In cauda venenum

Mia cara Berenice,

stando alla previsioni meteorologiche, oggi dovrebbe essere l’ultima giornata di peine forte et dure nella capitale.

Il cielo è lattiginoso come nella Pianura Padana, l’afa degna dell’India Britannica, tira un vento caldo da avamposto della Legione Straniera nel Sahara e cadono rade gocce di pioggia, come nella leggendaria tortura cinese.

Per giunta, le reti sociali mi informano che a Venezia si è abbattuto un violentissimo temporale, con scudisciate d’acqua a frustare spietatamente Piazza San Marco.

In altre parole l’antitesi e, al tempo stesso, la perfetta sintesi della tempesta perfetta.

Insomma, questa estate sta facendo l’uscita di scena che merita.

Posso solo sperare, a questo punto, che vento e grandine non scelgano queste settimane cruciali per fare visita ai vigneti della Terraferma.

Uno scaramantico saluto.

Stan

PS: Ora sono al parco e la situazione sembra migliorata. Cani, cani e cani. Cani ovunque. Branchi di cani.

Spedita in ritardo

Mia cara Berenice,

agosto sta finendo e una pioggia scrosciante, improvvisa, si è abbattuta su Roma.

Stamattina, vedendo il cielo griglio e plumbeo, ho scrollato le spalle, ricordando di aver lasciato in ufficio al Ministero un ombrello, penzolante dalla spalliera di una sedia, perché non si sa mai: il cambiamento climatico è fatto di estati torride, ma anche di piogge monsoniche.

Non ho avuto bisogno di accendere l’aria condizionata; in compenso, l’umore della mia temuta regina era infernale. Ho risposto con diplomazia, una battuta sullo status del Trentino Alto Adige e la mia solita domanda di ferie settembrine.

È quasi settembre e tutto va bene. In “Quartieri alti” di Ercole Patti, uno dei racconti della raccolta è una magnifica ode all’autunno.

Un ungarettiano saluto.

Stan