Vento

Mia cara Berenice,

ti scrivo ancora da quel declivio erboso dal quale non so più staccarmi, reverente pellegrino al sancta sanctorum del nostro ultimo incontro.

Del resto, quand’anche questo dovere religioso non mi vincolasse, debbo dire che qui si sta benissimo. Già ieri soffiava uno zefiro delizioso, trasformatosi oggi in tramontana gagliarda.

O Eolo benedetto, San Giorgio trafittore del drago fiammeggiante dell’estate romana! Sei tu il vero Minosse, col potere di consegnarci al Paradiso o all’Inferno.

Questo lo compresi viaggiando non attraverso i tre regni come Dante, ma più semplicemente a Lampedusa, dove mi avevi invitato L., stazionatovi in qualità di Vice-Comandante di Porto.

I primi tre giorni, lo scoglio era investito da uno scirocco furioso e io temetti seriamente di impazzire. Poi, fortunatamente, il vento mutò in un salvifico maestrale… salvifico per me, ma funesto pei pescatori, ai quali interdiva l’opera quotidiana, e proprio al culmine della stagione turistica.

Mors tua vita mea.

Stan

Il sole del Benelux

Mia cara Berenice,

è difficile anche solo fare immaginare il Benelux ai mediterranei.

Giorni fa, prendendo possesso del mio ufficio, ci ho trovato tre piantine agonizzanti. Le ho fotografate e ho chiesto consiglio su come salvarle ad amiche e parenti.

“Hanno solo bisogno di un po’ di sole”.

Quale sole?

Ieri sera ho usato, per la prima volta, l’asciugatrice, con grande soddisfazione. Il prezioso carico è stato riconsegnato intatto e i capi, una volta piegati, parevano addirittura stirati.

Nel trasmettere in Italia la mia soddisfazione, mi si è risposto: “È comunque meglio asciugare la roba al sole”.

Quale sole?

Anni fa, mentre ero ai corsi estivi dell’Accademia dell’Aja di Diritto Internazionale, un parente mi chiese qualche foto di ragazze olandesi che prendevano il sole.

Ora, per la terza e ultima volta: quale sole?

Un plumbeo saluto.

Stan

Stereotipi

Mia cara Berenice,

quando Napoleone definì i britannici “una Nazione di bottegai”, uno storico inglese commentò che ogni buon insulto ha un fondo di verità.

Oggi, nell’era del politicamente corretto in cui ogni stereotipo è un insulto, possiamo chiudere il sillogismo affermando che ogni stereotipo ben radicato ha un fondo di verità.

Prendi la nostra compagnia aerea di bandiera, ad esempio.

Nel prenotare il volo per Bruxelles in questi tempi tormentati, l’avevo preferita alla nota concorrente a basso costo irlandese, peraltro messa sotto inchiesta dalle nostre Autorità per presunte violazioni delle norme sanitarie introdotte dopo la pandemia.

L’altro ieri, in perfetto orario, l’aereo con i gloriosi colori nazionali sulla fusoliera è decollato da Roma per poi atterrare… a Roma.

Poco prima il comandante aveva annunciato, con perfetta nonchalance, che c’era un “problema a un motore”. Sarebbe stato meglio inventare qualche formula più vaga e burocratica – almeno questa abilità non ci manca -, tant’è che la ragazza alla mia destra ha avuto un attacco di panico; ho fatto del mio meglio per distenderle i nervi, mal coadiuvato dal massiccio marito e dal mio francese maccheronico.

Devo aggiungere che, in seguito, siamo stati trasferiti su un altro aeromobile in modo oltremodo rapido ed efficiente, evitando così di battere il mio precedente record personale con la compagnia di bandiera: dodici ore da Bari a Venezia, dopo che il portellone dell’aereo si era letteralmente schiantato a terra. In quell’occasione, ci fu proposto in prima battuta un altro aereo per Milano, da dove un autobus ci avrebbe poi portati a Venezia. Per salvare le hostess di terra dal linciaggio dovette intervenire la Polizia Aeroportuale. Desistettero.

Nonostante i danni contenuti – sono arrivato a Bruxelles per ora di cena – è difficile, in questi frangenti, non interrogarsi sul cursus honorum di salvataggi a spese del pubblico Erario di cui ha beneficiato la compagnia. Con quello che ci è costata, negli anni ’40 avremmo potuto eclissare la Luftwaffe di Goering e invadere non solo l’Inghilterra, ma l’intero Impero Britannico fino a Pitcairn e alla Nuova Georgia del Sud.

Sorvoliamo, è proprio il caso di dire.

Sorvoliamo e atterriamo a Bruxelles.

A Bruxelles piove.

Tira vento.

Fa un freddo cane.

Aggirarsi con mascherina e occhiali è addirittura pericoloso, perché non vedi nulla.

Nulla di nulla.

Gli amici che vivono qui da tempo mi assicurano che non è sempre così, speriamo non siano le parole compassionevoli che, insieme alle terapie palliative, si somministrano a un moribondo.

Uno saluto irto di cliché.

Stan