di un canale YouTube.

Per Instagram e TikTok immagino sia ancora troppo presto.

Nel complesso, una presenza mediatica ragguardevole, ma non così massiccia come suggerirebbero i luoghi comuni sull’Italia, ancora diffusi anche all’interno dei confini nazionali.

Basti pensare che, all’apice della sua potenza, Berlusconi controllava indirettamente – in quanto Presidente del Consiglio dei Ministri o in quanto patriarca dell’impero familiare – sei canali televisivi su sette, oltre a una parte consistente della stampa e dell’editoria; ed erano tempi in cui il predominio della televisione era ancora pressoché assoluto.

Insomma, per tornare alla metafora di Stalin, nessuna divisione corazzata della Guardia; al massimo, un discreto reggimento di fucilieri meccanizzati.

Un caro saluto.

Stan