Spogliarelli estremi

Mia cara Berenice,

sono lietissimo che tu intenda scendere a Roma e non mi dispiacerà affatto se sarai accompagnata dalla deliziosa Contessina von Abensberg und Traun, di cui ricordo la superba mira al tiro al piattello e al cervo.

Ciò che mi suscita qualche perplessità è la vostra comune intenzione di denudarvi nella Basilica di San Pietro. Se, da una parte, il nudo femminile è sempre apprezzato, dall’altra posso pronosticare che sareste trascinate via in manette dalla Gendarmeria Vaticana e consegnate a una giustizia ben più spiccia di quella italiana, se non per altro per il minor aggravio di casi.

Mi lascia stupito, poi, questa repentina fiammata di anticlericalismo nelle fanciulle in fiore.

Essa, peraltro, conferma che la Curia Romana – e ciò ne certifica ulteriormente il declino – si è data la proverbiale zappa sui piedi.

Quando si vuole ostacolare una proposta legislativa dall’elevato valore simbolico come il DDL Zan, non si redige una nota verbale da consegnare formalmente all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, scatenando il coro di voci bianche sulla laicità dello Stato, la sovranità nazionale e la separazione tra Chiesa e Stato. Si sguinzaglia per Roma qualche prelato avveduto che avvicina discretamente figure filocattoliche – presenti trasversalmente in tutti i partiti e le correnti o in prossimità dei medesimi – o disposte a diventare tali. Tesi i fili, non resta che far scattare la trappola, sotto forma di uno degli innumerevoli cavilli istituzionali o procedurali sempre disponibili, in Italia, per bloccare qualunque provvedimento legislativo, esecutivo o giudiziario.

Non stupisce il diffuso sospetto che, all’interno della Cura, qualcuno abbia voluto giocare a rimpiattino per colpire di rimbalzo un Papa troppo progressista. Volendo essere ancora più machiavellici, si potrebbe perfino ipotizzare che il Papa abbia voluto agevolare, con l’apparenza di ostacolarla, l’approvazione del Disegno di Legge.

Comunque, mia cara, mi sento di rassicurare pienamente te e la tua amica.

Il Concordato in essere fra Repubblica Italiana e Santa Sede non è quello franchista del 1953. È stato integralmente riscritto, nel 1984, da un Presidente del Consiglio socialista e sovranista ante litteram, Bettino Craxi. La si definì, impropriamente, una revisione del Concordato precedente – quello sì stipulato da Mussolini nel 1929 – solo perché la Costituzione italiana prevede tale fattispecie e non quella della completa sostituzione.

Se il Concordato non esistesse affatto, non cambierebbe praticamente nulla. La Santa Sede potrebbe comunque consegnare una nota verbale in cui critica un Disegno di Legge italiano, dato che gode dalla libertà di parola come chiunque altro. L’articolo 2 del Concordato, invocato nella nota verbale, non aggiunge sostanzialmente nulla alle disposizioni della Costituzione italiana che riconoscono la libertà di culto, l’autonomia delle confessioni religiose e la loro indipendenza negli affari spirituali.

Su quest’ultimo punto, in particolare, vorrei soffermarmi brevemente. La separazione fra Stato e Chiesa, contrariamente a quanto si usa ripetere, non è un’invenzione dei Lumi o della Rivoluzione Francese. È dai tempi dello jus commune che Papi, Imperatori, Principi, giuristi e teologi si accapigliano in un’actio finium regundorum della sfera civile e religiosa. In breve: tale demarcazione è impossibile.

Tutto ciò che avviene nella sfera civile può avere rilevanza religiosa. Se la legge o la contrattazione collettiva fissano la domenica come giorno festivo, ciò crea un potenziale problema per i musulmani che festeggiano il venerdì o per gli ebrei che riposano il sabato.

Se un Vescovo chiede il permesso per ampliare una chiesa o un parroco suona le campane, questo può infastidire i vicini.

Insomma, non se ne uscirà mai. Neanche se tu e la tua amica arrivaste a strapparvi, oltre ai reggiseni, anche la pelle.

Un casto saluto.

Stan