Arretramento gestito

Mia cara Berenice,

la pandemia ci ha ormai abituato a considerare un modello la Nuova Zelanda del Primo Ministro Jacinta Ardern.

In un primo momento il Dominio del Commonwealth, in cui la Regina Elisabetta è rappresentata dal Governatore Generale Dame Cindy Kiro, ha applicato con successo la politica del COVID zero, indubbiamente con l’aiuto della sua geografia insulare e a prezzo di un isolamento pressoché totale dal mondo esterno, almeno per le persone fisiche.

In seguito, con l’apparire di varianti sempre più contagiose, ha avuto l’intelligenza di abbandonare tale politica, su cui si sta invece intestardendo la Cina.

Ora, come riporta l’edizione italiana dell’Huffington Post, il Governo ha adottato un piano di reazione al cambiamento climatico che ha il non piccolo merito di mettere nero su bianco le cattive notizie, ossia di prevedere, seppure come extrema ratio, il cosiddetto “arretramento gestito”. In pratica, città e insediamenti costieri che non sia possibile salvare dall’innalzamento delle acque né con dighe né con altre soluzioni saranno ordinatamente ricollocati più all’interno: un provvedimento già adottato di recente, su piccolissima scala, per sedici nuclei familiari a Makata.

Come si può immaginare, non è stata un’esperienza felice e anche il piano del Governo non è stato esente da critiche; in particolare, non affronterebbe, se non in termini vaghi, il nodo del riparto dei costi di eventuali futuri arretramenti gestiti.

Eppure la presa di posizione del Governo neozelandese risulta coraggiosa, almeno vista da un’Europa in cui sembra si eviti accuratamente di evocare gli scenari peggiori dell’evolversi del cambiamento climatico – non escludo peraltro che possa essere una corretta strategia comunicativa, gli appelli apocalittici o millenaristici tendono a far ritrarre istintivamente i destinatari e forse anche a pregiudicare la lucidità dei decisori.

A utilizzare i toni più drammatici è, comprensibilmente, il Governo delle Maldive, salito agli onori della cronaca per aver tenuto provocatoriamente un Consiglio dei Ministri sott’acqua. Secondo il National Geographic, le contromisure ipotizzate dall’ex Sultanato vanno dalla costruzione di cinquemila case galleggianti a quella di un’isola rialzata artificiale, fino ad arrivare a un esodo di massa in Australia.

Non stupisce la maggiore freddezza dei Paesi Bassi, una Nazione che gestisce la propria condizione geografica depressa da secoli. Secondo Politico, il Governo dell’Aja, pur non escludendo l’arretramento gestito, si riserva un ampio ventaglio di opzioni, comprese alcune aggressive, ossia basate sullo strappare ulteriore terra al mare, creando una sorta di zona cuscinetto come negli armistizi. Niente panico, insomma, tanto che, secondo la ricercatrice Marjolijn Haasnoot, non ci saranno nei Paesi Bassi arretramenti gestiti nei prossimi cento anni.

Il rovescio della medaglia di questo sangue freddo è che L’Aja non si sta impegnando troppo febbrilmente per ridurre le emissioni e anche l’opinione pubblica olandese si è mostrata poco sensibile all’argomento.

Un saluto dai miei pattini d’argento.

Stan