La serva padrona

Mia cara Berenice,

l’inverno ha congelato in parte non solo i combattimenti in Ucraina, ma anche il relativo dibattito in Italia. Non è necessariamente un male, data la qualità del prelodato dibattito, ridotto a fuoco incrociato di accuse di sudditanza verso gli Stati Uniti, la NATO o la Russia. Il Cremlino, ovviamente, soffia sul fuoco, dipingendo un’Unione Europea ridotta a governo sovranazionale fantoccio della Casa Bianca.

In realtà Washington e Bruxelles, pur essendo allineate sulla questione ucraina, litigano, eccome.

Quest’estate, il Presidente degli Stati Uniti ha promulgato la Legge Federale per il Contrasto all’Inflazione. Ad onta del nome, si tratta di una sorta di equivalente americano del Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza europeo, con massicci sussidi pubblici per la transizione verde.

Bruxelles dovrebbe essere contenta, dunque… no, perché, ad avviso della Commissione, i sussidi di cui beneficeranno le imprese americane saranno troppo generosi, consentendo una concorrenza sleale ai danni delle imprese europee.

Le Istituzioni europee non hanno ancora reagito ufficialmente, ma pare che la Commissione intenda allentare notevolmente le regole sugli aiuti di Stato, consentendo agli Stati membri con disponibilità di bilancio di sostenere in modo più robusto le loro imprese.

Per molti è una mossa azzardata che rischia di frammentare il Mercato Interno, ma dimostra che le acque dell’Atlantico non sono sempre e necessariamente tranquille.

Si era chiusa solo l’anno scorso, dopo essersi trascinata per quasi un ventennio anche nei tribunali dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, la più nota controversia sui sussidi alle compagnie aeree, che aveva innescato anche l’applicazione di sanzioni da entrambe le parti.

Certo, è significativo che le principali dispute tra Stati Uniti ed Europa siano in ambito economico e commerciale, dove appunto l’Unione Europea è titolare di poteri più significativi. I singoli Stati membri, evidentemente, non hanno la forza per contrapporsi al gigante americano, dal che si dovrebbe trarre qualche lezione. In ambito penale, ad esempio, il Belgio ha dovuto annacquare un’ambiziosa legge sulla giurisdizione universale sui crimini di diritto internazionale che rischiava di portare alla sbarra militari o politici americani. Analogamente, senza spostarsi dal Benelux, fatica a decollare il Tribunale Penale Internazionale de L’Aja, sostenuto dall’Unione Europea, ma avversato dagli Stati Uniti: segno che anche una posizione unitaria non è sufficiente, se non è sorretta da una corrispondente integrazione in materia di politica estera e di difesa.

Un saluto.

Stan

Mari contesi

Mia cara Berenice,

oggi, sui cieli del Mar di Barents, c’è stato un incontro ravvicinato tra un ricognitore norvegese e un caccia russo. Il ruggito del reattore del MIG sembra fare eco alle parole del Presidente russo che, per consolarsi delle sconfitte terrestri contro l’Ucraina, ha rivendicato il ripristino della piena sovranità sul Mar d’Azov. Del resto, tra i tanti e ancora misteriosi motivi che hanno determinato l’invasione russa si possono annoverare anche il Mar Nero e la storica base navale di Sebastopoli.

Sì, gli Stati litigano anche per l’acqua salata. La rivendicazione del Golfo della Sirte da parte della Libia ha portato a numerosi incidenti con la Marina degli Stati Uniti che avrebbero contribuito a indurre la Gran Giamahiria Araba Libica Popolare Socialista a pianificare ed eseguire sanguinosi attentati in Europa, tra cui quello celeberrimo di Lockerbie.

Per non parlare dello Stretto dei Dardanelli, oggetto di cupidigie, guerre e intrighi letteralmente da secoli.

Secondo molti, la prossima frontiera saranno il Mar Artico e i Mari della Cina, appetibili anche e soprattutto per le loro risorse minerarie. In conformità ai desiderata degli Stati, infatti, il diritto internazionale si è evoluto, salvaguardando sempre meno la libertà di navigazione e sempre di più i diritti degli Stati costieri su piattaforma continentale, fondali e Zone Economiche Esclusive.

Ma qual è lo Stato costiero, se le coste di più Stati sono contigue o prospicenti? Quid se uno Stato possiede una piccolissima isoletta, come il Regno Unito che annetté con tanto di Proclama Reale, sbarco dei marine e alzabandiera lo scoglio di Rockall, spazzato dalle onde dell’Atlantico del Nord, nel 1955? E se l’isoletta è artificiale, come quelle che la Cina va disseminando per l’Oceano? E l’Artide, che non è un continente, a differenza dell’Antartide, è mare o è terra? Il diritto e la prassi internazionali sembrano propendere decisamente per la prima ipotesi, mentre esistono rivendicazioni territoriali sull’Antartide, congelate (è proprio il caso di dire) da un trattato del 1959.

Giuristi e geografi, dunque, concordano. L’Artide non è un territorio, ma un tratto di mare su cui galleggia del ghiaccio. Non è necessariamente una buona notizia, in quanto le norme di diritto del mare sono meno chiare e collaudate di quelle relative alla tradizionale sovranità terrestre. Oltretutto, il mare non possiede confini naturali, come fiumi o catene montuose, atti a facilitare i negoziati. Non a caso, quando si pensa a conflitti futuri si guarda sempre – con buona pace della Russia – ai Mari della Cina.

Un saluto.

Stan