Pirandello

Mia cara Berenice,

come già ho avuto più volte occasione di scriverti, non è raro nell’Urbe imbattersi in set cinematografici… talmente poco raro che, a volte, l’incontro è esso stesso cinematografico.

Ieri sera tornavo dall’ufficio con la mia anonima bardatura di pubblico funzionario, quando, nella piazza antistante uno storico Liceo del centro, mi si sono sono fatti incontro Cardinali, generali e gentiluomini carichi di decorazioni, giovani aristocratiche, dame del gran mondo ingioiellate. Uscivano dall’androne di un palazzo e si dirigevano verso un gazebo dove veniva distribuita loro pizza bianca e porchetta. Davvero su quel tratto di marciapiede, come nell’opera di Pirandello, ciascuno indossava una maschera.

Io stesso, l’ultima volta che sono salito nelle Venezie, poche settimane fa, sono stato informato che mio cugino aveva organizzato una sontuosa festa in maschera sullo zoccolo di terra di famiglia sui colli.

“Verrei volentieri,” ho risposto al suo invito, “ma vedo che è obbligatorio per gli invitati presentarsi in maschera. Il mio bagaglio è leggero, dovrai accontentarti di un costume da funzionario. Del resto, qui al Nord, è assolutamente esotico”.

Ottenuto il benestare, ho indossato la giacca e, al collo, il tesserino dell’Ufficio del Primo Ministro, con tanto di logo della Repubblica. I tempi cambiano anche nel Settentrione e non ero così solo a rappresentare lo Stato: alla luminosa festa inghirlandata, sotto le file di lampadine degradanti dall’albero del bar a forma di galeone piratesco, mi sono imbattuto in agenti di Polizia Municipale in uniforme.

Un completo molto simile, più scuro, l’avevo indossato molti anni prima, a una festa di capodanno sulla neve. Sul tesserino, acquistato in quel caso in cartoleria, avevo vergato in grandi caratteri neri la scritta “Jettatore”… ed eccoci tornare a Pirandello.

Un letterario saluto.

Stan

“Niente è più attuale di Pirandello”

Mia cara Berenice,

in “Boris – Il film” (Italia, 2011), uno sceneggiatore riprende imperiosamente il regista: “Niente è più attuale di Čechov!” C’è da chiedersi se sia un omaggio a “C’era un cinese in coma” (Italia, 2000), in cui una ragazza che aspira a fare spettacolo si presenta all’agenzia di Verdone con un portfolio di foto spinte e un corso teatrale su Čechov nel curriculum.

Di certo, la pandemia ha reso attuale Pirandello in un modo perfino surreale, da satira greve.

Un tema portante di Pirandello, si sa, era la maschera, ora materializzata fisicamente dal virus, ma non prima di essere transitata per la forma puramente astratta e chimerica del grande letterato siciliano.

All’inizio furono le mascherine consigliate e sconsigliate al tempo stesso delle Autorità sanitarie, sfidando le leggi aristoteliche.

Poi furono le mascherine consigliate, ma introvabili – la prima, in stoffa, me la regalò una sartoria di quartiere -, dopo ancora le mascherine obbligatorie, indi le mascherine sovrabbondanti distribuite a pacchi al Ministero; infine le consistenza fisica ha raggiunto l’attuale parossismo, con l’obbligo di indossare i modelli FFP2 o KN95 – è esattamente la stessa cosa, mi rassicurò la farmacista, ancora inesperto acquirente.

Le FFP2 hanno una consistenza ottocentesca non solo per il loro spessore e ingombro, ma anche per la solennità del loro apparato. Arrivano in scatole di cartone, avvolte una a una in buste di plastica, da cui volteggia fuori un talloncino di carta leggera su cui è impresso in inchiostro rosso un timbro cinese, come il sigillo degli ultimi Imperatori manciù.

È a questo punto che recuperiamo Pirandello, perché, dopo aver indossato per mesi le FFP2 senza alcun problema, da alcuni giorni mi tirano fastidiosamente all’orecchio destro. Ciò è normalissimo, in quanto il volto umano non è mai perfettamente simmetrico, ma perché me ne accorgo solo ora? Eccomi, sono il Vitangelo Moscarda di Pirandello che, dopo una vita intera trascorsa nelle beatitudine dell’ignoranza, scopre improvvisamente di avere un naso storto.

Un melodrammatico saluto!

Stan