Mia cara Berenice,
a rischio di esasperarti, torno per la terza volta sul caso del Pio Albergo Trivulzio di Milano. Nella prima missiva, mi sono sforzato di essere imparziale. Nella seconda, ho dato la parola all’accusa. Oggi è il turno della difesa.
Come tutti i clienti di peso, l’Albergo ha un avvocato illustre, in questo caso due volte illustre (bis praeclarus?). In primo luogo, perché si tratta del Prof. Fabrizio Pregliasco, celebre virologo. In secondo luogo, perché proprio Pregliasco, sull’onda dello scandalo, è stato nominato supervisore scientifico dell’Albergo: una sorta di commissario, dal quale era lecito attendersi un’ulteriore requisitoria.
Invece, Pregliasco svolge una difesa “chiara, lucida e ben argomentata”, per citare il memorabile giudice di “Mio cugino Vincenzo” (USA, 1992, con Joe Pesci e Marisa Tomei, Oscar come migliore attrice non protagonista, in Italia doppiato magistralmente da Leo Gullotta).
Con una conclusione a effetto, Pregliasco definisce le accuse “panna montata”, richiamando inevitabilmente un’altra pellicola, “Bastardi senza gloria” di Quentin Tarantino (Germania-USA, 2009). Ricorderai certamente la scena in cui il colonnello Hans Landa delle SS interroga Shosanna Dreyfus, alias Emmanuelle Mimieux, davanti a un piatto di strudel con panna.
Un dessert molto germanico e molto poco francese, ma d’altronde la Francia era stata occupata e, in realtà, sulle Alpi lo strudel lo servono con crema alla vaniglia.
Se si pensa all’Italia, il pensiero corre alla dieta mediterranea, non certo a montagne candide e influenze mitteleuropee. Eppure ti assicuro che quei piatti serviti in sale lignee, riscaldate da enormi stufe in ceramica, vengono apprezzati.
Personalmente vado matto per i canederli al burro, mentre mio nonno non si sarebbe mai seduto in un rifugio senza ordinare un secondo di selvaggina: carne nera, densa, da far allegare i denti.
Quasi nessuno torna da una gita sulle Alpi senza una sosta in pasticceria, dove, oltre al classico strudel, si possono gustare enormi paste o fette di torta dai colori, forme e sapori nettissimi e chirurgici, come quelli dei fiori che da quelle parti inondano i davanzali. Viene naturale attribuire parte del merito per quei monumenti impiattati all’acqua limpidissima e gelida di montagna: anche i panifici, infatti, godono di ottima fama, a quelle altitudini.
Pane, acqua.
Un caro saluto.
Stan