Ninnananna

Mia cara Berenice,

ieri sera sono stato con M. a un concerto jazz e blues dalle sue parti, in una traversa di via della Conciliazione. Prendendo posto, abbiamo notato una ragazza con un passeggino.

“Probabilmente la moglie o la compagna di qualche membro della band… ma come farà il bambino a sopportare il rumore?”

Sì, non ci siamo fatti gli affari nostri, lo ammetto, ma l’interrogativo sorgeva spontaneo. Il locale era piccolo e raccolto; viene usato anche come teatro, perciò l’acustica doveva essere potente. Sul palco, avvolta di luce dorata, incombeva la tacita minaccia di una batteria.

Poco dopo, mentre la presentatrice introduceva il concerto, la ragazza ha estratto il bambino dalla culla e gli ha infilato un paio di grosse cuffie di stoffa su misura e, mentre il padre si esibiva sul palco, il figlio gli ha fatto da contraltare con un impeccabile tacet.

L’episodio mi ha riportato a tanti anni fa, in un fumoso jazz club di C., con D. Altra ragazza ai tavolini, altro passeggino. Se entrarono in azione delle cuffie non lo ricordo, ma la madre si infilò un chiodo, saltò sul palco e si impossessò del microfono, i neri capelli corti, bellissima.

Ninna nanna, ninna o, questo bimbo a chi lo do.

Stan

P.S.: Non mi sono addormentato durante il concerto.

Angels

Mia cara Berenice,

una pratica ereditaria richiede che io stipuli, entro fine mese, un atto notarile nelle Venezie, nelle quali peraltro io non ho in programma di risalire fino a Ferragosto almeno.

In questo caso, la procedura – invariata dai tempi prepandemici – prevede che si rilasci una procura notarile in Roma da inviare al Notaio veneto, di fronte al quale un mio rappresentante si presenterà a firmare.

Individuato uno Studio notarile a Monteverde, sono stato ricevuto in un’anticamera ingombra di fascicoli dalla classica factotum che conosceva a menadito prassi, prezzario e calendario del titolare. Ora il geometra che in Veneto sta seguendo la pratica scrive al Notaio di C., rivolgendosi “all’attenzione della signora E.”

A tutte le latitudini, evidentemente, i luoghi di lavoro sono custoditi dagli stessi angeli protettori.

La giovane segretaria dello studio associato in cui riceve il medico di base, sempre a destreggiarsi tra citofono, campanello, ricette cartacee, ricette elettroniche, eliminacode e agenda.

Le altrettanto giovani impiegate del commercialista che ti inviano le circolari e le notule, ti chiedono i documenti per la dichiarazione dei redditi, ti consegnano i faldoni.

Nelle fabbriche e nelle officine, l’impiegata che riceve i camionisti, firma le bolle, consegna i preventivi, incassa i pagamenti, emette le fatture, fissa gli appuntamenti.

Tornando indietro con la memoria, la giovanissima studentessa o lavoratrice che sempre stava accanto all’autista dell’autobus urbano o extraurbano, fornendogli puro e semplice supporto morale.

Un riverente saluto.

Stan

Ma dove la trovano tutta quest’energia?

Mia cara Berenice,

sono certo che al segretario del Partito Comunista d’Austria non gioverà l’aver lanciato una crociata contro “le giovani aristocratiche molli e viziate che sventolano i fazzoletti all’Hofburg, mentre le loro coetanee servono ai tavoli o sgobbano sulle catene di montaggio”.

La sua accusa è peraltro totalmente, stalinisticamente infondata. Ogni volta che vedo te e le tue amiche, a Vienna, mi chiedo dove troviate tutta quest’energia tra balli, quadriglie, corse dei cavalli, eventi di beneficenza, vernissage, recital, Azioni Parallele, confezionamento di pacchi per i soldati a Tientsin, petizione alla Regia e Imperiale Maestà, partite a polo e a canasta, visite di studio in Italia e in Grecia, celebrazioni interconfessionali, seminari, défilé, esposizioni coloniali, mostre della Secessione, schizzi di foglie d’acanto, manifestazioni per il suffragio femminile e contro il suffragio femminile.

Pensavo giusto a voi ieri, quando è venuta a trovarmi in ufficio P., una cara collega dell’Ufficio del Primo Ministro attualmente distaccata all’Ufficio Legislativo del Tesoro. P. mi spiegava animatamente – sottolineo questo avverbio: animatamente – quanto sia faticoso conciliare due figli, un marito militare e il lavoro all’Ufficio Legislativo, le sveglie alle cinque del mattino, il coricarsi a mezzanotte, il cucinare la domenica per l’intera settimana: come quando, nei paesini delle Alpi, facevano in un giorno il pane per l’intero anno.

Mentre me lo spiegava, faceva a velocità vorticosa il giro degli uffici, salutava Tizio Caio Mevio e Filano, a Caia dava la ricetta della pasta al forno che prepara per i figli, a Mevia faceva leggere direttamente dal display del cellulare una bozza di documento, rispondeva al telefono, mi portava a pranzo, trovava la coda troppo lunga, mi trascinava a un altro locale e poi a un altro, mi offriva il caffè, passava all’Ufficio del Personale per ritirare degli attestati, e molto altro che certamente ho dimenticato, con lo stesso ritmo accanito con cui l’ago della macchina da cucire trapassa il tessuto.

Molto altro che certamente ho dimenticato, dicevo: perché io, a stomaco vuoto e in attesa di pranzare, riuscivo a malapena a spiaccicare parola – lei, naturalmente, non ha mangiato affatto. Così, come i pensionati seduti alla panchina del parco che rimirarono i giuochi vorticosi dei bambini, pensavo: “Ma dove la trovano tutta quest’energia?”

Un agnostico saluto.

Stan

Avvocatesse

Mia cara Berenice,

a lungo le toghe di avvocato e magistrato sono state negate alle donne – in netto contrasto con le Facoltà di Giurisprudenza e i Palazzi di Giustizia dei giorni nostri, quasi a dimostrare un certo intimo legame fra il femminile, la legge e la giustizia.

Forse per questo la letteratura ha precorso i tempi e il cinema ama porre argomenti tecnico-giuridici sulle labbra di personaggi femminili apparentemente insospettabili.

Qualche sera fa, mi è capitato di rivedere “Demolition Man” (USA, 1993), con Sylvester Stallone, Sandra Bullock e Wesley Snipes. La pellicola è ambientata in un futuro prossimo in cui, tra le altre cose, Arnold Schwarzenegger è diventato non solo Governatore della California, ma anche Presidente degli Stati Uniti. Nello spiegarlo a un basito Stallone, nelle vesti di un poliziotto dei giorni nostri svegliato dall’ibernazione, una giovanissima Sandra Bullock precisa puntigliosamente che la Costituzione federale è stata emendata: nel testo attuale, infatti, il Presidente deve essere nato negli Stati Uniti, mentre Schwarzenegger è venuto alla luce in Austria.

Ieri, invece, ho visto al cinema “L’ombra del giorno” (Italia, 2022), con Riccardo Scamarcio e Benedetta Porcaroli. Quest’ultima interpreta un’ebrea in fuga dal regime fascista che, riparata come cameriera in un ristorante di Ascoli, si ritrova a servire il pranzo a una tavolata di gerarchi e, con il pretesto di fare conversazione, li mette in grave imbarazzo citando i diritti della donna previsti dal Programma di San Sepolcro, l’originario manifesto dei Fasci di Combattimento.

Come dimenticare, poi, la Marisa Tomei di “Mio cugino Vincenzo” (USA, 1992) che, oltre a testimoniare come esperta in campo automobilistico, spiega in modo memorabile la procedura penale al non proprio erudito protagonista.

Insomma, non c’è solo quella svampita di Ally McBeal, indegna di pulire le scarpe alle serie, battagliere Sostitute Procuratrici di “Law & Order”.

Vostro Onore, ho concluso.

Stan

La storia di Antonio e Sigmunda

Mia cara Berenice,

mi spiace che tu non abbia gradito la mia ultima sul tifo calcistico, tema che, del resto, fa litigare uomini e donne dalla notte dei tempi: lo dimostra la storia di Antonio e Sigmunda, tramandata oralmente nell’universo del folklore romano.

Antonio e Sigmunda, detti rispettivamente Tony e Sis, vivevano insieme a Tor Vergata.

Un venerdì sera Tony, tornato dal lavoro, si sentì chiedere da Sis, cinguettante: “Amore, questo fine settimana andiamo al mare?”

“Domani, se vuoi; domenica ci sta la partita”.

“Ma è Italia-Mongolia! Vinceremo per forza”.

“La Nazionale è la Nazionale e non si discute”.

“Ma non è la sera?”

“Sì”.

“E allora di giorno possiamo andare!”

“None. Ti conosco. Poi ti attacchi allo sdraio come una cozza e restiamo bloccati nel traffico”.

“E quindi?!”

“E quindi, domenica si mangia dai miei. Il pomeriggio fai un po’ come ti pare. La sera si vede la partita”.

“Che palle!!!”

“Oh, che finezza! Meno male che mi sono messo con una laureata in psicologia!”

“Laureanda”.

“È uguale. Tanto ti mantengo io adesso e ti dovrò mantenere pure dopo!”

Venne il giorno del Signore e Sis sorbì con manzoniano petto forte il pranzo della suocera, rovente e pesantissimo nonostante rovente e pesantissimo fosse anche il caldo dell’estate romana.

Il pomeriggio guardò placidamente un film sdolcinato con le cognate, sulla pay TV dei suoceri. Sembrava di ottimo umore e, con aria vagamente sensuale, sussurrò nella conchiglia rosea dell’orecchio di Tony che, in concomitanza con la partita, lo aspettava una sorpresa.

Tony, che non era nato ieri, iniziò istantaneamente a sudare freddo, ma non ci fu verso di cavarle altro.

La sera, arrivati che furono a casa, ormai fremente, la sbatté letteralmente spalle al muro, sostituito al muro la libreria portaoggetti componibile dell’Ikea.

“Allora? ‘Sta sorpresa?”

Per tutta risposta, lei sorrise e gli posò un bacio sulle labbra, prima di divincolarsi dalle sue braccia e sparire in camera, da dove riemerse con addosso una maglietta della Nazionale, annodata in modo da lasciare scoperto il pancino piatto, e una confezione di birra tra le unghie laccate.

“Fooorza Italia!” Mugolò.

Sollevato, Tony la abbracciò, sollevandola da terra.

“Amore. Sei il massimo”.

“Lo so”.

Dopo tanta tensione accumulata, Tony si sciolse sul divano. Sis stessa sintonizzò la TV sul prepartita e gli mise in mano una birra. Nell’aprirla, Tony notò gli strani, chiassosi segni e ideogrammi orientali sul metallo teso e sottile.

“Che birra è, amore?”

“Me l’ha data Fiore”.

“La tua amica cinese?”

“Thailandese”.

“Ah…”

La birra odorava appunto di fiori, di foglie carnose e di vulva.

“Com’è?” Lo incalzò Sis.

“Buona,” scandì trasognato Tony, rapito e confusamente circospetto allo stesso tempo. “Un po’ dolciastra, magari”.

“Devi farci la bocca,” sorrise Sis, avvicinandogli la lattina alle labbra. “Bevi,” sussurrò, adottando surrettiziamente un tono di voce basso, uguale e monotono con cui si diede a sussurrare all’orecchio di Tony di godersi la partita, ripetendo circolarmente le stesse frasi.

Nel prepartita, i commentatori snocciolavano le solite banalità, aggiungendovi dati tecnici inutilmente dettagliati. Sis, a sua volta, chiedeva spiegazioni approfondite di questo e quello a Tony, che non osava negargliele.

La partita, come pronosticato dalla ragazza, fu una passeggiata militare: alla fine del primo tempo, la Nazionale conduceva già per due gol a zero. Quel poco che la Mongolia era riuscita faticosamente a mettere insieme era miseramente collassato e si prospettava una goleada, magari con la concessione di una rete della bandiera.

Al triplice fischio seguì il postpartita, gonfio di imbarazzante trionfalismo e di ulteriori banalità.

Conclusosi anche quello, Sis spense la TV e si mise soddisfatta a rimirare Tony che fissava la fine sabbia nera dello schermo, immobile, gli occhi vitrei e fissi.

“Amore…?”

“Sì?” Rispose Tony con voce piatta e incolore.

“Grazie di avermi spiegato tutte queste cose”.

“Prego…”

“Ora ho un’ultima domanda con te”.

“Sì?”

“Se i tifosi dell’Italia dicono ‘Forza Italia’, quelli della Mongolia come dicono? ‘Forza Mongolia’, giusto?”

“Sì”.

“Mi fai vedere come fanno, come hai fatto prima per quelli dell’Italia?”

Riprendendo, con una piccola modifica al copione, una scena che aveva già interpretato in precedenza, Tony saltò su dal divano e, con occhi spiritati da pazzo, gridò con quanto fiato aveva in petto: “Forza Mongolia!”

Sis filmò tutto col cellulare e inviò sul gruppo degli amici comuni.

Qual è la morale di questa storia? Secondo l’interpretazione più diffusa, che il calcio fa litigare i fidanzati e che le donne sono streghe, soprattutto se studiano psicologia o studiano in generale.

Ancestrale vecchiume sessista? Bè, parliamo di folklore stratificatosi in epoche passate: sarebbe come prendersela per come viene ritratta Elena nell’Iliade.

Un omerico saluto.

Stan

Vezzi femminili

Mia cara Berenice,

sono ormai gli ultimi giorni prima della partenza per Bruxelles… proprio ora che la bella addormentata Roma dà i primi, timidi segnali di risveglio.

Non si è rimessa gli abiti della quotidianità, ma almeno ha dismesso il cosplay post-apocalittico.

Un po’ come quelle ragazze che, dopo averti disprezzato ed esibito le dolci spalle per mesi o anni, si sentono improvvisamente punte sul vivo quando la loro indifferenza viene ricambiata.

Ti ricorda qualcuno?

Per ottenere di essere inserito nel tuo carnet, dovetti sottopormi a una sessione di tiro al piattello con la principessina Bonaparte, un affare penoso in cui non centrai un singolo bersaglio, rischiai di slogarmi una spalla per il rinculo della doppietta e mancai di poco un campiere.

Per fortuna, ella non volle darti la soddisfazione della mia pietosa prestazione e, a quel ballo a Villa Torlonia, mi presentò come un cacciatore di tigri reduce dall’India Britannica.

Tua madre fece un estremo tentativo di dissuaderti addirittura affermando che sparare sarebbe volgare, quando mi risulta non faccia mai visita al Duca di Dorset senza fare strage di volpi.

Un saluto impiastricciato di polvere e cordite.

Stan