La neve dell’ancella

Mia cara Berenice,

a Bruxelles ha nevicato. Due volte. No, non palmi di neve, ma comunque un manto ben visibile sulle auto, sui parchi e sugli alberi; nulla sulle strade, sui marciapiedi poltiglia.

La neve è una costante anche della serie televisiva “Il racconto dell’ancella”, tratto dall’omonimo romanzo di Margaret Atwood (McClelland and Stewart, Toronto, 1985).

La serie è ambientata in un futuro prossimo in cui il Governo degli Stati Uniti è stato costretto all’esilio tra Alaska e Hawaii, dopo che il grosso del territorio continentale è finito sotto il controllo della setta fondamentalista cristiana dei Figli di Giacobbe. Permangono peraltro sacche di resistenza lealiste, ad esempio a Chicago.

I Figli di Giacobbe hanno proclamato la Repubblica di Gilead, un regime fondato sul terrore e sulla discriminazione sistematica della donna, nonché ossessionato dall’ecologismo. La Repubblica avrebbe ereditato dagli Stati Uniti la potenza militare, eppure non ha ottenuto il riconoscimento della comunità internazionale e sembra preoccupata di mantenere buoni rapporti con il Canada e il Messico. Questi ultimi sono rimasti Paesi democratici, riconoscono ancora il Governo degli Stati Uniti e, almeno nel caso del Canada, accolgono come profughi i fuggitivi da Gilead.

Costruito questo diorama puramente statico, non oso aggiungere altro, dato che in quest’epoca lo spoiler è considerato un crimine più grave dell’abigeato.

Se consiglio la visione? Sì, ma non ai deboli di stomaco.

Sotto il Suo occhio.

Stan

Neve

Mia cara Berenice,

mentre il Belgio alterna, more solito, sole e pioggia, in Italia nevica, almeno nel Nord.

Cos’è la neve, per l’Italia?

Certo è spensieratezza, leggerezza, settimane bianche, sciate ciaspolate e fiaccolate sulle Alpi. Mondanità, anche, per via della fama salottiera di alcune località come Cortina d’Ampezzo. Un mondo frizzante e futile ritratto in decine di film natalizi, ma, ancora prima, nella saga di Fantozzi.

Eppure, la candida crudezza della neve ha anche un retrogusto amaro, come un ghiacciolo al limone che un bambino si ostina a far comprare al padre perché goloso di ghiaccioli, salvo esserne disgustato alla prima leccata.

Un freddo umido che sa di sofferenze e privazioni, di boscaioli montanari e taglialegna, ma anche di soldati, quelli decimati dalla disastrosa ritirata dalla Russia, durante la Seconda Guerra Mondiale. Il regime fascista, spinto in parte da furia ideologica anticomunista, in parte dal desiderio di riscattare il disastro della campagna di Grecia, insistette pervicacemente con Berlino per inviare prima un Corpo di Spedizione, poi un’intera Armata.

Dopotutto, l’Italia disponeva del Corpo degli Alpini, le migliori truppe di montagna del mondo, non era forse così? Solo che, in Russia, si combatteva in pianura, nella steppa. Le avanguardie italiane erano appunto schiarate in pianura, a protezione del fianco tedesco, quando la controffensiva sovietica di Stalingrado le travolse.

E così la neve si impastò di sangue, un’anabasi che ispirò “Il sergente nelle nave” di Mario Rigoni Stern (Einaudi, Torino, 1953) e “Centomila gavette di ghiaccio” di Giulio Bedeschi (Mursia, 1994). Un’epopea che entrò nella leggenda popolare, tanto da condurre all’ingenua invenzione di un presunto Ordine del Giorno con cui Stalin in persona lodava il valore delle truppe italiane in Russia.

I pochi superstiti rientrarono in Italia su tradotte sigillate, nascosti come appestati dalla propaganda del regime. Non servì. A Udine si cominciò a cantare: “Abbasso Mussolini / l’assassino degli alpini”. Il Duce, dal canto suo, diradò vistosamente i suoi interventi pubblici, tanto da guadagnarsi l’epiteto di Mutolini. La via per il 25 luglio era tracciata.

Molto più banalmente, una nevicata bastò a paralizzare Roma, nel 2012. Io non ero ancora nella capitale, ma chi c’era mi racconta scene di strade impraticabili e supermercati vuoti, peggio che durante la prima ondata del virus. Non stento a crederlo. Ci fu un secondo episodio, molto più leggero, qualche anno dopo, e fui l’unico ad arrivare al Ministero.

Un bianco saluto.

Stan