Alfabeti

Mia cara Berenice,

c’è l’alfabeto italiano, snocciolato, insieme a nozioni spicciole di geografia, agli sportelli o agli operatori telefonici: A di Ancona, B di Bari, C di Como, D di Domodossola, E di Empoli, F di Firenze, G di Genova, H di Hotel, I di Imperia, L di Livorno, M di Milano, N di Napoli, O di Otranto, P di Palermo, Q di Quadro, R di Roma, S di Savona, T di Torino, U di Udine, V di Verona, Z di Zara.

C’è l’alfabeto inglese che ti fanno cantilenare alle elementari: A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z.

C’è l’alfabeto fonetico NATO che i più hanno imparato al cinema: Alfa, Bravo, Charlie, Delta, Echo, Foxtrot, Golf, Hotel, India, Juliet, Kilo, Lima, Mike, November, Oscar, Papa, Quebec, Romeo, Sierra, Tango, Uniform, Victor, Whiskey, X-Ray, Yankee, Zulu. Chissà se Mike e Juliet hanno ballato un bel tango, alla fine.

C’è l’alfabeto greco che ti inculcavano al Ginnasio, insieme alla differenza fra vocali chiuse e aperte: alfa, beta, gamma, delta, epsilon, zeta, eta, theta, iota, kappa, lambda, mi, ni, xi, omicron, pi, rho, sigma, tau, hypsilon, phi, chi, psi, omega. Roba sacra, da misteri eleusini, e solo una pandemia e la burocrazia dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, messe insieme, potevano alterarlo: via la “ni”, troppo simile a “new”; via la “xi”, troppo identica al nome del Presidente cinese.

C’è l’alfabeto Morse, riesumato da “The French Dispatch” (USA-Germania, 2021), che ho visto proprio ieri. No, tu non vederlo. Ufficialmente, perché è troppo simile all’inarrivabile “Grand Budapest Hotel” (USA-Germania, 2014). Ufficiosamente, perché mi guarderesti fisso negli occhi e mi chiederesti a bruciapelo: “Ti è piaciuta, eh, Léa Seydoux che alternava il nudo integrale all’uniforme da secondina?”

C’è l’alfabeto khmer, così complicato che in Cambogia tutti usano i messaggi vocali. No, non sto cercando di cambiare argomento.

Uno svicolante saluto.

Stan

Sull’utilizzo dell’italiano e delle lingue straniere negli atti ufficiali

Mia cara Berenice,

quanto affermi è vero, la Costituzione della Repubblica Italiana non prevede esplicitamente l’italiano come lingua ufficiale dello Stato.

Esiste tuttavia una disposizione di rango costituzionale, l’articolo 99 dello Statuto Speciale del tuo Trentino Alto Adige, ai sensi del quale “nella regione la lingua tedesca è parificata a quella italiana che è la lingua ufficiale dello Stato. La lingua italiana fa testo negli atti aventi carattere legislativo e nei casi nei quali dal presente Statuto è prevista la redazione bilingue”.

L’italiano è inoltre incluso nella lista delle lingue ufficiali dell’Unione Europea.

Infine, una Legge del 1999, pur dedicata alla tutela delle minoranze linguistiche, esordisce solennemente: “La lingua ufficiale della Repubblica è l’italiano”.

Come dici tu, può comunque accadere che determinati atti ufficiali facciano uso di termini inglesi.

Nel 2001, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha diramato la Guida alla redazione dei testi normativi, il cui paragrafo 1.6 recita: “Sono evitati i termini stranieri, salvo che siano entrati nell’uso della lingua italiana e non abbiano sinonimi di uso corrente in tale lingua”.

Va detto che, nella prassi, l’utilizzo dell’inglese viene evitato con un certo zelo: così, il leasing è diventato locazione finanziaria, il factoring cessione dei crediti d’impresa. Perfino il famigerato green pass svapora in una più innocua ed ecologica certificazione verde, che ricorda l’attestazione delle prestazioni energetiche di una caldaia.

All the best,

Stan