Sulle lettere aperte recentemente pubblicate da alcuni membri delle Forze Armate francesi

Mia cara Berenice,

negli ultimi mesi, la rivista di destra francese Valeurs Actuelles ha pubblicato due lettere aperte alle Autorità politiche, la prima firmata da un gruppo di generali a riposo, la seconda da militari in servizio attivo.

Queste missive sono state rilanciate dalla stampa internazionale come anti-islamiche, ma, almeno a giudicare dal testo della seconda che ho ritrovato nell’originale francese, i chepì ce l’hanno un po’ con tutti: con l’Islam sì, ma anche con la sinistra (“communautarisme”), la corruzione della classe dirigente, la degenerazione dell’ordine pubblico. Insomma, un repertorio reazionario dei più classici.

Il paragrafo più velatamente minaccioso è il seguente: “Sì, se scoppierà una guerra civile, l’esercito manterrà l’ordine sul suolo nazionale, perché questo gli sarà richiesto e questa è la definizione stessa di guerra civile. Nessuno può volere una situazione così terribile, né noi né tantomeno i militari più anziani, ma sì, di nuovo, la guerra civile cova in Francia e voi lo sapete perfettamente”.

Il Governo e lo Stato Maggiore francese hanno giustamente risposto con rigore, annunciando procedimenti disciplinari e giudiziari a carico dei firmatari ancora in servizio attivo.

Un simile episodio non stupisce e allarma allo stesso tempo, perché le Forze Armate francesi non sono affatto nuove a incursioni sull’agone politico.

Non occorre richiamare i golpe che portarono al potere Napoleone I e Napoleone III, il caso Dreyfus o lo zelo con cui, durante la Seconda Guerra Mondiale, lo Stato Maggiore francese diagnosticò la disfatta, per poi avviare, sotto la guida del maresciallo Philippe Pétain, una reazionaria Rivoluzione Nazionale a occupazione tedesca ancora in corso.

Parlo di fatti verificatisi nel dopoguerra, quando la democrazia in Europa sembrava ormai un fatto compiuto, almeno nei Paesi fondatori dell’Unione Europea.

Per ben due volte, nel 1958 e nel 1961, le Forze Armate si ammutinarono nel tentativo di salvare l’Algeria Francese. Nel primo caso, i parà dell’Esercito assunsero il controllo della Corsica; a Rambouillet, le truppe corazzate attendevano solo un ordine da Algeri per occupare Parigi.

In entrambi i casi, solo l’intervento del generale De Gaulle e vistose riforme istituzionali salvarono la democrazia francese.

Vanno appunto auspicati, pertanto, rigorosi provvedimenti almeno a carico dei militari in servizio attivo, pur senza la necessità di deportarli, come Dreyfus, in quell’Isola del Diavolo ancora assoggettata alla sovranità francese.

Un marziale saluto.

Stan