Deutschland Über Alles?

Mia cara Berenice,

come sai, per vocazione e necessità, mi sono sempre occupato prevalentemente di rapporti tra l’Italia e l’Unione Europea, senza per questo essere un eurofilo; anzi, ho un passato di euroscettico.

Gradualmente, mi sono convinto che le due Guerre Mondiali hanno messo fine all’era degli Stati nazionali per inaugurare quella delle Superpotenze, Stati Uniti e Cina con la Russia a combattere una battaglia di retroguardia, mentre altri contendenti attendono di scendere nell’arena: Brasile? Nigeria? Sudafrica? India? In questa nuova epoca, l’Europa divisa rischia di essere il manzoniano vaso di coccio tra i vasi di ferro. Nella migliore delle ipotesi, un buen retiro all’interno dei cui confini si vive bene, magari perfino meglio che nelle Superpotenze, ma senza voce in capitolo a livello mondiale. Non sarebbe così male, dirai tu. Non sarebbe un destino all’altezza della storia dell’Europa, ma soprattutto le regioni opulente e indifese tendono, prima o poi, a fare una brutta fine: ne sa qualcosa proprio l’Italia, dove l’eredità romana e lo splendore residuo hanno attirato più volte le armate straniere.

Dunque, per quanto mi riguarda, l’integrazione europea resta l’opzione migliore. Nonostante un tempo fossi sedotto, da giurista, dall’unicum del diritto dell’Unione Europea, né internazionale né federale. Nonostante il burocratese paludato della Commissione che spegnerebbe gli ardori di chiunque.

C’è però un problema. Senza scendere troppo nei dettagli, in questi giorni si sta dibattendo in Europa un’importante questione. Ho avuto occasione di partecipare a una riunione in cui erano rappresentati tutti gli Stati membri. Praticamente tutti erano contrari alla proposta della Commissione, tranne la Germania, con la Francia a traino. Dalla rassegna stampa di oggi, apprendo che, con ogni probabilità, passerà la linea tedesca. Identica direzione stanno prendendo i rapporti con gli Stati Uniti e l’Ucraina.

Ciò mi induce a pormi due domande. La prima: non avranno una parte di ragione gli euroscettici secondo cui l’Unione Europea dissimula – per dirla in modo un poco melodrammatico – un Quarto Reich? La seconda: non sarà che l’egemonia tedesca è l’unico modo per conseguire una reale integrazione?

Un kelseniano saluto.

Stan

La toppa

Mia cara Berenice,

che giorno era ieri? Martedì, dirai tu… ma un martedì diventa un lunedì, quando il computer della tua postazione non funziona. Nessun segno di vita. Encefalogramma piatto.

Sono andato in Segreteria Dipartimentale e ho fatto richiedere l’assistenza. Il tecnico è arrivato verso l’una. Come sospettavo, lo maledetta docking station aveva cessato di funzionare e la batteria del portatile si era completamente scaricata.

“Purtroppo,” gli ho fatto presente, “l’alimentatore ce l’ho a casa”.

“Non si preoccupi”.

“Ne va a prendere uno in magazzino?”

“Me lo faccio prestare da un suo collega”.

“E il collega?”

“Dovrà lasciarmelo solo dieci minuti, poi l’alimentatore della docking station riuscirà a proseguire il caricamento”.

E così è stato.

Per l’età, il modo di fare e quel modo di risolvere i problemi, creativo e pratico al tempo stesso, mi ha ricordato mio padre.

El tacon l’e pedo del buso, si dice in Veneto, la toppa è peggio del buco… ma solo perché è stata mal concepita o eseguita.

La toppa in quanto tale, in Italia, è il minuscolo ingranaggio che fa girare, il mattone su cui poggia tutto.

Ricordo una signora che trascorreva parte dell’anno in Germania – molti veneti lo fanno, perché gelatai o per altri motivi – descrivere con riprovazione e raccapriccio il modus operandi degli artigiani tedeschi: “Li chiami a riparare la lavatrice. Viene il tecnico e viene l’apprendista. Come prima cosa, si fanno consegnare gli schemi. Senza gli schemi, non fanno niente. Poi si mettono a lavorare con una flemma impressionante. Tu li guardi e sudi freddo”.

Un brivido.

Stan

PS: Le donne sono sempre freddolose. Mio padre, invece, avrebbe detto “pitost che veder un del genere lavorar, l’e mejo veder la casa che brusa”: piuttosto che vedere uno del genere lavorare, è meglio vedere la propria casa che brucia.

Fallschirmjäger

Mia cara Berenice,

la Wehrmacht era una delle poche Forze Armate del mondo, forse l’unica, in cui i parà non dipendevano dall’Esercito, ma dall’Aviazione. Una collocazione su cui certamente influì il peso del Comandante Supremo della Luftwaffe, maresciallo del Reich Hermann Goering, numero due del nazismo, Vice-Fuhrer e Ministro per la Pianificazione Quinquennale.

Come di solito avviene per i paracadutisti, i Fallschirmjäger di Goering erano truppe d’élite. Strapparono a inglesi e greci Creta con un sanguinosissimo assalto, riportando perdite tali che Hitler vietò analoghe operazioni per il futuro – una decisione che contribuì a salvare Malta. Dopo l’8 settembre 1943, presero parte alla liberazione di Mussolini insieme alle forze speciali delle SS e, soprattutto, difesero in modo granitico la Penisola – considerata un antemurale della Germania – contro gli Alleati.

Insomma, i tedeschi non si smuovono.

In questi giorni, abbiamo avuto il piacere di ospitare a Roma Christian Lindner, il nuovo Ministro delle Finanze federale. Ai microfoni di Repubblica, Lindner ha cantato una vecchia canzone… no, non “Lili Marleen”.

Riferendosi al revirement europeo sull’austerità a seguito della pandemia: “Non sempre un cambiamento è un miglioramento”.

Sul Patto di Stabilità: “L’Italia non deve temerlo”.

Sulla mutualizzazione del debito: “Non penso che la messa in comune dei rischi e l’ammorbidimento delle regole comuni ci facciano fare progressi”.

Sulla possibilità di rendere il Recovery permanente e strutturale: “No”.

Leggendo l’intervista, ho avuto un déjà vu.

Lavoravo ancora all’Ufficio Diplomatico del Governatorato, quando Jens Weidmann, allora Governatore della Banca Federale Tedesca, venne in visita a Venezia. Gli organizzammo il solito trattamento: risalita del Canal Grande in motoscafo, pranzo con vista Canal Grande. Non ricordo se abbia pernottato; se sì, certamente l’avrà fatto al Danieli. In aggiunta al solito pacchetto, una visita guidata al Palazzo Ducale con una giovane americana dalla duplice coda di cavallo, di una bellezze eterea.

Dopo tutto ciò, Herr Weidmann salì sul podio di Palazzo Ferro Fini e tenne una dura requisitoria contro ogni ipotesi di allentamento dell’austerità.

Uno sconfortato saluto.

Stan

Sul ruolo dei tribunali nel processo di integrazione europea

Mia cara Berenice,

lieto che abbia attirato la tua attenzione il provvedimento cautelare con cui il Tribunale Costituzionale Federale tedesco ha sospeso – utilizzo un linguaggio volutamente atecnico, riservandomi di approfondire la questione nei paragrafi successivi – il Piano per la Ripresa dell’Europa.

La Corte di Karlsruhe – come il Paese a cui appartiene, del resto – non è nuova a questi Blitz su Strasburgo, Bruxelles e Lussemburgo. L’anno scorso aveva statuito che la Banca Centrale Europea doveva dimostrare di aver rispettato il principio di proporzionalità nel varare il programma di alleggerimento quantitativo. La Banca di Francoforte si è prevedibilmente trincerata dietro la sovranazionalità delle Istituzioni europee e perfino la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che aveva confermato per proprio conto la legittimità del programma, replicò – eccezionalmente – con un comunicato stampa.

Ancora nel 1970, con una sentenza che ha orientato anche la Corte Costituzionale italiana, il Tribunale di Karlsruhe si riservò di sindacare eventuali violazioni dei diritti fondamentali da parte delle Istituzioni europee e del diritto dell’Unione Europea.

Mi chiedi come possa la decisione di un giudice nazionale, seppure di vertice, applicarsi alle Istituzioni dell’Unione Europea. I meccanismi variano da Stato a Stato. In Italia, la Corte Costituzionale potrebbe dichiarare l’illegittimità costituzionale dalla legge che autorizza la ratifica e ordina l’esecuzione dei Trattati europei, nella parte in cui consente alle Istituzioni dell’Unione di fare qualcosa. In Germania, nel caso di Piano di Ripresa il Tribunale ha ordinato agli organi nazionali di sospendere l’approvazione della Decisione sulle risorse proprie dell’Unione, che richiede la ratifica di tutti gli Stati membri; nel caso dell’alleggerimento quantitativo, ha ordinato alla Banca Federale Tedesca di non prendervi parte – cosa non avvenuta, perché alla fine si è ritenuta raggiunta la prova della proporzionalità.

D’altronde, gli scontri fra tribunali non sono insoliti nemmeno a livello europeo. Nel 2014, la Corte di Giustizia ha bloccato l’adesione dell’Unione Europea alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, prevista espressamente dal Trattato di Lisbona; secondo molti, la Corte di Lussemburgo non voleva dividere il cortile giudiziario con la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo.

Sono dinamiche naturali in un contesto in cui le Istituzioni europee più potenti sono appunto quelle giudiziarie. Commissione Europea e Parlamento Europeo dipendono dal Consiglio che, a sua volta, dipende dai veti incrociati degli Stati membri. L’Unione come la conosciamo è stata forgiata, in larga parte, da una serie di storiche sentenze della Corte di Lussemburgo.

Generalmente, i giuristi amano molto il giocattolo del diritto dell’Unione Europeo e non lo ostacolano affatto, ma, come vedi, esistono delle eccezioni, determinate da scrupoli sulla sovranità nazionale e, soprattutto, da ragioni politiche a cui i magistrati di tutto il mondo non sono affatto insensibili, soprattutto quando ricoprono posizioni apicali.

Herzliche Grüße.

Stan