La dura vita di guide e accompagnatori turistici

Mia cara Berenice,

ogni tua iniziativa per tornare a Roma è benvenuta, naturalmente, ma non credo dovresti prendere la decisione affrettata di abbandonare la carriera accademica, tantomeno per diventare una guida turistica a Roma, per quanto sotto la nobile ala dell’Ambasciata d’Austria.

Questo fine settimana, ho partecipato a due visite guidate, a Roma e fuori Roma.

Durante la prima, la guida della Sovrintendenza Capitolina doveva sbracciarsi e sovrastare con la voce auto, ambulanze, marmitte di motorini e suonatori di bonghi nel parco, per non parlare delle domande idiote dell’utenza. Lei stessa ci ha rivelato che talvolta i fruitori, vedendo le rovine scoperte di edifizi, chiedono se nell’Antica Roma non si costruissero tetti e soffitti.

Oggi a Chia, mitica residenza di Pasolini, un operatore dell’azienda turista comunale è stato aggredito verbalmente da una signora, indignata per aver dovuto pagare il biglietto per una visita gratuita – una banale questione di canali di prenotazione.

Tempo fa, un volontario della Pro Loco locale ci ha fatto visitare i meandri sotterranei di una rocca. “Ufficialmente,” ci ha rivelato, con fare carbonaro e cospiratorio, “io sono un accompagnatore, non una guida: quindi, teoricamente, dovrei condurvi attraverso i cunicoli senza spiegarvi nulla”. Per fortuna, lì sotto, la polizia amministrativa non aveva orecchie.

Un esauriente saluto.

Stan

Agro Sorrentiniano

Mia cara Berenice,

oggi ho partecipato a un ciocco-trekking.

Un ciocco-trekking è qualcosa di simile al vostro Compromesso Costituzionale, ma non si svolge tra Austria e Ungheria, bensì nella campagna laziale.

Ho acquistato mezzo chilo di crema di nocciole biologiche e cioccolato fondente, e altre squisitezze le ho assaporate con gli occhi.

Silhouette di alberi spogli stagliarsi nitidissime nel cielo grigio, frattali, macchie di Rorschach e rivoli d’inchiostro rovesciati su un foglio.

Cancelli sorvegliati da leoni in pietra ergersi in mezzo al nulla.

Linee ondulate di campi sulle colline, come stoffa ripiegata.

Trattori macinare con i loro gargantueschi pneumatici la terra buttata come un tappeto su ponti romani.

Ferrovie a binario singolo presidiate da stazioni, case cantoniere e passaggi a livello senza sbarre.

Cimiteri di rottami tra cui erano adagiati capre e cani.

Asini trottare e ragliare.

Droni scattare selfie.

Campi sterminati di fave e di statue di gesso.

Magioni vastissime abbandonate e cantieri abitati.

Il tutto lungo un percorso ad anello.

Il mio ultimo pensiero sarà per voi.

Stan

La domenica del derby

Mia cara Berenice,

nell’ultima mia ti parlavo di venerdì e di campane, oggi ti parlo di domenica e di calcio.

Pare, per l’appunto, che oggi un parroco di Roma, dopo aver sciolto l’assemblea convenuta per la Santa Messa, abbia congedato il suo gregge con “Buon derby a tutti!”

Ebbene sì, oggi, alle ore 18, si gioca Roma-Lazio… o Lazio-Roma? Potrei aver compiuto un faux pas gravissimo; del resto, la mia fonte è il cartello esposto alla vetrina del caffè sotto casa.

Nel parco, particolarmente affollato, non si parla praticamente d’altro.

Dicono che ogni luogo comune abbia un fondo di verità; ebbene, quello sulla rivalità fra romanisti e raziali è vero dalla punta dei capelli a quella delle scarpe.

Arrivato nella capitale nel 2016, una delle prima visioni a colpirmi non fu quella del Colosseo, dei Fori Imperiali o del Vittoriano, ma un graffito sulle pareti dell’oratorio adiacente alla chiesa parrochiale, nella miglior tradizione di Pasquino. L’ignoto autore aveva scritto: “Romanisti infami”. Un anonimo esegeta aveva tracciata su queste parole una croce, annotandovi a fianco: “Laziali infami”.

Per usare il linguaggio ministeriale, un chiaro esempio di provvedimento di rettifica di errore materiale, cui difettavano solo la sottoscrizione dell’Autorità e il numero di protocollo.

Un saluto e un timbro.

Stan