Sull’attualità dei classici

Mia cara Berenice,

sul digitale terrestre danno “Wargames – Giochi di guerra” (USA, 1983), un grande classico in cui un’Intelligenza Artificiale messa a capo dell’arsenale nucleare americano rischia di scatenate una guerra atomica.

Difficile immaginare film più attuale, nevvero?

Al Liceo, il mio professore di Storia e Filosofia disse una volta: “Classico è qualcosa che è risalente nel tempo, ma ancora attuale”.

Una definizione calzante nella sua semplicità, e mi piacerebbe scriverti che il Prof. G. fu per me una guida, un mentore, che il nostro rapporto andava ben oltre quello di docente e discente. Descriverti qualche scena struggente, io e lui a rimirare il tramonto sul mare da un pontile, usando un libro di Schopenhauer come esca per i pesci e ridendo fino alle lacrime della nostra dissacrante irriverenza.

La verità è che lo disistimavo e lo trattavo malissimo. A torto, naturalmente. Dall’altronde, anche l’insopportabile supponenza degli adolescenti è un classico.

Ok, boomer.

Stan

Il cortile del Liceo

Mia cara Berenice,

c’era un tempo in cui l’estate andava da giugno ad agosto.

Ricordo nitidamente il primo anno in cui il caldo arrivò, imperioso e inequivocabile, all’inizio di maggio.

Ero al Liceo, nel cuore dell’età ingrata. Si andava in ricreazione dopo la terza ora, tra i pilastri di cemento armato del cortile come sotto il cavalcavia di un’autostrada. Gli studenti fumavano appoggiati ai piloni, i docenti più dignitosamente davanti all’ingresso, punteggiando le sigarette con qualche sigaro toscano, a rimarcare che, almeno entro i locali d’istituto, il Muro di Berlino non era mai caduto.

Le ragazze gioivano per le precoci tintarelle e lamentavano le minori opportunità di portare i vestiti acquistati per la mezza stagione. I ragazzi, come dicevo, fumavano appoggiati ai piloni.

Non era ancora giunta l’era degli accorpamenti e dimensionamenti selvaggi, degli Istituti Comprensivi e Onnicomprensivi, e quello era ancora un Liceo Ginnasio Statale, intitolato a Concetto Marchesi. I segni dell’incipiente barbarie, tuttavia, c’erano tutti.

Finito il biennio iniziale del Ginnasio, il curriculum diventava quasi completamente scientifico, almeno per i gusti di chi, come me, viveva di rendita traducendo dal latino e dal greco antico. Il tutto era complicato da tre indirizzi linguistici (inglese, francese e tedesco) e due indirizzi sperimentali (linguistico e informatico) che si intersecavano nella stessa Sezione, in un garbuglio didattico e burocratico inestricabile.

Condividevamo l’edificio con un Istituto Turistico che, di anno in anno, andava gonfiandosi, schiacciando le nostre classi sempre più striminzite e ulteriormente decimate da trasferimenti e bocciature.

Poco dopo che ebbi ottenuto il diploma, arrivò inevitabilmente l’accorpamento a un Liceo Scientifico dall’altra parte della città, il Guglielmo Marconi. Fu detto che il Consiglio d’Istituto avrebbe adottato un nuovo nome, individuando una personalità assommante meriti umanistici e scientifici. Si chiama ancora Marconi.

Un nostalgico saluto.

Stan