Luna di marzo

Mia cara Berenice,

non so come vadano le cose in Austria, ma qui in Italia la variabilità del tempo di marzo è proverbiale.

Ieri faceva un caldo tale che in ufficio sono dovuto restare in maniche di camicia.

Stamattina era coperto, tirava vento e spilli di pioggia ti pungevano il viso, relegando l’ombrello a un’inutilità che non lo contraddistingueva dai tempi del Belgio. Ora, mentre ti scrivo, un sole dorato, dopo aver circonfuso le montagne, si sta allungando sul quartiere.

Io stesso ho avuto comportamenti imprevedibili, almeno per i miei parametri. Nel locale in cui pranzo quasi sempre il sabato e quando, come oggi, lavoro da remoto, i camerieri scherzano su quanto sono abitudinario. Oggi, subito dopo aver mandato giù il solito caffè al pistacchio, anziché tornarmene a casa o andare a passeggiare a Villa Pamphili, mi sono tuffato nel ventre del quartiere, tra le palazzine e i palazzi incastonati sull’erta, giù giù fino ai Quattro Venti di Pasolini, per poi risalire con il tram da Ponte Bianco.

Nel mondo anglosassone, a quanto mi consta, queste piccole alterazioni del comportamento si attribuiscono alla luna piena. “Keen Eddie” è una serie televisiva relativamente poco nota, su un poliziotto americano distaccato presso Scotland Yard. Il protagonista divide casa con una giovane inglese, una sfolgorante Sienna Miller. Il loro rapporto è turbolento, ma, in una puntata di luna piena, diventa improvvisamente e castamente affettuoso, ai limiti dello smielato.

La leggenda del lupo mannaro, del resto, è ben più antica dell’anglosfera, e prova a convincere mio padre o qualche altro contadino delle sue parti a compiere con la luna calante un’operazione per cui la saggezza popolare prescrive la luna crescente, o viceversa.

Un latteo saluto.

Stan

Gnoseologia

Mia cara Berenice,

stamane mi sono alzato, ho fatto le consuete abluzioni e solo allora, provvidenzialmente, dal rubinetto ha smesso di uscire acqua, in modo subitaneo, netto e preciso. Avevo fretta di avviarmi verso il lavoro, perciò ho avviato le mie indagini solo a bordo del tram. L’ultima volta in cui si era verificato un caso simile, la rottura di una condotta aveva allagato un’intera strada, circostanza riportata, con dovizia di documentazione fotografia, dai gruppi Facebook di quartiere. Stavolta nessuna notizia, ma non ero certo di aver effettuato una consultazione accurata, complice il fatto che questa rete sociale funziona sempre peggio, come già ti scrissi.

Da Google, viceversa, ho appreso quasi subito che si trattava di manutenzione programmata lungo l’asse della Circonvallazione Gianicolense. Evidentemente, non vige più la prassi di dare preavviso di simili interruzioni del servizio mediante l’affissione di cartelli cartacei lungo le vie.

Rassicurato, nel sollevare lo sguardo dal display ho potuto notare che il cielo minacciava pioggia. Per decidere se gettare in borsa un ombrello pieghevole, avevo dato una rapida occhiata dalla finestra e mi pareva volgesse al bello. Non è ancora detto, però, che io abbia avuto torto. Al momento non piove, le nubi sono in rapido movimento e le previsioni meteo mi danno ragione.

Sempre sul tram, una ragazza straniera si lamentava in inglese con la sua amica su quanto fossero gelidi i taxi italiani. Di primo acchito, tale affermazione suscitava una certa perplessità, perché indossava una canotta poco più pesante e coprente di un reggiseno sportivo. Tuttavia, non c’è necessariamente nesso tra le due cose, non si può escludere fosse vestita pesante, quando l’ignoto tassinaro l’ha afflitta con il suo microclima artico.

Un profondo saluto.

Stan

Bianco Natal

Mia cara Berenice,

oggi il cielo è grigio, letteralmente grigio.

Ho sempre sospettato di essere vagamente meteoropatico – come tutti, per citare Sciascia -, ma oggi, stranamente, non avevo voglia di uscire e camminare.

L’ho fatto comunque e ora sono al parco, tra abbondanti foliage e cinofilia. Tra poco mi alzerò dalla panchina e proseguirò verso il laghetto giapponese: sotto questo cielo, un haiku è di prammatica.

Sembra che nei prossimi giorni finalmente pioverà e abbondantemente. Dopo mesi di siccità, le gocce di pioggia luccicano come le palline dell’albero di Natale alla vista dei bimbi, una promessa di indefinita meraviglia.

Poi, al terzo giorno di maltempo, sarà come scartare i regali e cominceremo a lamentarci: della pioggia, di quanto poco Roma la regga, etc.

Com’era quella canzone di Natale che cantate voi?

La pioggia salvifica dei raccolti sarà come un elaborato, pomposo, ingessato e ostentato veglione di capodanno: fastidioso, ma segno tangibile che abbiamo tirato avanti ancora un po’.

Salverà il radicchio di Treviso, lungo lucente ed eburneo, impennacchiato di rosso, dolce a crudo, sulla griglia o al forno, gratinato o avvolto nella toga pretesta della pancetta.

Dolcezza.

Stan

Bollettino del Servizio Meteorologico della Serenissima Signoria

Mia cara Berenice,

la cerimonia di beatificazione di Papa Giovanni Paolo I, tenutasi in Piazza San Pietro in Vaticano il 3 di questo mese, è stata funestata o quantomeno disturbata da una pioggia torrenziale che è sembrata quasi uno scherzo del Demonio (o un regalo del Beato?), dopo mesi di siccità. Al secolo Albino Luciani, il Pontefice, nato a Canale d’Agordo nel 1912, fu Vescovo di Vittorio Veneto e Patriarca di Venezia. Ampia adesione in Veneto al pellegrinaggio organizzato dalla Diocesi di Belluno-Feltre, dalla Diocesi di Vittorio Veneto e dal Patriarcato di Venezia.

Ieri siamo riusciti a portare a termine la vendemmia nonostante la pioggia notturna e mattutina. Il primo carico d’uva conferito in cantina e ivi provinato aveva un grado zuccherino eccessivamente basso, forse anche a causa dell’acqua caduta sui grappoli, ma i successivi rimorchi erano in regola. L’incognita del meteo, tuttavia, continua a pesare sulla vendemmia, in corso in tutta la zona.

D’altro canto, la violenta siccità estiva ha ridotto di molto il raccolto, alterandone anche i valori di zucchero e acidità; per l’effetto, le quotazioni dell’uva, purché debitamente certificata, sono salite alle stelle. Insomma la bolla, di cui viene pronosticato lo scoppio da anni, continua imperterrita a gonfiarsi iridescente.

Un saluto a guance pienotte, come Eolo in certe vecchie raffigurazioni.

Stan

In cauda venenum

Mia cara Berenice,

stando alla previsioni meteorologiche, oggi dovrebbe essere l’ultima giornata di peine forte et dure nella capitale.

Il cielo è lattiginoso come nella Pianura Padana, l’afa degna dell’India Britannica, tira un vento caldo da avamposto della Legione Straniera nel Sahara e cadono rade gocce di pioggia, come nella leggendaria tortura cinese.

Per giunta, le reti sociali mi informano che a Venezia si è abbattuto un violentissimo temporale, con scudisciate d’acqua a frustare spietatamente Piazza San Marco.

In altre parole l’antitesi e, al tempo stesso, la perfetta sintesi della tempesta perfetta.

Insomma, questa estate sta facendo l’uscita di scena che merita.

Posso solo sperare, a questo punto, che vento e grandine non scelgano queste settimane cruciali per fare visita ai vigneti della Terraferma.

Uno scaramantico saluto.

Stan

PS: Ora sono al parco e la situazione sembra migliorata. Cani, cani e cani. Cani ovunque. Branchi di cani.

Il Fantasma di Roma

Mia cara Berenice,

il Comando Aereo ucraino ha ritenuto opportuno dichiarare ufficialmente che non esiste alcun Fantasma di Kiev, nessun asso dei cieli che avrebbe abbattuto decine di aerei russi… o meglio, “il Fantasma di Kiev è una personificazione dei piloti della 40^ Brigata Tattica Aerea che difende i cieli della capitale”.

Un analogo, seppur meno drammatico giuoco di specchi e cortine fumogene è in corso in Italia, sempre con il coinvolgimento dell’Aeronautica Militare.

Ieri, le previsioni meteo promettevano forti piogge e una rottura della cappa d’afa. Non è caduta una sola goccia, almeno nei quartieri centrali di Roma; anzi, a malapena il cielo si è rannuvolato. Ciononostante, l’aria era indubbiamente più fresca, e così stamattina.

Non tirava però un alito di vento, o forse erano state chiuse le finestre e le porte tagliafuoco dei corridoi, fatto sto che mi sono visto costretto ad attivare l’aria condizionata. Ora, però, il cielo è coperto e l’ho spenta.

Insomma, la situazione è ancora ambigua, sfuggente, confusa. Sembra di stare nella Roma del 1943, nido di spie e cospirazioni, nella Madrid della guerra civile o nella Berlino della Guerra Fredda.

Mi aspetto, a questo punto, uno scambio di prigionieri nel cuore della notte, a Ponte Milvio: l’autore ispanofono di qualche hit estiva e un’influencer perennemente in bikini in cambio di una ragazza freddolosa con il plaid sulle spalle e un caldaista, in tuta e cartelletta di documenti per le detrazioni fiscali.

Un saluto dietro gli occhiali scuri.

Stan

Milites gloriosi

Mia cara Berenice,

il caldo estivo, a quanto pare, eccita il machismo grottesco.

Da settimane ormai il Prof. Avv. Conte, già Presidente del Consiglio e attuale Capo Politico del Movimento 5 Stelle, notifica ultimatum al Governo. Non ha ottenuto nulla, se non una certa dose di ridicolo e una scissione, guidata dal Ministro degli Esteri Luigi Di Maio.

Oggi, il Presidente della Duma o di una sua Camera ha minacciato la riannessione dell’Alaska, regolarmente venduta dalla Russia agli Stati Uniti nel XIX secolo.

Infine, non vedo traccia del drastico calo delle temperature promesso dai meteorologi, che ormai rivaleggiano con virologi ed esperti di strategia militare e geopolitica.

Troppa vanagloria alla Kadyrov. È come se io proclamassi di voler prendere la situazione in mano e affrontare finalmente tua madre.

Un umilissimo saluto.

Stan

Agosto, meteo mio non ti conosco

Mia cara Berenice,

non so se le ferie agostane di massa siano una prassi criticabile, certo non sono una prassi allineata al meteo. La scienza, infatti, ci dice che il mese più caldo dell’anno è luglio, che tesaurizza le lunghe giornate di giugno, già percettibilmente accorciate invece in agosto. Soprattutto è noto come, almeno nel Nord Italia, in agosto il tempo cominci già a guastarsi, con violenti temporali estivi.

“La prima pioggia d’agosto rinfresca il bosco,” sentenziava con soddisfazione mio padre, preoccupato per la siccità.

Da tempo, però, non gli sento declamare questo proverbio, perché il problema principale dei produttori di vino non è costituito più dalla siccità, ma dai fortunali violenti e soprattutto dalle grandinate, iniziate quest’anno già a fine luglio, con chicchi così grossi da mandare in pezzi le tegole dei tetti.

Leggo, per esempio, in un recentissimo comunicato stampa del Governatorato dell’Emilia Romagna: “Avviata sia la verifica per l’eventuale richiesta dello stato di emergenza nazionale sia la conta dei danni a seguito dell’ondata di maltempo e grandine che ieri ha colpito l’Emilia Romagna in diverse Province, in particolare il Parmense e il Reggiano. Già ieri l’Agenzia di Protezione Civile dell’Emilia Romagna aveva attivato le procedure per fare una ricognizione dei danni subiti dai beni immobili pubblici e privati. In corso il dialogo col Governo e il Dipartimento della Protezione Civile per appurare se ci siano gli estremi per richiedere lo stato d’emergenza nazionale, anche in raccordo con i Governatorati confinanti colpiti dallo stesso evento”.

La grandine, si sa, colpisce a macchia di leopardo, così che quasi sempre il piccolo vigneto paterno ne esce indenne.

Un anno, però, non è stato così, e il patriarca è stato intrattabile per ben due mesi, prima che una mesta vendemmia rimuovesse dai tralci le misere spoglie di guerra. Verrebbe da citare Quasimodo se, di questi tempi, i paragoni osceni tra misure sanitarie e Seconda Guerra Mondiale non abbondassero già fin troppo: come la gramigna che nemmeno la grandine riesce a estirpare.

Un contadinesco saluto.

Stan

Vento

Mia cara Berenice,

ti scrivo ancora da quel declivio erboso dal quale non so più staccarmi, reverente pellegrino al sancta sanctorum del nostro ultimo incontro.

Del resto, quand’anche questo dovere religioso non mi vincolasse, debbo dire che qui si sta benissimo. Già ieri soffiava uno zefiro delizioso, trasformatosi oggi in tramontana gagliarda.

O Eolo benedetto, San Giorgio trafittore del drago fiammeggiante dell’estate romana! Sei tu il vero Minosse, col potere di consegnarci al Paradiso o all’Inferno.

Questo lo compresi viaggiando non attraverso i tre regni come Dante, ma più semplicemente a Lampedusa, dove mi avevi invitato L., stazionatovi in qualità di Vice-Comandante di Porto.

I primi tre giorni, lo scoglio era investito da uno scirocco furioso e io temetti seriamente di impazzire. Poi, fortunatamente, il vento mutò in un salvifico maestrale… salvifico per me, ma funesto pei pescatori, ai quali interdiva l’opera quotidiana, e proprio al culmine della stagione turistica.

Mors tua vita mea.

Stan

Il sole del Benelux

Mia cara Berenice,

è difficile anche solo fare immaginare il Benelux ai mediterranei.

Giorni fa, prendendo possesso del mio ufficio, ci ho trovato tre piantine agonizzanti. Le ho fotografate e ho chiesto consiglio su come salvarle ad amiche e parenti.

“Hanno solo bisogno di un po’ di sole”.

Quale sole?

Ieri sera ho usato, per la prima volta, l’asciugatrice, con grande soddisfazione. Il prezioso carico è stato riconsegnato intatto e i capi, una volta piegati, parevano addirittura stirati.

Nel trasmettere in Italia la mia soddisfazione, mi si è risposto: “È comunque meglio asciugare la roba al sole”.

Quale sole?

Anni fa, mentre ero ai corsi estivi dell’Accademia dell’Aja di Diritto Internazionale, un parente mi chiese qualche foto di ragazze olandesi che prendevano il sole.

Ora, per la terza e ultima volta: quale sole?

Un plumbeo saluto.

Stan