Sull’Irlanda del Nord

Mia cara Berenice,

secondo le stime dell’Istituto di Ricerche Socioeconomiche di Dublino, la produttività dell’Irlanda del Nord è inferiore del quaranta per cento a quella dell’Irlanda. Un divario enorme, anche tenendo conto del fatto che l’Irlanda è nota per le sue politiche pro impresa molto spinte, comprensive di fortissimi sgravi fiscali per le multinazionali.

Del resto, le sei Contee rimaste sotto sovranità britannica vengono da decenni di guerra civile a bassa intensità, a cui gli Accordi del Venerdì Santo del 1998 hanno messo fine solo al prezzo di un sistema istituzionale machiavellico e lottizzato, in cui unionisti e repubblicani si spartiscono Ministeri e seggi dell’Assemblea, il parlamento nordirlandese di Belfast. Nonostante ciò, le tensioni continuano a covare sotto la cenere. Solo due giorni fa, l’Unità Investigativa Antiterrorismo del Corpo di Polizia dell’Irlanda del Nord ha arrestato il settimo uomo della squadra sospettata di aver fatto detonare una bomba al passaggio di una pattuglia.

A tutto ciò è andata ad assommarsi la Brexit che ha fatto improvvisamente risorgere il confine doganale tra Irlanda e Irlanda del Nord. Durante i tormentati negoziati di divorzio, Londra e Bruxelles hanno concordato che i beni importati dalla Gran Bretagna in Irlanda del Nord vengano sottoposti a ispezione doganale nei porti dell’Irlanda del Nord stessa, venendo per l’effetto esentati da ispezioni al confine.

I partiti unionisti nordirlandesi, tuttavia, hanno puntato i piedi davanti alla prospettiva di quello che ritengono un confine doganale di fatto tra Gran Bretagna e Irlanda del Nord. Londra vorrebbe adottare unilateralmente, contro il parere di Bruxelles, una soluzione di compromesso, esentando dai controlli nei porti i beni destinati all’importazione nella sola Irlanda del Nord (c.d. “Corsia Verde”). Con l’occasione, il Governo britannico vorrebbe approfittarne per esentare le imprese nordirlandesi dalle norme europee sugli aiuti di Stato e per mettere fine alla giurisdizione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sull’interpretazione e applicazione del Protocollo sull’Irlanda del Nord.

Di per sé non particolarmente significativa, questa controversia evidenzia come basti un granello di sabbia per inceppare i farraginosi ingranaggi della macchina che tiene in vita le sei Contee britanniche.

A medio termine, forse, l’unica soluzione è quella prevista dagli Accordi del Venerdì Santo, secondo cui Dublino e Londra “riconoscono la legittimità di qualunque scelta liberamente esercitata dalla maggioranza del popolo dell’Irlanda del Nord in merito allo status della medesima, in termini favorevoli all’Unione con la Gran Bretagna o di un’Irlanda unita e sovrana”. Dopotutto, l’ultimo censimento del 2021 ha certificato che, nelle sei Contee, ci sono ormai più cattolici che protestanti…

Cockles and mussels, alive, alive, oh!

Stan