Fiori di ciliegio

Mia cara Berenice,

secondo un’indagine compiuta dal gruppo assicurativo Axa, l’Italia sarebbe il peggior Paese in Europa per salute e benessere mentale.

Sfatato, dunque, il cliché della Dolce Vita, ancora tanto caro a Hollywood? Sì e no.

Io credo che l’Italia abbia ancora – per clima, paesaggio, gastronomia, relazioni interpersonali e lavorative – il potenziale per essere il paese da cartolina che molti immaginano o avvicinarcisi molto.

Semplicemente, questi fortissimi fattori positivi sono controbilanciati da altri fattori negativi.

Quali?

L’economia e i salari bassi, verrebbe da rispondere subito. Probabilmente. Io aggiungerei anche la scarsa valorizzazione delle professioni intellettuali, alla radice della famosa fuga dei cervelli.

Qualche altro indizio, tuttavia, può venire proprio dal rapporto Axa che, allargando lo sguardo all’orbe terracqueo, certifica esserci un solo altro Paese nelle nostre stesse condizioni: il Giappone.

Come mai il Giappone? Certo, se si vuole, è la patria del suicidio, ma l’economia – di cui si pronostica periodicamente il crollo – continua a reggere, il tasso di criminalità è bassissimo, mastodontiche multinazionali tecnologiche assicurano lavoro qualificato, l’industria culturale non manca di certo.

In comune con l’Italia il Giappone ha solo due cose: il declino demografico e l’estremo conservatorismo. Ritengo sia questo secondo il fattore determinante. Le società chiuse e conservatrici tendono ad avere un cattivo rapporto con il mondo che, per sua natura, si evolve e rinnova. Più specificamente, il lavoro tende a essere poco produttivo, quindi intensivo e defatigante. A causa del permanere di pregiudizi, è maggiore la riluttanza a prendersi cura della propria salute mentale. Il disagio psicologico, a sua volta, esaurisce la mente, la irrigidisce, la rende irritabile come una pustola infiammata, generando nuovo e più radicale conservatorismo.

Un saluto gorgheggiato da un gruppo di idol.

Stan

La Festa della Donna in Italia

Mia cara Berenice,

in Italia, l’8 marzo è un giorno lavorativo, ma la ricorrenza della Festa della Donna è comunque universalmente nota. Sulla stampa, sui media e a livello istituzionale si riflette sulla condizione femminile nel Paese. Il popolino regala alla sua componente femminile mimose, dolciumi o simili cotillon, sempre più spesso puramente virtuali e trasmessi via mail o app di messaggistica. Chi ha un senso dell’umorismo particolarmente sviluppato, fa gli auguri a qualche amico o collega maschio. Le pasticcerie e i bar espongono la torta mimosa, a base di pan di Spagna e crema diplomatica, il cui sfavillante colore giallo non sempre è così naturale come si crede.

Non so quanto sia realmente diffuso l’uso di festeggiare in serate di sole donne, magari ravvivate da spogliarellisti o altri spettacoli licenziosi.

Viceversa, è assolutamente certo che, ogni anno, viene indetto uno sciopero generale, la cui principale conseguenza pratica è una possibile interruzione dei servizi di trasporto pubblico, senza discriminazione tra utenza maschile e femminile.

Dall’apposito calendario redatto dalla Commissione di Garanzia, apprendo che lo sciopero è stato proclamato dall’ADL-COBAS, dove ADL sta per Associazione Diritti Lavoratori e COBAS per Comitati di Base. Sul sito istituzionale del sindacato non ho trovato le motivazioni dell’agitazione di quest’anno o dell’anno scorso, ma lo sciopero dell’8 marzo di due anni fa era stato proclamato per i diritti delle donne.

Stamane, il mio tram funzionava perfettamente, con diverse vetture in movimento su tutta la linea, simili a disciplinate e operose formiche operaie.

Un fischiettante saluto.

Stan

Succede solo da McDonald’s

Mia cara Berenice,

altro fine settimana, altra scampagnata fuori Roma. Più McDonald’s che a Roma. Inizialmente mi sono chiesto: perché? Poi mi sono ricordato che McDonald’s non è di questo mondo, è qualcosa di mistico e misterioso.

Mi rendo conto che il loro modello commerciale, la loro storia e la loro fortuna si basano proprio sulla normazione rigorosa, ma come è possibile evocare lo stesso mobilio, le stesse procedure e le stesse uniformi ovunque nel mondo? È surreale.

E da cosa deriva quell’irrefrenabile desiderio infantile e adolescenziale di mangiare da McDonald’s? Non ricordo di essere stato bombardato da messaggi subliminali o campagne pubblicitarie particolarmente aggressive. Non sai nemmeno cosa mangerai, da McDonald’s, al di là di una vaga idea di hamburger e patatine. Sai solo che vuoi mangiare da McDonald’s. Pane vaporoso, salse cacofoniche, carne sottile e bruciacchiata, patatine flosce, un’unghia di ketchup. Se le stesse cose le mettesse in tavola tua madre, tu e tuo padre le respingereste con pari sdegno. Devi pure ordinare e pagare da solo ai totem, fare la fila per ritirare il vassoio di plastica in cassa e dare la caccia a un tavolinetto quadrato di finto marmo. Eppure, per fare tutto ciò, tu poppante imboccato, sei disposto a litigare con genitori e insegnanti.

Poi l’età ingrata finisce e al McDonald’s cominci ad andarci solo se sei di fretta o per accontentare tuo nipote. Non ci metti piede ormai da anni, quando ti si para davanti un esponente della generazione di tuo padre o di tuo nonno, l’indice ammonitore puntato: “Voi giovani, ormai, mangiate tutti da McDonald’s!”

Non c’è dubbio. Non è una catena di fast food, ma una setta con l’arcano potere di lacerare il tessuto della realtà.

Un inquieto saluto.

Stan

Giustizia e pressioni esterne

Mia cara Berenice,

mia cara Berenice, dopo un lungo e comprensibile silenzio, l’attrice americana Amber Heard è tornata sulle reti sociali per annunciare di aver “preso la difficilissima decisione di chiudere con un accordo stragiudiziale la causa per diffamazione intentata dal mio ex marito in Virginia”. Nel lungo e denso post, la Heard paragona sfavorevolmente il sistema giudiziario americano a quello britannico, a suo dire meno permeabile alle pressioni del suo ex marito e della sua comunità di ammiratori.

Non intendo entrare nel merito di una vicenda processuale complicatissima e che non ho minimamente seguito.

Mi interessa qui evidenziare come il sistema giudiziario britannico e quello americano, nati dallo stesso ceppo, abbiano preso strade fortemente divergenti.

Il primo ha fortemente circoscritto l’utilizzo delle giurie popolari e conservato un solenne e paludato cerimoniale che – personalmente ne sono convinto – rende molto più difficile all’isteria della folla varcare la soglia del tribunale.

Negli Stati Uniti, il diritto al processo per giuria è garantito dalla Costituzione, la procedura più informale, la spettacolarizzazione del processo più diffusa. Da una parte, i media cingono d’assedio il processo, pur resistendo generalmente il divieto di condurre riprese video; dall’altra, il processo per giuria stesso è diventato un topos narrativo e cinematografico. Viene così a crearsi un’osmosi affascinante in astratto, ma talvolta devastante nel caso concreto.

E in Italia? L’amministrazione della giustizia è prevalentemente affidata a giudici togati. I giudici popolari, presenti nelle Corti d’Assise, non sono paragonabili ai giurati anglosassoni, anche perché deliberano insieme ai giudici togati, estensori della motivazione della sentenza, la cui posizione ha certamente grande peso. Significa questo che i tribunali sono esenti da pressioni esterne o di altra natura? Vi è chi sostiene non sia così, soprattutto per quanto riguarda l’anello debole delle indagini preliminari nel procedimento penale, dove i requisiti di forma sono necessariamente allentati e la tentazione della ribalta mediatica può diventare forte.

Questo però ci conduce a un’altra tematica, molto più ampia e complessa.

Negli ordinamenti anglosassoni, le indagini sui reati sono considerate un affare puramente di polizia che nulla a che ha fare con il processo penale e molto poco con la giurisdizione. Il giudice interviene solo in modo occasionale, di solito per autorizzare perquisizioni e intercettazioni. Questo, indubbiamente, rende più facili e frequenti gli abusi da parte della polizia, non solo negli Stati Uniti ma anche nel Regno Unito – ne sanno qualcosa molti irlandesi o i sindacalisti intercettati ai tempi del Governo Thatcher. Dall’altra parte, però, i verbali d’indagine non esistono per il giudice che esige l’integrale formazione della prova in aula, in dibattimento. Non a caso la polizia britannica, quando vuole fare scattare facilmente le manette (di nuovo, il pensiero corre all’Irlanda), è costretta a far introdurre disposizioni legislative che la autorizzino all’arresto amministrativo senza alcun capo d’accusa, il cosiddetto “internamento” (internment).

In Italia, nonostante l’emanazione di un Codice di Procedura Penale teoricamente modellato sul modello anglosassone alla fine degli anni ’80, persiste l’idea che le risultanze delle indagini abbiamo già ufficialità e dignità processuale. Dopotutto, le indagini preliminari fanno parte integrale del procedimento penale, sono supervisionate da ben due magistrati (Pubblico Ministero e Giudice delle Indagini Preliminari), spesso già in contraddittorio con i difensori o addirittura in regime di incidente probatorio (cioè anticipando eccezionalmente il dibattimento). Del resto, in questo l’Europa continentale è influenzata da una tradizione radicata e profonda risalente alla figura francese del Giudice Istruttore e, prima ancora, al diritto romano-canonico.

Concludendo, in Italia probabilmente le pressioni esterne influenzano il processo meno che negli Stati Uniti; ma influenzano le indagini, e queste ultime influenzano il processo.

Che al mercato comprò…

Stan

Patriot

Mia cara Berenice,

in questi giorni, i missili antimissile di fabbricazione statunitense Patriot sono i pedoni su una scacchiera. Patriot americani da schierare a Kiev, Patriot tedeschi schierati in Polonia da trasferire in Ucraina… forse, o forse no.

Un sistema d’arma che ha retto bene il corso del tempo, tanto da richiamare alla memoria le vecchie guerre dell’Occidente e della NATO. Fu ai tempi della guerra del Kosovo, credo, che venne pubblicata una vignetta del notissimo caricaturista Forattini. Ritraeva un politico della Prima Repubblica, forse Andreotti in persona, in elmetto e mimetica. Interrogato da un giornalista su come l’Italia si sarebbe difesa da eventuali attacchi della Serbia, rispondeva convinto: “Con i nostri Patriot!”

La tematica della difesa dai proiettili aerei ci riporta anche al ruolo nella guerra in Ucraina di Israele, lo Stato che possiede probabilmente il più avanzato sistema di difesa al mondo, la famosa Cupola di Ferro che ha neutralizzato quasi completamente gli attacchi di Hamas dalla Striscia di Gaza. Inizialmente, Israele ha tentato, senza dubbio con la mediazione americana, di accreditarsi come mediatore, facendo leva sui rapporti costruiti con la Russia durante la guerra in Siria.

Si è poi ritirato in seconda linea, per una serie di fattori facili da intuire. La militanza nel campo occidentale. L’instaurarsi dell’Asse Mosca-Teheran. L’indebolimento della Russia anche in Siria, evidenziato dalla recente offensiva turca contro il Kurdistan.

Nel frattempo, sembra che la Russia abbia bombardato Kiev con missili nucleari su cui erano state montate testate convenzionali: una minaccia o semplicemente stanno finendo i normali missili da crociera?

A proposito di scorte, l’Italia viene citata spesso come uno dei Paesi NATO ad averne ancora di capienti. Li abbiamo, “i nostri Patriot”?

Secondo il sito istituzionale dell’Esercito Italiano, schieriamo tre sistemi di artiglieria contraerea: l’italo-francese SAMP/T, l’autarchico Skyguard-Aspide e il celeberrimo portatile Stinger. Nonostante l’usuale diligenza dei militari nell’aggiornare i siti, non mi aspetto naturalmente che il quadro sia completo, se non altro per ragioni classificatorie o per l’esistenza di Armi diverse dall’Esercito, come l’Aeronautica e la Marina. L’unica certezza è che, anche nel battezzare i sistemi d’arma, l’italiano rende molto di più dell’inglese.

Un sibilante saluto.

Stan

La palla di vetro con la neve

Mia cara Berenice,

oggi ho visitato un Comune laziale di circa duemilacinquecento abitanti e sono stato colpito dalla sua completezza.

Quando la guida locale ci ha fatto visitare il centro storico, ci ha mostrato diverse chiese e un duomo, architetture medievali e rinascimentali, due ali di botteghe intorno a una piazza contrassegnate da numeri romani risalenti ai Farnese. Arazzi penzolanti dalle case segnalavano la festa del Santo Patrono, il cui dito era custodito nella sagrestia del Duomo, tra i banchi del quale vengono proclamati i capifamiglia anziani deputati a pianificare e dirigere i festeggiamenti. Un enorme quadro ruotava sui cardini rivelando un’antica cappelletta affrescata, scoperta durante dei lavoratori di ristrutturazione. Fra gli ingranaggi degli edifici in pietra, rotanti intorno a una torre, erano incastonati la Biblioteca Comunale e il Teatro Comunale.

Attorno alla rocca faceva anello la sagra della castagna, frutto su cui si basa l’economia locale. Le bancarelle soppiantavano temporaneamente gli esercizi commerciali più vari, dalla farmacia all’agenzia di pompe funebri. Il traffico di veicoli era limitato dalle transenne della Polizia Locale, con due giovani agenti a pattugliare le vie.

Una palla di vetro striata di fiocchi di neve, ipnotica e meravigliosa.

Spesso, però, all’ipnosi si attribuisce un lato oscuro. Secondo Le Figaro, il generale de Gaulle, riferendosi alla Francia, avrebbe detto: “Come si fa a governare un paese con 258 tipi di formaggio?” (Il numero dei tipi di formaggio varia a seconda delle fonti.) Parafrasandolo, potremmo chiederci: “Come si fa a governare un paese con mille campanili?”

Un saluto di campane a stormo.

Stan

La toppa

Mia cara Berenice,

che giorno era ieri? Martedì, dirai tu… ma un martedì diventa un lunedì, quando il computer della tua postazione non funziona. Nessun segno di vita. Encefalogramma piatto.

Sono andato in Segreteria Dipartimentale e ho fatto richiedere l’assistenza. Il tecnico è arrivato verso l’una. Come sospettavo, lo maledetta docking station aveva cessato di funzionare e la batteria del portatile si era completamente scaricata.

“Purtroppo,” gli ho fatto presente, “l’alimentatore ce l’ho a casa”.

“Non si preoccupi”.

“Ne va a prendere uno in magazzino?”

“Me lo faccio prestare da un suo collega”.

“E il collega?”

“Dovrà lasciarmelo solo dieci minuti, poi l’alimentatore della docking station riuscirà a proseguire il caricamento”.

E così è stato.

Per l’età, il modo di fare e quel modo di risolvere i problemi, creativo e pratico al tempo stesso, mi ha ricordato mio padre.

El tacon l’e pedo del buso, si dice in Veneto, la toppa è peggio del buco… ma solo perché è stata mal concepita o eseguita.

La toppa in quanto tale, in Italia, è il minuscolo ingranaggio che fa girare, il mattone su cui poggia tutto.

Ricordo una signora che trascorreva parte dell’anno in Germania – molti veneti lo fanno, perché gelatai o per altri motivi – descrivere con riprovazione e raccapriccio il modus operandi degli artigiani tedeschi: “Li chiami a riparare la lavatrice. Viene il tecnico e viene l’apprendista. Come prima cosa, si fanno consegnare gli schemi. Senza gli schemi, non fanno niente. Poi si mettono a lavorare con una flemma impressionante. Tu li guardi e sudi freddo”.

Un brivido.

Stan

PS: Le donne sono sempre freddolose. Mio padre, invece, avrebbe detto “pitost che veder un del genere lavorar, l’e mejo veder la casa che brusa”: piuttosto che vedere uno del genere lavorare, è meglio vedere la propria casa che brucia.

Fiori nel deserto

Mia cara Berenice,

ieri una pioggia battente cadeva su Roma, nel primo giorno della vittoria della destra.

Oggi splende il sole ed è accaduto qualcosa di ancora più straordinario.

Ieri sera, un’agenzia di traduzione ceca per cui lavoro mi ha notificato che un grosso progetto dato in appalto da Google, a cui partecipo ormai da anni, sarebbe stato chiuso per disposizione del committente.

Come compensazione, mi veniva offerto un altro progetto, sempre per il gigante americano. Per aderire all’offerta, dovevo accedere al portale commerciale (business) aziendale, inserire un codice, aggiornare i miei dati personali e commerciali, superare un test.

Ebbene, tutto ciò ha funzionato. Certo, ho dovuto rigenerare la password per il portale aziendale, ma era il minimo sindacale. A proposito, ora che ci penso, stamane ho partecipato a una riunione sindacale in modalità ibrida e anche lì tutto è filato liscio: niente problemi con i microfoni casalinghi o direzionali, niente ritorni d’audio, niente connessioni traballanti, nulla.

Insomma, niente panico, anzi: ottimismo e, per restare nell’ambito della politica vintage, sole che ride.

Sarebbe molto più grave se, improvvisamente, gli autobus dell’ATAC arrivassero in orario, un evento che segnerebbe non il mero ritorno di un regime fascista, ma più probabilmente uno strappo nel tessuto stesso dell’Universo.

Un tranquillizzante saluto.

Stan

Affluenza

Mia cara Berenice,

come già ti ho scritto, oggi si vota in Italia per le elezioni politiche. È prevista una affluenza marcatamente bassa, eppure il mio seggio era così affollato che le code davanti alle varie Sezioni si intersecavano stringendo un nodo di Gordio. Una suora scendeva le scale, il documento di identità e la tessera elettorale in un bustone ocra del Comune. Un’anziana signora, spossata dai gradini, faceva una sosta sul pianerottolo, sostenuta dal figlio. All’ingresso della mia Sezione, si ironizzava sui seggi e le liste ancora segregate per sesso, che finivano per favorire i più sparuti votanti maschi. Insomma, un quadro pittoresco e paesano che sembrava spazzare via, almeno fuggevolmente, le inquietudini allarmiste dei commentatori.

Va peraltro detto che le urne sono aperte solo oggi e soprattutto che in Italia, quando si parla di bassa affluenza, si parte comunque da una base molto alta.

Anche se la destra parte con i favori del pronostico, il risultato ha dei margini di incertezza. Non verranno diffusi proiezioni o exit poll fino alla chiusura delle urne, stasera alle 23.

Roma vota dopo una vigilia temporalesca, trascorsa dalle Autorità all’affannosa ricerca di scrutatori. Anche su questo incarico che si mormora essere ben pagato si sono abbattute, evidentemente, le Grandi Dimissioni. Pensa se la giornata fosse meno fresca e invitasse a un’ultima puntata al mare…

Un civico saluto.

Stan

Fog of war

Mia cara Berenice,

lamentarsi della politica è uno sport nazionale a tutte le latitudini, ma è la prima volta che, per quanto mi sforzi, continuo a dimenticarmi delle elezioni previste per il giorno dopo; è come se, nella mia mente, una nebbia circondasse questa informazione.

Pur lavorando in centro storico e frequentandolo spesso, non mi sono accorto dei comizi in Piazza del Popolo, nemmeno di riflesso per la presenza delle Forze dell’Ordine o il traffico.

Pochissimi manifesti, nessun volantino nelle cassette delle lettere. Oggi hanno suonato al citofono, pensavo fosse qualche attivista, era la Polizia Municipale che avvertiva di sgomberare le auto dalla strada, prima dei lavori di asfaltatura.

Nessuna manifestazione pacifista, blande le proteste per l’aumento delle bollette.

Nessuna traccia dei sondaggi clandestini che solitamente ravvivavano la Rete con pittoresche allegorie di corse ippiche o conclavi ecclesiastici.

A Palazzo Chigi, il prossimo Presidente del Consiglio ci arriverà strisciando nei tunnel e nelle fogne, come una pattuglia avanzata del Vietcong.

Un silenzioso saluto nell’umida notte indocinese.

Stan