L’ospite cinese

Mia cara Berenice,

a Roma c’è un illustre ospite straniero e non è il solito gentiluomo inglese e francese interno a fare schizzi di monumenti. Si tratta invece di Sua Eccellenza Wang Yi, Direttore della Segreteria della Commissione Centrale Affari Esteri del Partito Comunista Cinese, consigliere di Stato, membro del Politburo, già Ministro degli Esteri di lungo corso, nel pieno di un Grand Tour europeo.

La Cina potrebbe avere un ruolo cruciale per condurre a una soluzione negoziata la guerra in Ucraina, ma in cambio di cosa? All’Italia, probabilmente Wang (nei nomi cinesi, il cognome si antepone al prenome) ha chiesto un rilancio della Nuova Via della Seta, un’iniziativa di ampio respiro del Governo cinese per riportare agli antichi fasti, sull’onda della globalizzazione, il commercio eurasiatico. Il progetto, tuttavia, stenta a decollare, anche per la comprensibile diffidenza dei Paesi convolti, timorosi di una colonizzazione informale cinese. La Nuova Via, oltretutto, rischia di essere un fendente sanguinoso nel ventre profondo della Russia, gelosa della sua sfera d’influenza sulle Repubbliche ex sovietiche… ecco un ulteriore motivo per cui ti dico spesso di non credere all’asse Mosca-Pechino. Tornando a Roma, per le ragioni sopraccitate la Via piace poco anche all’attuale Governo nazionalista italiano.

Certamente, la Cina amerebbe ricevere mano libera su Taiwan e la garanzia del silenzio sulla situazione dei diritti umani all’interno dei suoi confini, sulla repressione a Hong Kong e sulla persecuzione della Chiesa Cattolica… ma sono concessioni troppo grosse da fare. Per quanto riguarda il silenzio, in regime democratico è impossibile garantirlo. La neutralità su Taiwan, invece, potrebbero offrirla solo gli Stati Uniti, e dubito vi sarebbero disposti.

Per quanto possa sembrare cinico e neocoloniale, forse proprio in Ucraina la Cina potrebbe trovare il suo premio. Oltre al lustro di mettere fine a un così drammatico conflitto europeo, Pechino potrebbe trasformare la neutralità ucraina in una zona franca a proprio favore. Immagini, Sua Eccellenza Wang, grossi prestiti cinesi al Governo ucraino, appalti a imprese cinesi per la ricostruzione, diritti minerari cinesi sul Donbass, magari perfino un contingente di truppe di pace cinesi schierato sulla linea di demarcazione armistiziale.

Non basterebbe, forse?

Stan

Fuoco e petrolio

Mia cara Berenice,

saranno i roghi accesi della Russia al confine con la Finlandia, sarà il gran clamore per l’uscita del prequel de “Il Trono di Spade”, ma quando ieri sera, a uno spettacolo sulla Tiberina in onore del Maestro Morricone, ho visto la ballerina brandire due torce infuocate sotto il naso di pianista e violinista, mi si è conficcato in capo un tarlo dalla cui crisalide è uscito il racconto che ti allego.

Stan

P.S.: Sì, lo so che la crisalide, a rigore, apparterrebbe al bruco e non al tarlo.

FUOCO E PETROLIO

Dopo la presentazione improvvisata del diplomatico, che sudava copiosamente e continuava a lucidarsi la pelata, le tre interpreti si allinearono sul palco.

In abito lungo, trucco e acconciatura impeccabile la pianista e la violinista. L’impresario dovette ammettere che erano state brave ad apparecchiarsi in quel modo, senza maestranze ad aiutarle.

Terza e ultima, arrivò la ballerina, in abbigliamento sportivo e treccine. Almeno si è depilata le ascelle, si consolò l’impresario.

“Be’, fanno… un bel contrasto,” azzardò il Direttore Generale.

“È voluto,” rispose con faccia tosta l’impresario.

Contrasto, rimuginò. Chi pretendevano che potesse mettere insieme, a Ferragosto, con meno di ventiquattro ore di preavviso? La guerra in Ucraina… l’accordo con il Paese nordafricano da chiudere in fretta e furia… l’Ambasciatore e il Ministro da intrattenere per una serata di gala, nel cortile d’onore di una caserma dismessa del Demanio.

Le due fighe di legno, rampolle della nobiltà nera romana, le aveva raccattate in una casa dell’Opus Dei in centro storico. Erano loro il violino e il pianoforte, entrambi pezzi di pregio; lui aveva dovuto solo procurare un camion di fruttaroli bengalesi per il trasporto. La punk aveva risposto al telefono dalle viscere di un’ex filanda a Montespaccato.

Nei camerini ricavati dal corpo di guardia, le aveva trovate litigare ferocemente. Non ne sapeva il motivo, ma non era difficile ipotizzarne tre o quattro di perfettamente plausibili.

Le due numerarie attaccarono, mentre la ballerina attizzava altrettante torce. Una volta accese di una bella fiamma gagliarda, gettò la prima tra le corde del pianoforte e infilò la seconda nella cassa del violino. Mentre le due musiciste cercavano disperatamente di salvare i loro strumenti, si allontanò a lunghe falcate regali ed elastiche, saltando giù dal palco e scomparendo nei camerini.

Non si fa l’impresario per quarant’anni senza diventare rotto a simili inconvenienti e il nostro si alzò in piedi, battendo freneticamente le mani. L’Ambasciatore e il Direttore Generale esitarono. Il Ministro, ipnotizzato dalle lingue di fuoco che si alzavano dal pianoforte, ripensava con orgasmo alla guerra civile e al golpe a cui doveva il posto. Scattò in piedi sbattendo i tacchi e si unì all’applauso.

Il grano

Mia cara Berenice,

l’Ucraina ha chiesto alla Turchia di sequestrare – gli anglosassoni userebbero il termine “arrest” – una nave russa carica di grano mietuto nei territori occupati.

Se proprio questo osceno conflitto zarista fuori tempo massimo ha un pregio, è quello di ricordarci il valore del grano, la materia prima del pane, un alimento del fortissimo significato simbolico, tanto da dominare lo stemma della FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura che ha sede proprio qui a Roma.

Nel famoso emblema comunista della falce e del martello, la prima serve appunto a mietere.

Nonostante il forte presidio del Partito Comunista Italiana nell’Assemblea Costituente, nello stemma della Repubblica Italiana troviamo solo l’ulivo, la quercia e l’ingranaggio.

Sono abbastanza vecchio e campagnolo da ricordare ancora i tempi in cui, nelle Venezie, si coltivava il grano nei campi, prima che quel prodotto perdesse ogni convenienza di mercato, ben prima dell’imporsi della monocoltura della vite.

Ora per il grano si combatte, del grano si discute nei consessi internazionali.

Pochi giorni fa, a Elmau, in Germania, il G7 ha deliberato che “la guerra di aggressione combattuta dalla Russia contro l’Ucraina, anche bloccando le rotte di esportazione del grano ucraino, sta aggravando drammaticamente la crisi della fame, determinando la distruzione della produzione agricola, delle catene di rifornimento e del commercio, così portando i prezzi mondiali di cibo e fertilizzanti a livelli senza precedenti; di tutto ciò, la Russia ha un’enorme responsabilità”.

Il G7 parla di aggravamento, in quanto, citando un’altra Agenzia romana delle Nazioni Unite, il Programma Alimentare Mondiale, “il mondo sta affrontando una crisi globale della fame di proporzioni senza precedenti. In soli due anni, il numero di persone in uno stato di grave insicurezza alimentare è aumentato di oltre 200 milioni, dalle 135 milioni di persone pre-pandemia alle 345 milioni di persone di oggi. Di questi, fino a 50 milioni di persone in 45 paesi sono ad un passo dalla carestia. Particolarmente preoccupanti sono Etiopia, Somalia, Yemen, Sud Sudan e Afghanistan. La crisi, provocata da una combinazione di shock climatici, conflitti, impatto economico del COVID, aumento dei prezzi di cibo e del carburante, è stata ulteriormente aggravata dalla guerra in Ucraina”.

Un solenne, calloso saluto da seminatore dannunziano.

Stan

I seguiti di competenza

Mia cara Berenice,

stamane sono stato contattato da un collega che chiedeva qualche dritta su come fare rientrare la moglie supplente in Puglia.

Gli ho dato un riferimento al Provveditorato di Bari, con il caveat che l’algoritmo delle assegnazioni è ormai autocosciente, come Skynet nella saga di Terminator.

Ciò mi ha ispirato il racconto che troverai in allegato e spero gradirai.

Un saluto.

Stan

I SEGUITI DI COMPETENZA

Agosto moriva in un sudario d’afa e l’inizio dell’Anno Scolastico era alle porte, ma questo non impediva al Ministero dell’Istruzione di essere spettralmente vuoto.

Sul tetto, dove si trovano gli alloggi di servizio, un’adolescente prendeva il sole su una sedia a sdraio, immota sotto il sole cocente. Ai cancelli d’ingresso portieri e operatori della Protezione Civile, le divise stazzonate e allentate, chiacchieravano e fumavano. Al secondo piano o piano nobile, riservato agli uffici del Gabinetto del Ministro e dei Sottosegretari, sudava lo sparuto personale di turno.

Una giunonica segretaria, insaccata in un camicione a pois, veleggiava in direzione dell’ufficio della facente funzioni del Capo di Gabinetto, sventolandosi con un ventaglio di vimini con la mano destra e reggendo una velina nella mano sinistra.

“Dottoressa!” Tuonò, affacciandosi alla porta. “È arrivata una circolare del Ministero della…” Si interruppe, portando il foglio all’altezza degli occhi. “Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale… ma che è?”

“Manda tutto al Direzione Generale Sistemi Informativi e al DPO!” Bofonchiò la dirigente.

“Dice ‘Importante e urgente’ e l’oggetto è ‘Pericolo di attacchi cibernetici russi'”.

“Mamma mia, con questa guerra in Ucraina e in Moldavia stanno tutti impazzendo… fammi un po’ vedere… che razza di logo… sembra Guerre Stellari… ‘elementi dal Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica… minacce specifiche… elementi dell’apparato governativo russo, soggetti formalmente privati ma presumibilmente avanti legami con il predetto apparato… infine, soggetti effettivamente privati, russi e non, agenti per motivi patriottici, antioccidentali, di lucro o di fama nell’ambiente della pirateria informatica…’ vabbe’… come dicevo, girala ai Sistemi Informativi”.

“E basta?”

“E che altro potrei farci? Ma poi, scusa, che attacchi informatichi dovrebbero fare, qui da noi?”

“Be’, abbiamo i dati di milioni di minorenni, compresi i figli dei pentiti…”

“Quelli la Segreteria di Sicurezza li tiene solo in cartaceo, appunto per eventualità del genere. I dati degli studenti ce li hanno fregati già due anni fa, un’istruttoria del Garante e una denuncia del CODACONS… sai che potrebbero hackerare, invece? L’algoritmo per le assegnazioni dei docenti, e spedire docenti in giro per l’Italia a caso”.

“Ah be’, guardi, nessuno noterebbe la differenza”.

“Appunto. Quindi, manda tutto ai Sistemi Informativi”.

“Ci vuole mettere una nota di accompagnamento?”

“‘Con preghiera di dare i seguiti di competenza’”.

Europa e guerra, Europa in guerra, Europa di guerra

Mia cara Berenice,

non mi aspettavo tanto entusiasmo, da parte tua, per il riarmo della Germania: hai già dimenticato Sadova e la perdita del Lombardo-Veneto?

Oltretutto, in ambito militare l’Europa non spende così poco, piuttosto spende male. Poco fa, l’Alto Rappresentante Josep Borrell notava che le spese militari europee sono quasi l’equivalente di quelle cinesi e il quadruplo di quelle russe.

Da una parte, la Cina dichiara, secondo le stime, la metà di quanto spende. Dall’altra, immagino che Borrell non tenesse conto della Gran Bretagna, le cui forze armate non sono affatto disprezzabili.

Come mai una cleptocrazia come la Russia spende un quarto di noi e può permettersi interventi in Siria e Ucraina, mentre noi non oseremmo invadere il Bhutan? C’è il terror belli di cui l’Europa è imbevuta dopo due Guerre Mondiali, certo; ma ci sono anche, banalmente, duplicazioni e inefficienze, come dimostrato dal tentato intervento anglo-francese in Libia.

Inoltre, come diceva il mio vecchio amico G., grande esperto di guerra sottomarina, è inutile integrare le forze armate europee, finché non esiste una vera politica estera e di difesa comune, sottratta al diritto di veto di ciascuno Stato membro.

Tuttavia, l’infame guerra in Ucraina un impatto positivo l’ha avuto. Approfittando dello sconvolgimento portato dal conflitto, il senatore Giovanni Pittella, detto Gianni, già Vice-Presidente Vicario e capogruppo socialdemocratico al Parlamento Europeo, ha osato rompere un vero e proprio tabù. Nel corso di un’audizione davanti alla Commissione Finanze della sua Camera, Pittella ha ammesso che sul PNRR bisogna “avere il coraggio di guardare la realtà. Il termine ultimo del 2026 perché la spesa debba essere certificata è oggi irrealistico”. Naturalmente, Pittella ne incolpa soprattutto la guerra, ma ha l’onestà di accennare anche alle criticità amministrative, soprattutto nei Comuni.

Insomma, viene finalmente certificato l’ovvio. Perché costringere l’Italia, che fatica a spendere i fondi europei ordinari in un settennio, a impiegare una somma enormemente più elevata in un quinquennio? Nella peggiore delle ipotesi, sarà un plateale fallimento, non solo per l’Italia, ma anche per le Istituzioni europee e il processo di integrazione. Nella migliore, avremo una spesa di pessima qualità, forse ancora più deleteria.

Un profetico saluto.

Stan

Chernobyl

Mia cara Berenice,

l’improvvisa e improvvida invasione russa dell’Ucraina – personalmente, ero convinto si sarebbero accontentati del Donbass, rimettendo in scena il copione già visto per la Crimea – ha scatenato la prevedibile guerra di propaganda, arte in cui del resto i russi sono degni eredi dei sovietici.

Le fonti dirette sono poche, le notizie si contraddicono, il materiale caricato in Rete non sempre è attendibile; la stampa italiana, per esempio, si è fatta turlupinare da foto di una parata militare del 2020 e addirittura di un videogioco.

Tuttavia, lo stesso Governo di Kiev avrebbe ammesso che la Russia ha preso il controllo dell’ex centrale nucleare di Chernobyl, sopraffacendo la locale guarnigione. È difficile immaginare battaglia che sia simbolo più eloquente di questa guerra.

C’è tutto.

L’incoscienza di combattere tra scorie radioattive e misure di contenimento sovietiche (il famoso sarcofago in cemento armato colato sul reattore) la cui obsolescenza ha suscitato non pochi allarmi fra gli esperti.

Gli strascichi dell’ottusa oppressione russa.

La comprova dei tratti coloniali, ereditati dall’Impero zarista, di un’Unione Sovietica ufficialmente federalista o addirittura confederale, in pratica iper-centralizzata.

La miseria di combattere per un lembo di terra contaminata.

Il sapore di presagio della fortunata miniserie angloamericana del 2019, accolta in Russia con una denuncia per diffamazione da parte del Partito Comunista, ma anche dei vari film e videogiochi occidentali hanno sfruttato Chernobyl come ambientazione dell’orrore, immaginando che il pulsante cuore radioattivo generasse mostri, mutanti, golem, zombie…

Chernobyl.

Un saluto gracchiante diffuso dagli altoparlanti.

Stan

Com’era nei piani

Mia cara Berenice,

“Com’era nei piani”, cantavano i genitori dei nubendi ne “La sposa cadavere” (USA-GB, 2005) di Tim Burton.

Com’era nei piani, gli Stati Uniti hanno ulteriormente accelerato il loro ritiro dall’Afghanistan e le analogie con quello dal Vietnam sono impressionanti: dal piccolo contingente lasciato a difendere l’Ambasciata e l’aeroporto, all’assicurazione del Presidente Biden che il sostegno al Governo locale proseguirà sotto altre forme, dalle dichiarazioni rassicuranti del Pentagono alla minaccia di attacchi aerei contro i talebani da parte del generale Scott Miller.

Sullo sfondo, l’allarme lanciato dall’Inviata Speciale ONU Deborah Lyons che ha avvertito il Consiglio di Sicurezza: negli ultimi due mesi, i talebani hanno preso il controllo di cinquanta Distretti.

Quando nel 2001, poco dopo gli attacchi dell’11 settembre, la Casa Bianca notificò il suo ultimatum a Kabul, due cose mi colpirono.

La prima, l’unanimità più unica che rara mostrata dalla comunità internazionale nel condonare l’invasione. Perfino l’ONU e la Santa Sede parlarono di diritto all’autodifesa degli Stati Uniti, anche se questo presuppone un attacco armato in corso, il Governo afghano aveva uno controllo scarso e parziale del suo territorio e gli attentati erano stati portati da al-Qaeda, quest’ultima considerata dallo stesso Governo americano una Parte belligerante distinta dall’Afghanistan.

In un articolo pubblicato nel 2002 dalla rivista Humanitäres Völkerrecht, Avril McDonald riferisce che il giudice George H. Aldrich del Tribunale Iran-Stati Uniti “concorda con la Casa Bianca sul fatto che esistono due distinti conflitti armati. Uno degli Stati Uniti e i loro alleati contro i talebani, il Governo di fatto dell’Afghanistan, svoltosi sul territorio dell’Afghanistan stesso e di natura internazionale. Un secondo fra gli Stati Uniti e i loro alleati contro al-Qaeda, non circoscritto al territorio dell’Afghanistan e la cui natura internazionale o meno è da determinarsi”.

Il secondo elemento ad attirare la mia attenzione fu la leggerezza con cui si entrava, con armi e bagagli, nelle gole sabbiose e inospitali di quella che era stata la tomba degli eserciti dei grandi Imperi. Dal suo gioiello indiano, l’Impero Britannico combatté contro l’Afghanistan, infruttuosamente, tre guerre, una delle quali nel 1919. Più nota è quella di logoramento persa dall’Armata Rossa negli anni ’70 e ’80, a cui Hollywood ha dedicato “Rambo III” (USA, 1988) e il più pregevole “La guerra di Charlie Wilson” di Mike Nichols (USA, 2007), con Tom Hanks, Julia Roberts, Philip Seymour Hoffman, Amy Adams ed Emily Blunt.

L’attuale conflitto, se non altro, ci ha dato invece “Leoni per agnelli” (USA, 2007), di e con Robert Redford, con Meryl Streep e Tom Cruise. Decisamente meno memorabile “Whiskey Tango Foxtrot”(USA, 2016), con Margot Robbie, Billy Bob Thornton e Alfred Molina. I fan della Marvel, infine, ricorderanno la genesi di Iron Man nelle grotte dell’Afghanistan.

Un frettoloso saluto in partenza da Kabul.

Stan

Guerra di trincea

Mia cara Berenice,

anche Trump infine, dopo l’OMS, si è inchinato alla maestosa potenza delle mascherine.

Possiamo immaginarle mentre avanzano a passo marziale, indomite imperterrite e inesorabili, come le scope nella celebre sequenza di “Fantasia” (USA, 1940), a espugnare prima l’extraterritorialità ginevrina dell’OMS, poi addirittura la Casa Bianca, come in qualche film d’azione o di distopia.

Occorre augurarsi che questa marcia trionfale prosegua all’infinito, fino a buttare a mare il virus che ormai ci sta saturando le menti.

Ricordi? Ci eravamo riproposti, all’inizio, un carteggio libero dal covid (covid free) o in cui, quantomeno, la pandemia restasse sullo sfondo, oltre le quinte, fuori scena, come l’azione nel teatro classico.

Diventa però sempre più difficile e la nostra risoluzione scricchiola. Falliamo. D’altronde, riuscire equivarrebbe a rinchiudersi in una bolla e sa il cielo se ce ne sono già abbastanza, dalle bolle sociali (social bubble) a quelle di viaggio (travel bubble).

Pensare che una tempesta di bolle iridescenti dovrebbe evocare infanzia, gioco, spensieratezza. Era all’inizio della Fase 2, credo, che vidi un artista di strada intessere lunghi manicotti di sapone nel cielo sui Fori Imperiali.

Del resto, una parte considerevole del piacere che ci proviene da una bolla consiste nel farla scomparire nel nulla con la semplice, leggerissima pressione del dito indice. Un gesto che ci dà una sensazione di onnipotenza riservata, ormai, solo al virus e alle mascherine.

Squilla la tromba, ed ecco queste ultime sorgere come un sol uomo (si può dire?) dalla trincea, incitate dalle mascherine ufficiale. Vengono prese di petto da una fittissima mitraglia di bolle di sapone che le inzuppano e la fanno colare, sudice e informi, tra la terra e i sassi, appiccicate. Eppure continuano ad avanzare, lente e cocciute, quasi suicide.

Eppure…

Uno speranzoso saluto.

Stan