Le porte girevoli della danza

Mia cara Berenice,

oggi, sull’autobus, il cellulare di un passeggero ha cominciato a trillare di una suoneria particolarmente melodica. Una giovanissima studentessa si è messa a danzare dolcemente e discretamente, tenendo il tempo con la testa e le spalle sotto lo spesso cappotto invernale.

La funzione liberatoria della danza che si perde nella notte dei tempi, nei misteri e nelle orge dell’Antica Grecia, protagonista della scena finale di “Jojo Rabbit” (Nuova Zelanda-USA-Cechia, 2019), in cui l’ebrea tedesca poco più che bambina celebra la fine della guerra e della cattività nell’intercapedine della casa di una vedova caritatevole.

La danza sovversiva, con le movenze rock osteggiate negli Stati Uniti e vietate nel Patto di Varsavia. Pochi mesi fa, come ti scrissi, il nuovo Governo italiano ha trovato il tempo per un Decreto d’emergenza contro i rave che, nella sua versione definitiva, vieta la “invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a
cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”; durante l’esame alla Commissione Giustizia del Senato era stato peraltro proposto di limitare il divieto ai soli “raduni musicali”.

Eppure, bizzarramente, proprio la danza può diventare la più dura delle prigioni, come attesta la rigidissima disciplina fisica e mentale a cui sono sottoposti i ballerini. Proprio in questo periodo, la nazionale italiana di ginnastica ritmica, le cui pluripremiate atlete erano note fino a poco fa come “Farfalle”, è investita da uno scandalo per i metodi troppo duri di alcune allenatrici. A livello cinematografico, il pensiero va a “Il cigno nero” (USA, 2010) o a “Tonya” (USA, 2017)… ed è un caso che sia ambientato proprio in una macabra scuola di danza il celebre “Suspiria” (Italia, 1977)? Anche la protagonista di “Red Sparrow” (USA, 2018) è una ballerina del Bolshoi, prima di essere sottoposta dai Servizi Segreti russi a ben più dure corvée di sesso e sangue.

Che dire, infine, della danza di Mercoledì Addams nell’omonima serie televisiva, che ci rinchiude e assedia da ogni lato, persecutoria e rapace come il più arcigno carceriere assiso al centro del panopticon?

Insomma, il palco della danza è un po’ il parlatorio di un carcere: chi entra, chi esce.

Un saluto senza contatto fisico.

Stan

Danza moderna

Mia cara Berenice,

mi dispiace che i balletti di Vienna stiano deludendo così cocentemente te e tua madre: se non andrete nemmeno a vedere “Lo schiaccianoci” sotto Natale, la situazione dev’essere davvero tragica.

La diagnosi della signorina Kohary in proposito è affascinante. Corpi di ballo infiltrati da giovani influencer uscite dai reality show: un tale cliché che si stenta a crederci.

Si può facilmente immaginare un giallo che esordisce nello stile più classico, con un’ambientazione nel Teatro dell’Opera di qualche grande capitale europea. La giovane prima ballerina-influencer viene assassinata sul palco. I sospetti si appuntano immediatamente sulla sua assistente, un’ex ballerina della vecchia scuola esasperata dai suoi capricci, costretta talvolta perfino a sostituirla in scena. Giorno dopo giorno dopo giorno, la vede sommersa di applausi e “Mi piace” sulle reti sociali, attenzioni del pubblico e della stampa, nonostante abbia una tecnica discutibile e un’espressione artistica addirittura inesistente; il tutto, senza un briciola dei sacrifici fatti da lei, l’assistente, in cambio di una rispettata e dignitosa oscurità.

I fanatici, urlanti follower e fan della giovanissima influencer morta escono dal loro bagno di dolore e autoannientamento ululanti e catramosi reclamando un capro espiatorio. Nonostante l’enorme pressione, la polizia e il magistrato non hanno elementi sufficienti per arrestare l’assistente, così, al termine di una maratona sfibrante di interrogatori, la pongono davanti a un aut aut: se non confessa e si addossa la colpa, la furibonda campagna di boicottaggio intrapresa dai follower finirà col far chiudere il Teatro. Il suo amato, storico Teatro.

L’assistente, lo sguardo abbassato sulle mani giunte come in preghiera tra le cosce, riflette se la sua esistenza votata all’impegno e al sacrificio sia destinata a trovare coronamento in quel modo, con la firma in calce a una confessione. Ripensa alla sua interpretazione giovanile di qualche personaggio offerto in sacrificio, potrebbe essere la fanciulla de “La sagra della primavera” di Stravinskij. Ecco, in un lampo di memoria, il momento culminante della scena e… dissolvenza. Titoli di coda. Finale aperto.

Che te ne pare? Io dico che sarebbe un discreto successo.

Un compiaciuto saluto.

Stan