Il cane, lo spasimante e l’ombrello

Mia cara Berenice,

ieri, sul cocuzzolo del Gianicolo, seduto a una panchina, leggevo l’ultimo volume della trilogia di Scurati, graditissimo regalo di compleanno, in attesa di calare a Trastevere dove avevo acquistato il biglietto per un film in francese. Il sole, basso e dorato sul grande arco che conduce al parco, faceva pregustare il tramonto.

Mi è passato davanti un cane dalla muscolatura possente e guizzante, di quelli che immagini ritti sulle zampe posteriori a incassare il pizzo o le rate degli usurai, come in quel racconto che ti inviai qualche settimana fa.

Seguendolo pigramente con lo sguardo, ho visto arrivare nella direzione opposta due donne.

“Un regista che devo vedere stasera per un progetto…”

“Un vecchio spasimante?”

“No, ma che dici?!”

“Un vecchio spasimante”.

“Sì…”

Mentre si allontanavano, il mio sguardo è caduto su una panchina attigua dove, qualche giorno prima, avevo dimenticato il mio ombrello viola. Non era più lì, ovviamente. Poco male, qualcun altro lo aveva trovato, strumento della Provvidenza, e ci si era protetto dalla pioggia, mentre io, alla fin fine, ero arrivato a casa all’asciutto; e poi, gli ombrelli sono fatti per essere persi, c’è addirittura un racconto di Achille Campanile sul tema.

Un riposato saluto.

Stan

Macchie e pennellate

Mia cara Berenice,

il palazzo del Ministero dell’Istruzione, l’unico dicastero sito in Trastevere, è un edificio di inizio ‘900, l’ultimo in stile neoclassico prima dell’avvento dello stile razionalista. Il Duce si degnò comunque di inaugurarlo e, in cambio, fu raffigurato a cavallo in un affresco del piano nobile, dove oggi la sua maschia figura è camuffata da Mercurio.

È un palazzo quadrangolare, di angoli retti e lunghi corridoi che ritagliano cortili interni. Al piano terra, intorno alla venerabile biblioteca, sono esposte vecchie pagelle del Regno, del Fascismo e della Repubblica; in un saletta è stata ricreata un’aula scolastica che sembra uscita dalle pagine di De Amicis.

Uno scalone d’onore di solito chiuso al pubblico conduce al secondo piano, dove si trovano gli uffici del Ministro e dei Sottosegretari di Stato, il grande Salone dei Ministri e la Sala Aldo Moro, utilizzata per convegni e conferenze stampa.

Al terzo piano ha sede l’Unità di Missione per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, corridoi e stanze semivuoti prima della pandemia, ora brulicanti come un alveare o formicaio di funzionari veterani e neoassunti, Presidi segretari di scuole e docenti comandati, consulenti ed esperti esterni. Un’ampia stanza con un orologio a pendolo ospita ben quattro scrivanie. Su una lavagna bianca, una stagista ha lasciato con un pennarello rosso i suoi saluti, spera di tornare dopo la laurea. Il finestrone che dà su Trastevere è aperto, il settembre romano e caldo e qui dentro si respira un’aria di serra. Tra il blocco esterno del condizionatore e il muro è incuneato un vassoio di pasticcini ancora incartato, il vento caldo fa tremolare i lembi della velina.

Sull’edificio incombe il Gianicolo. Là, agganciato a una panchina poco dopo il Belvedere, all’ingresso di Villa Pamphili, penzola un ombrello viola scuro. Non è difficile immaginare che qualcuno se lo sia dimenticato, nel tempo lunatico di settembre. Oltre ancora, scollinando, oltre il Casino del Bel Respiro, a un’altra panchina sotto le fronde di un albero, un gruppo di suore si gode il sole e il fresco.

Un arioso saluto.

Stan

Il palcoscenico del Gianicolo

Mia cara Berenice,

continuo a scontrarmi con i set cinematografici. Stamane, dopo aver assistito a una matinée al Cinema Troisi e aver pranzato da Ercoli, data la giornata praticamente estiva volevo ascendere al Gianicolo, ma, sulle scalette che conducono alla Chiesa degli Spagnoli, sono stato fermato da un gentilissimo steward: l’intera area era chiusa per riprese.

Avevo notato, al tornante poco sotto, un blocco della Polizia Municipale, ma pensavo stessero potando gli alberi o qualcosa del genere.

Nessuno stupore, del resto, il Gianicolo ha una vocazione naturale per i lustrini. Vi sorge la Fontana dell’Acqua Paola consacrata da Sorrentino. Da lì spara a salve il cannone dell’Esercito che saluta il trascorrere delle ore a Roma. Sulla sommità, popolata di monumenti garibaldini, capita di vedere figuranti marciare inquadrati nelle loro camicie rosse. Vi si può trovare, infine, il casotto di un famoso teatrino dei burattini.

Un rombo di cannone.

Stan