Nessuno vuole l’Indonesia

Mia cara Berenice,

stamane, l’edizione italiana dell’Huffington Post dedica un articolo al movimento indipendentista della Nuova Guinea.

La nuova Guinea è un’isola del Pacifico, tagliata in due da un confine di Stato lungo il 141° meridiano est. Una simile frontiera non può che avere origini coloniali e, infatti, è un’eredità del XIX secolo, quando l’isola era spartita tra Indie Orientali Olandesi, Nuova Guinea Tedesca e Papuasia Britannica. Oggi, i territori a ovest del confine sono soggetti alla sovranità indonesiana, mentre quelli a est costituiscono lo Stato indipendente della Papua Nuova Guinea.

Come puoi immaginare, il movimento indipendentista si sviluppa sul versante occidentale ed è dunque anti-indonesiano.

Povera Indonesia, così poco amata. Nel 2002, è stata costretta costretta a concedere l’indipendenza a Timor Est, l’ex Timor Portoghese. Negli anni ’70 ha provato ad andarsene Aceh, combattendo accanitamente per decenni. Ora, anche la Nuova Guinea è insofferente.

Viene così accusato di imperialismo un Paese, l’Indonesia appunto, che per il colonialismo ha sofferto così tanto. All’inizio del XIX secolo, venne annessa dai Paesi Bassi che vi installarono un’Amministrazione eccezionalmente dura. Nel 1942 arrivò la “liberazione” da parte del Giappone, in realtà interessato al petrolio dell’arcipelago. Dopo la guerra tornarono gli olandesi e ci volle un durissimo conflitto armato per costringerli ad andarsene nel 1949.

Negli anni ’60 l’Indonesia indipendente perse una guerra combattuta contro il Commonwealth Britannico, dopo che Londra decise di assegnare alla Malesia il ricco Sultanato del Brunei.

Anche nell’indipendenza di Timor ebbero un ruolo notevole l’Australia, ex Potenza coloniale regionale, il Portogallo e perfino la Santa Sede, ben radicata nell’ex dominio lusitano.

Arrivederci, Indonesia.

Stan