Cerimonie venete

Mia cara Berenice,

a C. è stato ufficialmente inaugurato il tratto di strada, parzialmente sopraelevato, che collega la stazione ferroviaria alla zona del multisala, consentendo di pedonalizzare uno dei principali viali del centro.

Alla cerimonia hanno preso parte il consigliere delegato del Presidente della Provincia, il Commissario Prefettizio, il Commissario di Pubblica Sicurezza, il Comandante della Compagnia dei Carabinieri, il Comandante della Guardia di Finanza, l’Arciprete del Duomo, la Marina Militare, le Associazioni combattentistiche e d’arma.

Il consigliere delegato e il Commissario Prefettizio hanno illustrato il lungo iter amministrativo che ha portato al completamento dell’opera, funestato dal fallimento della società appaltatrice.

La presenza della Marina Militare, rappresentata da un contrammiraglio, era dovuta all’intitolazione della strada ad Amerigo Vespucci, in onore del quale è battezzata una celebre nave scuola della Marina. Il contrammiraglio ha portato appunto il saluto dell’attuale comandante e dell’equipaggio dell’unità, riepilogando la storia operativa della Amerigo Vespucci e della gemella Giulio Cesare, oggetto di confisca da parte delle Potenze vincitrici dopo la Seconda Guerra Mondiale.

È seguita la benedizione impartita dal Reverendo Arciprete, che ha tracciato un parallelo tra l’apertura del nuovo rettifilo e l’invocata uscita dalla pendemia.

A quel punto, un impianto a diffusione mandava le note dell’inno nazionale, spontaneamente intonato – almeno per alcune strofe – dai presenti.

Conclusasi la cerimonia vera e propria con il taglio del nastro, la via veniva inaugurata dalle auto d’epoca del Club Storico locale.

Verrebbe da gridare, parafrasando il Leonida di “300” (USA, 2007): “Questo è il Veneto!”

Un pettoruto saluto.

Stan

La Commissione Parlamentare Congiunta per le Cerimonie di Insediamento

Mia cara Berenice,

mi dispiace che la cerimonia di insediamento del Presidente Biden ti abbia deluso. Non entrerò nel merito dei numeri musicali, lo sai che sono privo d’orecchio. Quello che posso fare, da umile giurista e funzionario, è dirti a chi puoi indirizzare le tue lagnanze.

Innanzitutto la base legale dell’insediamento, ossia il XX Emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti, ai sensi del quale il Presidente eletto entra in carica a mezzogiorno del 20 gennaio.

Dal 1901, la relativa cerimonia è di competenza della Commissione Parlamentare Congiunta per le Cerimonie di Insediamento, alla quale rispondono diversi enti e uffici pubblici e privati.

Tra quelli pubblici, il più curioso è l’Architetto del Campidoglio, una carica ed ente federali risalenti al 1867. L’Architetto del Campidoglio ha la funzione istituzionale di costruire e preservare gli edifici e i terreni sul Campidoglio a servizio del Congresso e della Corte Suprema. Il suo coinvolgimento nella cerimonia deriva dal fatto che quest’ultima non si svolge alla Casa Bianca, ma appunto sul Campidoglio.

La parte informativa, intesa in senso stretto come produzione di materiale informativo istituzionale, è curata dall’Ufficio Pubblicazioni del Governo, l’equivalente del Poligrafico dello Stato italiano.

La parte amministrativa e la sicurezza sono curate dai Sergeant-at-Arms delle due Camere, carica intraducibile che, volendo tracciare un parallelo con il Parlamento italiano, sta fra l’Ufficio di Presidenza, il capo commesso, il questore e l’ufficio del cerimoniale.

Il cerimoniale militare è seguito da un Comando, la Task Force congiunta per la Regione della Capitale Nazionale, anche se immagino il Dipartimento della Difesa sia coinvolto in modo ben più ampio.

La Polizia Federale del Campidoglio si occupa della sicurezza; anche qui, fatico a escludere un ruolo di Servizio Segreto, FBI, CIA, et coetera.

Infine, il settore privato è rappresentato dal Comitato per l’Insediamento Presidenziale, facente parte della macchina elettorale del Presidente eletto.

Hai le idee più confuse di prima e non sai ancora con chi prendertela? Be’, il Presidente della Commissione è il senatore Roy Blunt del Missouri; dalle foto sembra un tipo simpatico.

Un saluto a te e al Capo.

Stan

Il matrimonio italiano

Mia cara Berenice,

la pandemia marcia, non più implacabile ma comunque decisa, sulla stagione dei matrimoni.

Io ne avevo in agenda tre: uno in giugno, provvisoriamente rinviato ad agosto, e due in settembre. Presumo che entrambi si terranno l’anno prossimo, a cavallo di ulteriori nozze.

Il matrimonio italiano, infatti, è poco compatibile con il distanziamento sociale, anche per l’elevato numero di invitati.

Vengono spedite due tipologie di inviti, la partecipazione e l’invito vero e proprio. La prima è una mera comunicazione della cerimonia, il secondo conferisce il diritto di partecipare ai festeggiamenti successivi.

La prima tappa della giornata è in chiesa, anche se è sempre più diffusa e accettata la variante civile che si svolge in Municipio. In chiesa la sposa si presenta con il tradizionale abito bianco, in Municipio a volte potrà accontentarsi di un semplice abito elegante.

La cerimonia religiosa è generalmente ritenuta più coreografica, anche se, per accedervi, il diritto canonico prevede qualche orpello burocratico. Io, come sai, non apprezzo molto la Messa postconciliare e, d’altro canto, trovo affascinante il rito officiato dal sindaco o dall’ufficiale di stato civile con la fascia tricolore.

La cerimonia religiosa è quasi sempre concordataria, vale a dire che il matrimonio, a seguito di determinati adempimenti del parroco, acquisirà effetti civili. In particolare, il parroco dovrebbe dare lettura agli sposi degli articoli del Codice Civile disciplinanti il matrimonio. Non sempre vi provvede e immagino che, in quei casi, ci si limiti a dare atto dell’avvenuta lettura nell’atto di nozze.

Secondo l’impostazione più classica, lo sposo arriva in chiesa per primo; sopraggiunge poi la sposa, accompagnata dal padre. Durante il rito, gli sposi si scambiano gli anelli e, spesso, le promesse matrimoniali.

Concluse le formalità, gli invitati li attendono sul sagrato bersagliandoli di manciate di riso. A volte sono previsti gli scherzi agli sposi, come il farli salire su un veicolo dimesso o ridicolo, spesso avvolto nella carta igienica. Questa scena ti farà inorridire, e a ragione. Oltretutto, in tempi di pandemia, la carta igienica è diventata un bene prezioso.

A questo punto, gli invitati vengono indirizzati verso il ristorante, non sempre a un tiro di sasso dalla chiesa. Gli invitati consumano un primo rinfresco e attendono il sopraggiungere degli sposi, quasi sempre trattenuti dalle foto di rito.

Giunti finalmente i novelli coniugi – dopo un’attesa proverbialmente lunga – inizia l’interminabile pranzo che si protrae per ore, snodandosi lungo portate e portate, fino a sera, con canti balli e cotillon vari.

Temo che dal mio stile, smorto e crescentemente affrettato, traspaia quanto poco io ami i matrimoni – ebbene, è così, e a chi mi invita in genere lo dichiaro onestamente, pur senza rifiutare, cosa che costituirebbe quasi un oltraggio.

Negli ultimi anni, grazie al reality show “Il boss delle cerimonie” (ora “Il castello delle cerimonie”, per la semplice ragione che il boss è morto), ha raggiunto una certa notorietà il sottogenere del matrimonio napoletano, a cui è stata dedicata anche un’apposita canzone neomelodica.

Personalmente, non trovo che il matrimonio napoletano si distingua poi molto da quello italiano, comprese le nozze celebrate nel Nord che hanno un’ingiustificata fama di sobrietà. La discrepanza principale consiste nell’esistenza della serenata, cantata dal fidanzato sotto il balcone della futura moglie la sera prima delle nozze. La poverina ha il duplice onere di fingersi sorpresa e deliziata dalle doti canore del futuro sposo che invece, in molti casi, potrebbero indurla ad annullare il matrimonio senza ulteriore preavviso.

Dimmi, te ne prego, che in Austria i matrimoni sono veramente sobri. Te ne supplico, ti sto pregando in ginocchio.

Come faccio sempre, d’altronde.

Servilmente tuo,

Stan