Liberté! Liberté chérie

Mia cara Berenice,

come ti ho detto, in questi giorni ho nella borsa o nello zaino un libro in francese sulla storia della Santa Sede – no, non sono ossessionato, semplicemente lo scaffale francofono della libreria di Largo Argentina non era particolarmente ben fornito.

Ieri sera ho cenato con una collega della Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione, uno dei numerosi articoli d’oltralpe esportati nello Stivale insieme al Consiglio di Stato, alla Corte dei Conti e alle Prefetture.

Abbiamo cenato in un bistrot francese. Il menù era in realtà italiano, ma lo chef ha comunque preso un’iniziativa da mangiarane, almeno agli occhi di due commensali veneti, allungando il baccalà mantecato con la ricotta.

L’avevo aspettata nel parco curatissimo di Piazza Cavour, alle spalle della Corte Suprema. Nella panchina di fronte alla mia, un uomo parlava in francese con una ragazza molto più giovane… poteva benissimo essere la figlia e con ogni probabilità lo era, ma si sa, la lingua di Voltaire stuzzica sempre certe fantasie.

Dopo cena, abbia fatto due passi e siamo capitati in Piazza Farnese, sotto l’imponente facciata dell’Ambasciata di Francia, con i fleur-de-lys dei Borbone ancora ben visibili sullo stemma.

À bientôt.

Stan

Il film francese

Mia cara Berenice,

ti ho già intrattenuto una volta su una giornata in cui, sfidando le leggi aristoteliche, contemporaneamente pioveva e non pioveva. Oggi, il meteo ha toccato ulteriori punte di virtuosismo: era cioè, contemporaneamente, caldo e freddo.

Ciò mi ha indotto a modificare in corso d’opera i miei programmi per il ponte del 25 aprile, Festa della Liberazione in Italia, e vedere al solito cinema di Trastevere “The Northman” (USA, 2022), con Alexander Skarsgard, Nicole Kidman, Ethan Hawke, Anya Taylor-Joy e Willem Dafoe, vietato ai minori degli anni quattordici.

Non ti intratterrò sul film, su cui sto ancora formando il mio giudizio.

La cosa veramente importante è la previa proiezione del trailer di “Tromperie – Inganno” (Francia, 2021), con Léa Seydoux.

Il film in sé non mi interessa e non prevedo affatto di vederlo.

Tuttavia, il trailer mi ha solleticato per la sua capacità di rappresentare, in modo quasi caricaturale, il film francese come categoria culturale o addirittura antropologica.

Uno scrittore tormentato che batte sui tasti di una macchina da scrivere – i computer, o meglio gli ordinateur, sono troppo americani.

Una sfilza di amanti che, non riuscendo ad acquietare i suoi demoni, vengono rovinosamente abbandonate.

Una certa ostentazione autocompiaciuta del vizio che, a ben vedere, fa a pugni con la larghezza di vedute altrettanto ostentata.

Dialoghi astrusi e francamente pomposi, spesso con accenti melodrammatici: “Lei è solo parole e io non posso scoparmi delle parole!”

Il Saturday Night Live, non a caso, ha prodotto il trailer di un immaginario film francese anni ’70, arruolando nientemeno che Jennifer Lawrence.

Sempre in ambito anglosassone, esiste un’enorme letteratura accademica e giornalistica sulla scarsa salute mentale e il cattivo tono dell’umore di quello che resta, tutto sommato, uno dei Paesi più ricchi e potenti del mondo.

“La Francia sta bene e si sente malissimo” – The Economist.

“La cultura francese insegna l’infelicità” – The Guardian.

“Perché i francesi sono così tristi?” – Financial Times.

“Felici di essere infelici – Il caso della Francia” – The New Yorker.

“Les Misérables” – Los Angeles Times.

“Perché i francesi adorano lamentarsi” – BBC.

Do you hear the people sing? Singing a song of angry men? 

Stan

Candidate à la Présidence de la République

Mia cara Berenice,

un concorso di circostanze eccezionalmente favorevoli porterà Marine Le Pen al ballottaggio delle presidenziali francesi e forse anche all’Eliseo.

Come puntualmente sottolineato dai commentatori, Madame Le Pen cerca da tempo di proiettare un’immagine più rassicurante, trasformando il Fronte Nazionale in Unione Nazionale e tagliando i ponti con l’istrionico padre Jean-Marie Le Pen, storico capo dell’ultradestra francese.

Leggendo il suo programma, mi sono fatto effettivamente l’idea che sia riuscita a proiettare un’idea di destra al tempo stesso nitidamente definita e duttilmente pragmatica.

Lo slogan, che rende bene anche in italiano, è “Protezione, proiezione, trasmissione”: protezione del popolo francese, proiezione della Francia all’estero, trasmissione dell’eredità francese.

Le prime pagine sono fitte di mezzi militari, soldati e poliziotti, mentre l’impaginazione è neutra e aziendalistica.

Il programma prevede l’aumento delle spese militari, un argine all'”ondata migratoria”, il potenziamento del sistema di polizia e carcerario, il rilancio della Francofonia (l’equivalente francese del Commonwealth), la sostituzione progressiva dell’Unione Europea con un’Alleanza Europea delle Nazioni, attenzione ai territori d’oltremare (le ex colonie), l’indipendenza energetica anche puntando sul nucleare, sussidi fiscali alle famiglie, una moratoria triennale sulle tematiche dei diritti civili; quest’ultima controbilancia – appena, a dire il vero: tre anni passano in un lampo – un chiaro favor per la famiglia naturale.

La proposta quasi profetica di aumentare le spese militari e promuovere l’indipendenza energetica fa capire perché la candidata non abbia subito danni a causa della guerra in Ucraina, mentre la luce del crepuscolo proiettata su Bruxelles, anche se farà rabbrividire gli europeisti, suona comunque come compromesso offerto al posto della Frexit.

Tutto ciò peraltro non dissipa una certa luce sinistra, paradossalmente amplificata dai complementi di design scandinavo aggiunti a un orientamento comunque ben identificabile.

Stan

L’esercito dei Macron

Mia cara Berenice,

ogni guerra è assurda, ma con la crisi in Ucraina si sta largamente passando il segno.

L’Ucraina non potrà mai essere ammessa nell’Alleanza Atlantica, finché la comunità internazionale considera la Crimea illegalmente occupata anziché annessa dalla Russia – per il semplice motivo che ciò farebbe scattare, in modo praticamente automatico, la clausola di mutua difesa prevista dall’articolo 5 del Trattato di Washington. Eppure, la Russia si ostina a chiedere la garanzia formale che l’Ucraina non sarà cooptata e la NATO continua a rifiutarsi di prestarla.

Nel frattempo, la stampa mondiale ride della foto del Presidente russo e francese che conferiscono alle due lontanissime estremità di un interminabile tavolo. A quanto pare, il signor Macron si sarebbe rifiutato di sottoporsi a un test COVID russo, per non lasciare il proprio DNA agli ex sovietici. Nel frattempo, durante la sua permanenza a Mosca, un intero sciame di agenti dell’FSB e del GRU gli avrà sfilato bicchieri, posate, fazzoletti, capelli, peli, campioni di sangue e di altri innominabili liquidi organici, diligentemente imbustando e sigillando ogni cosa in provetta, il tutto mentre ballava lo Schiaccianoci.

Con il DNA di Macron, i russi creeranno un esercito di cloni del Presidente francese che metteranno in fuga i difensori ucraini semplicemente rivolgendo loro un sorriso glaciale e insopportabile.

Au pas camarades!

Stan

Sull’ordinamento post-rivoluzionario del Movimento 5 Stelle

Mia cara Berenice,

un provvedimento cautelare con cui il Tribunale di Napoli ha sospeso l’elezione del Presidente del Movimento 5 Stelle, l’ex Presidente del Consiglio Prof. Avv. Conte, ha riacceso i riflettori sull’ordinamento del Movimento, nato da un curioso impasto di e-democracy e segretezza carbonara.

Quando vivevo ancora nelle Venezie, ai tempi eroici dell’organizzazione, un amico mi portò a una locale riunione sezionale, nel loro linguaggio Meet Up, dal nome della piattaforma informatica utilizzata. Il capocellula spiegò che, per iscriversi, bisognava collegarsi al sito del Movimento a tarda notte, all’interno di una ristrettissima finestra oraria, “per evitare infiltrazioni”.

Erano i tempi in l’organizzazione si definiva una “non associazione” retta da un “Non Statuto”. Oggi, viceversa, il Movimento si dichiara (o confessa) Associazione e sul sito istituzionale si trovano solo un vecchio Statuto e uno nuovo in vigore dal 2021.

Chiunque sia in possesso di requisiti minimi (sostanzialmente la cittadinanza italiana o la residenza regolare in Italia) può iscriversi con modalità telematiche, senza pagare alcuna quota.

Gli iscritti formano collettivamente l’Assemblea che esprime la sua volontà tramite votazioni telematiche che, potendo essere più ricorrenti di quelle fisiche, dovrebbero informare il Movimento al paradigma della democrazia diretta: qualcosa di simile al governo assembleare adottato, per breve tempo, nella Francia post-rivoluzionaria.

Per breve tempo, appunto. Proseguendo nella lettura, si scopre che quasi sempre l’Assemblea delibera su proposta del Presidente (o, teoricamente, di un terzo degli iscritti). Sempre il Presidente “è l’unico titolare e responsabile della determinazione e dell’attuazione dell’indirizzo politico del MoVimento 5 Stelle”. Viene eletto dall’Assemblea, certo, ma non può essere sfiduciato da quest’ultima. Proseguendo con l’analogia della Francia post-rivoluzionaria, ecco quindi la Convenzione Nazionale sciogliersi e lasciare il posto a un Primo Console.

A differenza di quanto avvenuto oltralpe, tuttavia, il Primo Console è destinato a non diventare Imperatore, perché su di lui incombe l’ombra di un’altra figura, il Garante. Eletto a vita, non sfiduciabile da parte dell’Assemblea, il Garante “è il custode dei Valori fondamentali dell’azione politica del MoVimento 5 Stelle e in tale spirito esercita con imparzialità, indipendenza e autorevolezza le prerogative riconosciute dallo Statuto […] ha il potere di interpretazione autentica, non sindacabile, delle norme del presente Statuto”. Può, lui sì, sfiduciare il Presidente.

Emerge così in modo evidente l’analogia con un altro ordinamento post-rivoluzionario, quello iraniano, in cui il Leader eletto a vita vigila sul rispetto del diritto islamico da parte degli altri organi costituzionali (Presidente, Assemblea Consultiva Islamica, etc.).

Hasta siempre.

Stan

Dov’è la Francia?

Mia cara Berenice,

dov’è la Francia?

No, non nell’universo dello scibile umano.

Nemmeno nello scacchiere geopolitico, ma nel ben più ampio scacchiere di Roma.

La Francia è, naturalmente, a Piazza Farnese, su cui si affaccia la sua imponente, prestigiosissima Ambasciata. Tra Villa Borghese e Trinità dei Monti, dove sorge l’Accademia di Francia.

La Francia è anche, in questi giorni, all’EUR, dove è in corso il G20, con gran spiegamento di agenti e cecchini; forse anche a Villa Pamphili, dove oggi c’era una presenza sospetta della polizia.

La Francia è a Trastevere, in quella viuzza dietro Piazza San Cosimato, dove la gente si accalca di fronte a quella famosa pasticceria che serve prodotti dolci e salati, come le quiche lorraine.

La Francia è nel rione Monti, dove un minuscolo bistrot offre, a prezzi stracciati, vere crepe bretoni.

La Francia ha una rispettabile quinta colonna fra i turisti, che si allarga agli immigrati, se consideriamo la Francofonia.

Insomma, direi che è abbastanza ben piazzata per convergere su Trinità dei Monti, intorno alla quale sorge il quartiere inglese che fa corona alla celebre tea room di Babington’s.

Espugnata quella roccaforte, il secondo obiettivo sarebbe l’Ambasciata britannica che, oltre a fare ombra al Ministero delle Finanze, è comunque troppo brutta per restare in piedi. Fa eccezione lo stemma di Casa Windsor che decora il maestoso cancello di ferro, da conservare come trofeo di guerra e issare sull’Arco di Trionfo a Parigi.

È plausibile, a quel punto, che il Governo di Sua Maestà Britannica e la Metro di Londra smetterebbero di commemorare l’Entente Cordiale… ma, del resto, quella stessa Metro ha dedicato un’altra stazione alla battaglia di Waterloo.

Un orgoglioso saluto gollista.

Stan

Brevi cenni sulla nuova alleanza militare anglosassone nel Pacifico e sul ruolo dell’Europa

Mia cara Berenice,

perdonami se non condivido la tua indignazione, ma non riesco a trattenere le risate nel figurarmi il vecchio maresciallo von Beck-Rzikowsky che deride la Francia, con tutte quelle medaglie tintinnanti.

Del resto, mia cara, non è successo nulla.

No, non mi riferisco all’abitudine, tipicamente francese, di farsi assestare schiaffoni a tutte le latitudini.

Parlo dell’irrilevanza dell’Europa.

Secondo te, sarebbe dimostrata dalla nuova alleanza militare stipulata da Stato Uniti, Gran Bretagna e Australia in funzione anticinese, dal contratto per la fornitura di sommergibili europei stracciato da Canberra, dal fatto che le relative proteste sono pervenute da Parigi e non da Bruxelles.

Io ti dico che l’irrilevanza dell’Europa è stata ufficializzata e bollinata, oltre mezzo secolo fa, dalla crisi di Suez, di cui fu protagonista proprio quella Gran Bretagna che oggi si illude di salpare lontano da Calais.

Da allora, non è cambiato nulla, semplicemente all’Unione Sovietica si è sostituita la Cina.

Si può avere l’impressione che la situazione sia peggiorata perché durante la Guerra Fredda l’Europa era, almeno, terreno di scontro, mentre oggi le flotte si fronteggiano nel Pacifico e nello Stretto di Formosa; ma è, appunto, in gran parte un’impressione.

Ci sarà una risposta, un colpo di reni? In tutta franchezza, ne dubito. Naturalmente, spero di sbagliarmi. In un mondo civile, i destini del mondo si decidono tra Londra, Parigi, Berlino, Vienna e San Pietroburgo, possibilmente indossando degli enormi parrucconi.

Un incipriato saluto.

Stan

Sulle lettere aperte recentemente pubblicate da alcuni membri delle Forze Armate francesi

Mia cara Berenice,

negli ultimi mesi, la rivista di destra francese Valeurs Actuelles ha pubblicato due lettere aperte alle Autorità politiche, la prima firmata da un gruppo di generali a riposo, la seconda da militari in servizio attivo.

Queste missive sono state rilanciate dalla stampa internazionale come anti-islamiche, ma, almeno a giudicare dal testo della seconda che ho ritrovato nell’originale francese, i chepì ce l’hanno un po’ con tutti: con l’Islam sì, ma anche con la sinistra (“communautarisme”), la corruzione della classe dirigente, la degenerazione dell’ordine pubblico. Insomma, un repertorio reazionario dei più classici.

Il paragrafo più velatamente minaccioso è il seguente: “Sì, se scoppierà una guerra civile, l’esercito manterrà l’ordine sul suolo nazionale, perché questo gli sarà richiesto e questa è la definizione stessa di guerra civile. Nessuno può volere una situazione così terribile, né noi né tantomeno i militari più anziani, ma sì, di nuovo, la guerra civile cova in Francia e voi lo sapete perfettamente”.

Il Governo e lo Stato Maggiore francese hanno giustamente risposto con rigore, annunciando procedimenti disciplinari e giudiziari a carico dei firmatari ancora in servizio attivo.

Un simile episodio non stupisce e allarma allo stesso tempo, perché le Forze Armate francesi non sono affatto nuove a incursioni sull’agone politico.

Non occorre richiamare i golpe che portarono al potere Napoleone I e Napoleone III, il caso Dreyfus o lo zelo con cui, durante la Seconda Guerra Mondiale, lo Stato Maggiore francese diagnosticò la disfatta, per poi avviare, sotto la guida del maresciallo Philippe Pétain, una reazionaria Rivoluzione Nazionale a occupazione tedesca ancora in corso.

Parlo di fatti verificatisi nel dopoguerra, quando la democrazia in Europa sembrava ormai un fatto compiuto, almeno nei Paesi fondatori dell’Unione Europea.

Per ben due volte, nel 1958 e nel 1961, le Forze Armate si ammutinarono nel tentativo di salvare l’Algeria Francese. Nel primo caso, i parà dell’Esercito assunsero il controllo della Corsica; a Rambouillet, le truppe corazzate attendevano solo un ordine da Algeri per occupare Parigi.

In entrambi i casi, solo l’intervento del generale De Gaulle e vistose riforme istituzionali salvarono la democrazia francese.

Vanno appunto auspicati, pertanto, rigorosi provvedimenti almeno a carico dei militari in servizio attivo, pur senza la necessità di deportarli, come Dreyfus, in quell’Isola del Diavolo ancora assoggettata alla sovranità francese.

Un marziale saluto.

Stan

Grande cinema francese

Mia cara Berenice,

come riporta Le Figaro, il Comité d’éthique des armées francese ha autorizzato la creazione di supersoldati: bandite l’eugenetica e la trasformazioni irreversibili, via libera agli esoscheletri.

Intendiamoci, la Francia non è sola, molti altri Paesi stanno facendo lo stesso, dichiaratamente o meno, e di certo non sempre con gli stessi scrupoli etici.

Del resto i cousin, anche se va di moda deriderne la storia militare, hanno al loro attivo non poche innovazioni in ambito bellico.

Gli scolari italiani studiano ancora come, durante il Risorgimento, sconfissero i volontari garibaldini grazie al fucile Chassepot.

La Gloire, la prima nave con corazzatura metallica che stupì perfino gli espertissimi inglesi, durante la guerra di Crimea.

Le prime mitragliatrici impiegate, effettivamente con poco costrutto, durante la guerra franco-prussiana.

Il quadrillage e le altre tecniche di controguerriglia perfezionate durante la guerra d’Algeria, considerate comunque raffinatissime e diffusamente impiegate durante la Guerra Fredda.

Ora, forse, dalle foresta della Guyana Francese emergeranno legionari robotici.

Speriamo che il cinema d’oltralpe, da sempre raffinato, non ci privi di una qualche saga sul tema.

“La fine del mercato del petrolio ha fatto precipitare il Medio Oriente nel caos e nel fanatismo religioso. Il Nuovo Mahdi, un principe rinnegato che si proclama discendente di sangue del Profeta e Califfo dell’Islam, ha proclamato la guerra santa contro l’Occidente. In Nordafrica e nel Sahara, i suoi seguaci si sollevano, tentando di rovesciare i legittimi Governi, che chiedono aiuto alla Francia!”

Exagéré? Non.

Come Comandante, Presidente o addirittura Imperatrice di Francia vedrei bene una discendente di Napoleone, Carolina I Bonaparte. Biondissima, palesemente ispirata a Marion Maréchal-Le Pen. Con un Ministro della Guerra algerino somigliante a Najat Vallaud-Belkacem.

Si combatte nei deserti della Libia, magari con qualche rinforzo italiano a guisa di spalla comica. I francesi dell’Armée de fer con l’esoscheletro, ma asserragliati in fortini ottocenteschi. I dervisci dell’Esercito del Mahdi, invece, si potenziano utilizzando metodi più economici, fumigazioni tradizionali e droghe di dubbia provenienza.

Non fare quella faccia, si è visto di peggio. “Taxxi” ti dice niente? E c’era pure Marion Cotillard…

Adieu.

Stan

La Défense

Mia cara Berenice,

il vaccino sarà pure arrivato, ma la pandemia imperversa ancora e qui, nel cuore stesso del Parco del Cinquantenario, è stato eretto un ospedale da campo delle Forze Armate belghe.

Queste ultime, note collettivamente come “la Défense”, si articolano in una componente terrestre, una aerea, una marittima e una appunto sanitaria.

All’interno del Belgio, i militari fungono da artificieri e svolgono, dal 2015, compiti antiterrorismo (operazione Vigilant Guardian).

Inoltre, l’aviazione belga si alterna a quella olandese nel pattugliare lo spazio aereo del Benelux.

Fuori dai confini nazionali, le Forze Armate belghe sono schierate in Afghanistan, Mali, Niger e Medio Oriente.

Nessun dispiegamento, a quanto pare, nelle ex colonie Repubblica Democratica del Congo, Ruanda e Burundi.

Nella prima il Belgio è peraltro intervenuto militarmente negli anni ’60, mentre in Ruanda ciò si è verificato negli anni ’90.

L’ingombrante ruolo della Francia in Ruanda e l’attuale dispiegamento belga in Mali, peraltro, fanno pensare a un Paese gravitante, almeno in parte, nella sfera d’influenza di Parigi.

Il Belgio è anche membro dell’Organizzazione Internazionale della Francofonia.

D’altronde, in Vallonia esiste ancora il rattachisme, un’ideologia politica favorevole all’annessione della regione da parte della Francia.

On verra.

Au revoir.

Stan