La fidanzata russa

Mia cara Berenice,

immagina la conversazione su WhatsApp tra due amici.

“Mi ha messo le corna di nuovo”.

“Ma chi, Irina?”

“Si chiama ‘Comitato Olimpico Russo’ adesso”.

“Sì… già te l’avevo detto che questa cosa era ridicola”.

“Avevi ragione tu. Il lupo della steppa perde il pelo, ma non il vizio… però stavolta ha esagerato”.

“E che può aver fatto peggio dell’altra volta? Un’orgia con un reggimento di cosacchi?”

“Con un quindicenne, Anto’! Un quindicenne! Quindici. Anni”.

“E queste non sono corna, è pedofilia… ma mi pare troppo perfino per lei… ma sei sicuro?”

“Li ho beccati sul fatto, sul nostro letto”.

“Ah… e stavolta che ha detto?”

“Ha detto che è un nipote, venuto da Babushka”.

“….che sarebbe ancora peggio, se fosse vero… e le hai chiesto che ci faceva a letto con il nipote?”

“Ha detto che lo stava visitando, perché stava male”.

“Ah, perché è anche medico, adesso?”

“Be’, è infermiera laureata”.

“Ma sentilo, la difendi pure?”

“Be’, sai, ufficialmente mia madre non si è ancora pronunciata”.

“E quindi mi stai dicendo che state ancora insieme?!”

“Sì, però niente uscite pubbliche o regali, fino alla decisione finale”.

“Complimenti. Pugno duro, non c’è che dire…”

“Ma certo, io sono una persona seria”.

“Certo”.

Dobrý večer.

Stan

Le Olimpiadi maledette

Mia cara Berenice,

lodo la tua abnegazione nell’indossare un abito castigato al ballo degli Arneth per non fare ombra a tua cugina Federica Sofia Guglielmina… per quanto, se me la ricordo esattamente, una certa ombreggiatura o sfumatura sarebbe nel suo pieno interesse.

Paragonerei il tuo al sacrificio di Pita Taufatofua, il poliedrico atleta di Tonga che ha rinunciato a comparire come portabandiera alle Olimpiadi Invernali per partecipare invece ai soccorsi alla popolazione della sua isola, colpita da un’eruzione vulcanica.

Da tempo considerato il simbolo di Tonga, che rappresentava anche ai Giochi estivi, Taufatofua sembra diventare anche l’epitome della maledizione incombente sulle Olimpiadi cinesi, funestate da un regime sempre più oscurantista e dittatoriale, crepe sul modello di economia mista e una strategia covid zero sempre più opprimente e costosa in termini di isolamento internazionale.

Una differenza vistosa rispetto ai Giochi di Pechino 2008, vinti trionfalmente dalla Repubblica Popolare con cinquantuno medaglie d’oro contro le trentasei degli Stati Uniti e le ventitré della Russia.

All’epoca, la Cina sembrava ben posizionata per riappropriarsi delle sue tradizioni confuciane e diventare la più grande tecnocrazia della storia dopo l’Antica Roma: un regime antidemocratico ma mite, paternalistico, meritocratico e inclusivo. Evidentemente le tecnocrazie sono, per loro natura, fenomeni rari e di nicchia, circoscritti a poche città-Stato e alla Santa Sede, destinati a degenerare non appena la rispettiva organizzazione acquisisce una significativa dimensione territoriale.

L’Antica Roma, in effetti, perse le sue componenti tecnocratiche molto presto, ben prima della transizione tra Principato e Dominato. Proprio oggi, alla Feltrinelli di Largo Argentina, ho messo le mani su un saggio di Lucio Russo che, in modo del tutto inedito, vede in Roma addirittura un fattore di “tracollo culturale” nel Mediterraneo già nel II secolo a.C.

Ti farò sapere che ne penso. Dopo la maratona di Gibbon, non ho il coraggio di affrontarlo immediatamente, inizierò invece da un reportage di Nico Piro sulla caduta di Kabul.

Un saluto.

Stan

Collegialità

Mia cara Berenice,

sono sdraiato fra l’erba secca ma piegata dal vento che carezzava e incorniciava, qualche giorno fa, le tue squisite fattezze.

Alterno la lettura de “I Buddenbrook” a qualche giornale, e così mi è caduto l’occhio sul medagliere dei Giochi di Tokyo, in cui spicca il Comitato Olimpico Russo.

Come saprai, la Russia, bandita dai Giochi Olimpici per doping di Stato, è stata fatta iscrivere con tale, curiosa denominazione, come se anche la rappresentanza italiana e austriaca non fossero inviate dai rispettivi Comitati. Stupisce che nessuno, nei Ministeri degli Esteri o al Comitato Olimpico Internazionale, sia riuscito a escogitare uno stratagemma più decente: come diceva il Capo di Gabinetto del Governatore in pura lingua veneta, “fate almeno finta”.

Penso che impiegherò il fine settimana per rapinare qualche banca di Roma. Alle legittime rimostranze dell’Autorità di Pubblica Sicurezza, replicherò che a effettuare il colpo non sono stato io, ma il Soviet degli Espropri Proletari del XII Municipio.

Un saluto dal segretario, dal direttore della sezione femminile e dal tesoriere del Soviet, che sono sempre io.

Stan

La tregua antiolimpica

Mia cara Berenice,

pochi popoli sono disciplinati e conservatori come quello giapponese. Sono quelle isole fatate, in cui si vota pro forma e quasi sempre per lo stesso partito, è vietato toccare l’Imperatore, il tasso di criminalità è bassissimo, si fa pubblica ammenda degli errori con profondi inchini… o peggio.

Ci si vaccina pure poco, per questo la pandemia fatica ad arretrare e la decisione del Governo di non annullare le Olimpiadi, previste per questa estate, sta suscitando una rara ondata di malumore popolare.

Bizzarro che ciò avvenga proprio in opposizione a una festività laica come i Giochi.

Eppure, in Italia ne sappiamo qualcosa. Nel lontano 2016, l’Assemblea Capitolina affossò, con un Ordine del Giorno, il progetto del Governo e del Comitato Olimpico Nazionale di candidare Roma alle Olimpiadi del 2024.

Del resto, durante la Guerra Fredda, i boicottaggi erano una prassi piuttosto ricorrente.

Nel 1976, i Paesi africani protestarono in blocco contro l’ammissione della Nuova Zelanda, rea di non aver rispettato un altro boicottaggio contro il Sudafrica, espulso dal Comitato Olimpico Internazionale.

I due più famosi sono però probabilmente quelli del 1980 (da parte del blocco occidentale contro quello sovietico) e del 1984 (viceversa).

A quest’ultimo si fa riferimento nel decimo episodio della quarta stagione de “I Simpson”. In occasione dei Giochi, i Krusty Burger, la catena di fast food di Krusty il Clown, lancia una vendita di gratta e vinci; il premio è un hamburger gratis per ogni medaglia d’oro americana. Preoccupato per il costo dell’iniziativa, Krusty viene prontamente rassicurato dal suo staff: “Non si preoccupi, sono gare che i comunisti vincono sempre”.

Un nostalgico saluto.

Stan